Dicono ‘tu non crescerai mai’.
E questo perchè compro e leggo i libri di Harry Potter, trascino a cinema tutti i bambini della famiglia per vederne i film, parlo e condivido gli incantesimi con i bimbi che li conoscono bene, organizzo a ripetizione le maratone del Signore degli Anelli, piango guardando per la centesima volta ‘La casa sul lago del tempo’, incantata dalla sovrapposizione di spaziotempo che rende possibile cambiare il proprio presente.
Certo vorrei capire perchè. Sono affascinata dal mondo dove tutto è possibile, la presenza contemporanea in più posti, i mantelli che rendono invisibili, dove i raminghi diventano re e parlano la lingua degli elfi… ed è in questi mondi che mi rifugio quando voglio davvero scappare dalla realtà fredda e dura che a volta è pesante da accettare.
Ma anche nella vita reale sono pronta a immaginare storie legate a qualsiasi cosa. Quasi un gioco magico che potrebbe regalare un’anima anche ad un sasso o una storia meravigliosa ad una casa abbandonata. Incontro sul treno o in aereo gente nuova e dopo aver osservato per un pò i lineamenti del loro viso, immagino cosa può aver causato una ruga, troppi sorrisi o occhi inclini al pianto. E immagino se c’è qualcuno ad aspettarli a casa…
Lungo la mia storia di foodblogger mi sono avventurata spesso alla ricerca di piccoli oggetti da fotografare, magari vecchi e ammaccati, privi della loro antica lucentezza, che portano con se la propria storia, lasciandomela immaginare. E così sui miei tavolacci sono passati bricchi di alluminio senza il manico, cucchiaini d’argento anneriti, piatti di peltro o di alluminio buoni forse solo in tempo di guerra, piatti sbeccati, tagliabiscotti e fruste quasi arrugginiti. E tutto questo trovato nei meandri di polverosi mercatini dell’usato.
E così è finito nelle mie mani uno strano attrezzo, pesante, di ferro, con due manici lunghissimi che tenevano unite due piastre incise con strani ghirigori e una data ‘1975’. Lo prendo perchè mi piace, lo studio perchè voglio capire, lo pubblico e mi arriva un racconto.
E scopro che questo attrezzo tipico dell’Abruzzo, è stato forgiato per anni e anni da abili fabbri, e dato in dote alle giovani spose, con inciso il marchio della casata o con la data in cui è stato fabbricato. E tutto questo per preparare dolci e morbidi sfoglie, profumate di anice e limone, chiamati ‘Ferratelle’.
Strana coincidenza. Nel 1975 è successa una cosa che ha cambiato il corso della mia vita. MI piace pensare quindi che quel fabbro lontano inconsapevolmente l’ha forgiato per me. Chissà quante storie potrà raccontare in un lontano futuro, di tutte le mani che nel frattempo l’avranno stretto per preparare cose buone.
Fatta al ricerca della ricetta ne ho trovate un’infinità. Soffici o croccanti, profumatissime di anice o solo al limone. Persino integrali. In questo percorso mi ha aiutato una mia amica, CranBerry, e sul suo blog ho trovato alcune risposte alle mie curiosità. Riporto qui di seguito la ricetta che io ho eseguito, con qualche piccola variante.
Ferratelle
- 3 uova
- 250 g di farina ( 40% integrale-100 g e 60% farina 00-150g)
- 6 cucchiai di zucchero
- 1 cucchiaino da caffè di cannella (io non l’ho messa perchè dovevo offrirla a chi non amava la cannella)
- 1 cucchiaino da caffè di semi di anice (io ho messo mezza dose)
- 5 cucchiai di olio
- 3 cucchiai di latte
Per il condimento potete usare miele e noci, oppure solo zucchero a velo alla vaniglia.
In una ciotola mescolare le uova e lo zucchero. Aggiungete poi gli altri ingredienti. Riscaldare l’apposito attrezzo sulla fiamma della cucina. Spennellare di olio o burro la parte interna del ferro. Versare un cucchiaio abbondante di impasto al centro, chiudete e rimettere sul fuoco. Recitate un’Ave Maria. Girate la ferratella e rimettetela sul fuoco. Recitate un Padre Nostro. A questo punto dovrebbero essere pronte. Controllate ed eventualmente modificate la velocità delle vostre preghiere.
Amen