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Channel: Anna The Nice
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Natale 2015

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Siamo arrivati, manca poco ormai. E’ un momento di magia pura. In casa si respira un’aria serena, anche un pò malinconica in verità, ma mi piace. I miei figli sono tornati e mi piace guardarli mentre si riposano sul divano guardando un film, gustandosi il tepore della casa e la luce dell’albero che illumina creando una bella penombra. Sono stanchi, e si stanno godendo questi giorni, mangiando cose buone e calde, abbracciandomi di continuo, restando a parlare quanto più possibile a tavola. Poi vanno a prendere un caffè con gli amici e poi tornano, in un ritmo che sa di spensieratezza, lontano dalle corse dell’università, degli esami, delle loro vite di studenti.
Stasera torna mio marito e il puzzle sarà finalmente completo. E io me lo rimirerò di continuo nel prossimi giorni, per godermi questa sensazione meravigliosa della mia famiglia intorno a me, ma proprio vicina vicina.
Domani aperitivo veloce con gli amici al bar per abbracciarci un pò e farci gli auguri. Anche se poi non resisteremo per molto lontani, e troveremo mille scuse per rivederci per giocare e mangiare e mangiare.
Intanto prendo appunti per le cose buone da preparare domani sera e faccio la lista della spesa. Quest’anno sono responsabile degli antipasti e dei pani caldi, sia per domani che per Natale. Purtroppo non sono ancora in forma per ospitare i miei per il pranzo di Natale. La stampella ancora mi impedisce di muovermi con disinvoltura. Quindi cucineremo una cosa (o più) per uno e ci riuniremo tutti insieme, figli, fratelli, cugini, e chi vorrà unirsi a noi.
Intanto impacchetto piccoli pensieri, e vi lascio qualche idea per i vostri regalini all’ultimo minuto. Quest’anno all’insegna dell’essenzialità.

Perchè non regalare libri usati? comprati dai mercatini, e magari titoli già letti, quelli che ci son piaciuti di più, giusto per essere sicuri di non sbagliare? Io ormai lo faccio da tempo. Se trovo un libro che mi è piaciuto so già a chi vorrei farlo leggere, e così saprò anche con chi parlarne.



Ho preparato una marmellata speziata che userò domani per uno dei miei antipasti e ne ho preparato qualcuno di più per un’amica golosona. ‘Coperchio’ di carta, etichetta stampata dal web e scritta a mano ed è pronta.



Zenzero candito per chi lo ama. Ho messo qualche giorno fa la ricetta ed è stata subito un susseguirsi di richieste ‘me lo fai assaggiare?’ e così anche questo diventerà un pensiero.

Ora vi lascio, ci sono mille cose da fare, ma senza correre, anzi, in tutta calma.
Vi auguro un sereno Natale e speriamo che tutti voi abbiate qualcuno da abbracciare e che vi abbracci a lungo.

A presto!

Auguri !

Gateau di patate

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E daje all’anno bisestile! I non so voi, ma comincio davvero a diventare superstiziosa. Da ottobre me ne succedono di tutti i colori ormai. Non faccio l’elenco per non far la pietosa, ma ormai ovunque veda corni portafortuna, gobbetti rossi, et similia, li tocco e a volte me li infilo nella borsa. Insomma ‘a da finì sto periodo o no'?’ Io ho voglia di tornare a Roma, dove ho già corsi e cene social da proporre, ho voglia di incontri con i miei amici romani, di eventi di cui parlare, di cieli azzurri da guardare serenamente, senza pensieri cattivi che mi rovinano la vista, ho voglia di progetti per la prossima primavera e la prossima estate. Sento il bisogno del sole e della sabbia, cosa molto strana per me che di solito odio il caldo. Insomma ho bisogno di tornare a muovermi.

Ma mi sa che devo ancora aspettare un pò.
Bè vabbè fatemi sistemare un paio di cosette e poi tornerò saltellante come prima.

Nel frattempo preparo ricette veloci che fungano da piatto unico o anche da merenda da portare in giro. Cose della cucina tradizionale, di quelle che non ti sbagli mai, che servono a rassicurarti anche nei momenti più instabili. E’ incredibile come il cibo possa consolare o rappresentare una certezza quando di certezze non ne hai. Oppure capire che qualcosa non va solo perchè non hai appetito o, al contrario, avere una fame incredibile quanto sei anche incredibilmente felice.
Considerato che le ricette di casa sono anche quelle che fanno bene al cuore, mi sa che per un pò ne prepareremo in grandi quantità.





Gateau di patate
(dosi per 4 persone)
- 4 patate farinose grandi o 6 medie
- 4 cucchiai rasi di parmigiano
- 2 uova
- 4 mozzarelle (circa 400 g)
- 100 g di prosciutto cotto
- sale, pepe e la punta di un cucchiaino di noce moscata
- olio extravergine di oliva
- 6 cucchiai di pangrattato
Lessare le patate con la buccia, fino a quando diventano morbide (i rebbi di una forchetta devono entrare agevolmente).
Pelarle e schiacciarle con uno schiacciapatate.
Salarle leggermente e aggiungere tre cucchiai di olio, due mozzarelle tagliate a cubetti, una fetta di prosciutto tagliato a pezzi piccoli,  le uova leggermente sbattute e il parmigiano. Mescolare bene.
Sul fondo di una teglia da forno del diametro di 25 cm versare due cucchiai di olio e distribuirlo in maniera uniforme anche sui bordi.
Spargere tre cucchiai di pangrattato in maniera altrettanto uniforme.
Distribuire metà del composto di patate e livellare bene con una spatola o il dorso di un cucchiaio.
Sfilacciare le altre due mozzarelle e il prosciutto e distribuire su tutta la superficie.
Coprire con il resto del composto, spennellare con l’olio e spargere il resto del pangrattato.
Infornare a 180° per circa 30 minuti o comunque fino a che la superficie diventi dorata.
Servire caldo, tiepido o freddo, secondo i propri gusti.


Pizza dolce di ricotta con uva passa al liquore

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Oggi ha nevicato. E ora è tutto ghiaccio intorno. Dalla strada mi arriva il suo inquietante crack crack. Sono prigioniera nella mia casa e sono felice di esserlo. A volte la vita di impone delle soluzioni a problemi che forse nemmeno tu sai di avere. O che non sai come risolvere. Dovevo fermarmi già da tempo e non ci sono riuscita. E questo mi ha creato qualche disagio. E ora, come per incanto, arriva la neve che mi costringe a rallentare i miei programmi, rimanendo in casa per dedicarmi solo a me stessa e al riposo.
Oggi non avevo faccende urgenti in casa ed è stato rilassante restare un pò dietro ai vetri della finestra a guardare scendere giù la neve lentamente. Bambini che giocavano giù per strada, auto con guidatori che volevano fare gli eroi che cominciavano a scivolare piano, senza controllo, di lato, fino a fermarsi sul marciapiede, amici che passeggiavano godendosi l’atmosfera irreale di questa giornata libera. Cala sempre il silenzio nei giorni di neve, e anche in casa oggi non suonava il telefono e sembrava che il tempo si fosse fermato.

E così ho cucinato una zuppa calda di verze, riso e formaggio, ho messo in forno un dolce inventato al momento per recuperare un fuscello di ricotta che avevo in frigo e poi, aspettando che il tutto cuocesse, ho passeggiato qui sul web.
E mi ha fatto bene.
Vi lascio una ricetta di quelle semplici semplici, quasi banale, ma che vi stupirà per il suo profumo.



Pizza dolce di ricotta e uva passa al liquore.
- 300 g di ricotta
- due cucchiai di zucchero semolato o di canna
- 2 uova
- la scorza grattugiata di un’arancia bio
- un cucchiaio di uva passa
- un cucchiaio di liquore a piacere (io ho messo Strega)

In una ciotola amalgamare la ricotta, un cucchiaio di zucchero, le uova, la scorza e l’uva passa precedentemente tenuta in ammollo nel liquore.
Versare in uno stampo unto della forma che desiderate. Informare a 180° fino a quando sembra che si stia caramellando la superficie.
Quando è ancora caldo spolverizzare con lo zucchero rimanente.
A piacere si può aggiungere anche un po di cannella.



Caserecce melanzane, pomodorini e peperoni piccanti

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Qui siamo in inverno, stagione che di solito mi piace, ma che quest’anno non mi piace affatto. Son dovuta restare giù e allontanarmi per un pò dalla mia Roma dove avevo già previsto di godere di mille cose belle. La mia mente è un continuo turbinio di idee e voglia di fare, ma ho capito che non sempre sta a noi decidere il corso degli eventi.
Non mi piace il ghiaccio, il freddo che mi aspetta fuori, e ho bisogno di luce e di colori per ricaricarmi.
E quando c’è il sole bisogna goderne appieno. E stamattina il sole  era davvero forte e prima di cominciare la giornata ho tirato su le tapparelle e mi sono seduta sul divano, in piena luce. Come fanno le lucertole. Ho chiuso gli occhi e ho aspettato. Ho respirato e aspettato. E piano piano mi sono sentita ricaricata di una grande energia. E’ dura rimanere chiusa in casa o per la neve, o per altro. E rischia di risentirne anche l’umore, oltre alla voglia di fare e di cucinare cose buone. Ho ricominciato a fare attenzione a quello che mangio, perchè le feste, come per tutti, sono state la causa di un piccolo aumento di peso che devo assolutamente far rientrare. Anzi dovrò perdere un bel pò di chiletti nel più breve tempo possibile. Ma con i buoni ingredienti che abbiamo qui in zona, non è difficile preparare cose leggere e piene di sapore.

Cerco di fare la spesa in una maniera oculata, ma non sempre ci riesco e succede così di comprare più cose di quelle che servono. Ma per evitare di buttare via verdure che si stanno appassendo le taglio subito a fette o a striscioline e le conservo in freezer per i momenti in cui non ho molto tempo o non ho fatto la spesa.

E così oggi ho potuto preparare una pasta buona, veloce che sapeva di estate con pochi ingredienti profumatissimi e colorati.


Caserecce con melanzane, pomodorini e peperoni piccanti
(solo per me)
- falde di peperone a piacere (rosso, verde o giallo)
- due fette spesse di melanzane grigliate
- 3/4 pomodorini
- una cipolla
- due cucchiai di olio extravergine di oliva
- prezzemolo fresco
- 50 g di caserecce pastificio Gentile
- un pezzettino di peperoncino fresco o secco a piacere

 
Far saltare le falde di peperone con la cipolla in olio extravergine.  Aggiungere i  pomodorini e far rosolare a fiamma dolce. Quando sono ancora al dente aggiungere le due fette di melanzane grigliate tagliate a fette anch’esse e il peperoncino se vi va.
Fate insaporire velocemente e spegnete. Dopo aver cotto la pasta (formato ‘caserecce’ del mio pastificio preferito) al dente, l’ho scolata e fatta saltare brevemente nella padella con il resto degli ingredienti. Prezzemolo crudo tritato fresco e un filo d’olio crudo e via. Il piatto più allegro della settimana.
 

Aqua in bocca

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Nel bel mezzo dell’inverno ci si stanca facilmente del freddo pungente e si comincia a guardare in avanti nel tempo alla ricerca del sole. Approfittando di una giornata con il cielo di un azzurro infinito ho deciso di cercare qualche anticipo della bella stagione. Mi son messa in macchina e ho seguito la direzione ‘mare’. Già lungo la litoranea ho aperto i finestrini e il profumo delle alghe è arrivato dritto nel naso per andare ad aprire il cuore al buonumore. Ma il mare non è solo uno spettacolo quando fa caldo. Qui da noi, in Puglia il mare è bello sempre perchè non è solo spiaggia e costume. Il nostro mare è profumo, libertà, momento di fuga, solitudine e relax sugli scogli, spaghetti con le cozze, panzerotto con gli amici, una passeggiata tra gli spruzzi delle onde. E se sei fortunato riesci a goderti tutta la sua bellezza quasi da solo. Sai che meraviglia!!!

La direzione da raggiungere è Porto Cesareo, invitata da un’amica che vuole farmi conoscere una ‘cosa bella’, quasi una sorpresa. E sorpresa immensa è stata.

Arrivo con calma in un posto silenzioso e pieno di luce, indicazione ‘Le Dune’. Ricordi di bambina si affacciano subito nella mia mente. Qui si veniva a mare durante la nostra infanzia, e di questo album che torna si potrebbe parlare all’infinito. Ma le cose belle evidentemente (e per fortuna) durano nel tempo.

Parcheggio, salgo le scale e subito un tuffo al cuore. Qui il sole a quest’ora (è ora di pranzo, le 13) ce l’hai già negli occhi. E tutto brilla. E se il mare è calmo e l’orizzonte infinito, lo spettacolo è di una bellezza mozzafiato, fino al tramonto.

Sono sulla terrazza di Aqua, il ristorante del resort Le Dune, che si affaccia su una delle spiagge più belle del Salento, dove un solo sguardo non riesce a contenere tutta la sua bellezza. Ti devi fermare e scorrere lentamente quello che ti si offre davanti agli occhi, per renderti conto.

E la sorpresa è solo all’inizio. Incontri e saluti con altri amici, nuovi e vecchi. Brindiamo con piacere alla gioia di questo momento, e ci prepariamo al momento conviviale salutando lo chef Cosimo Russo, timido e riservato che al momento della presentazione dei suoi piatti, preferisce lasciare sospesa qualsiasi spiegazione, affinchè a parlare siano solo le nostre prime impressioni.

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E così lo spettacolo di emozioni è cominciato. Non potevo immaginare tanto. I suoi piatti emozionano davvero, prima stupiscono gli occhi e vorresti non toccarli per quanto sono belli, come quadri d’autore, però poi non puoi resistere e non vedi l’ora di assaggiarli. Ma lo fai con delicatezza e curiosità. E anche li il palato ti regala stupore. E pensi, ma che percorso ha fatto questo chef per poter arrivare a questo livello di creatività ed equilibrio cromatico e di sapori? E gli fai mille domande per conoscerlo meglio e ti complimenti con lui, sentendoti fortunata per essere li a gustare le sue creazioni.

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Intanto lo spettacolo intorno è immenso. Non sai più dove guardare. Al piacere di parlare con gli amici, nei piatti che si susseguono o verso il mare e il cielo i cui colori intanto cambiano continuamente…

Insomma…. sono partita per cercare solo il sole. Ho trovato amici, luoghi stupendi, piatti nuovi e stimolanti, il mare che volevo, la luce che mi ha riempita di nuova vita.

Ho promesso a questo luogo che ci tornerò. Se volete provare anche voi le stesse emozioni non vi resta che andarci.  Vi lascio solo immagini, giusto per aiutarvi a immaginare.

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Dieta: riso con spinaci

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Il buonumore sta tornando. Mi sto concentrando con tutta me stessa su un regime alimentare semplice e veloce da preparare. Lascio che i capolavori in cucina li preparino gli chef e chi sa dosare con competenza e professionalità ingredienti e idee. Apprezzo le sorprese e le novità quando mi invitano. Ma a casa mia preparo piatti facili che derivano dalle abitudini che ho assorbito in famiglia e dall’educazione culinaria ricevuta da mia madre. Quindi cose ‘riconoscibili’ nel piatto, di qualità  e con cotture veloci.

Ho bisogno di sentirmi leggera e devo perdere chili velocemente. Qui c’è aria di primavera. A parte una brevissima parentesi di freddo per la neve che mi ha fatto comunque bene, perchè mi ha costretto a fermarmi e riposare davvero, ora le temperature sono tornate miti. E’ anche vero il mio ‘termostato’ è un pò sballato e mi porta a sentire sempre caldo, stupendo le mie amiche che sono quasi tutte freddolose (e magre!).  Però il tepore lo sente anche la campagna che intanto fiorisce e porta fiori e alcune verdure che non sarebbe facile trovare in questa stagione.

Ho la fortuna di conoscere anche persone che coltivano la terra e che mi regalano spesso cose buonissime e assolutamente biologiche. E per questo mi basta poco preparare piatti saporiti, al volo.

MI piace molto il riso, in tutti i modi, anche solo condito con olio e parmigiano. Quindi se ho della buona verdura mi basta lessarla e amalgamarla. Oppure creare dei buoni risotti con un brodo vegetale preparato veloce con pochi ingredienti.

Ho ricevuto un ciuffo di spinaci freschissimi. E ho cercato idee per farle con il riso. Ovviamente dalle ricerche venivano solo risotti che avevano un’aspetto bruttissimo da fotografare, tipo mappazzone verdone, inguardabile. E poi con la mantecatura e il burro e il parmigiano che avrei aggiunto sarebbe stato un pò ‘carico’ di calorie. E allora mi sono inventata questa ricetta, che vi consiglio di provare.

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Riso con spinaci

(per una persona)

- un ciuffo abbondante di spinaci

- una tazza da caffè di riso carnaroli

- tre, dico tre pezzi di pancetta affumicata

- un cucchiaio di olio extravergine di oliva

- mezza cipolla

- uno spicchio d’aglio

- tre dico tre scaglie di formaggio (parmigiano, provola, a piasèr)

Lavate bene e velocemente gli spinaci per eliminare l’eventuale terra Ancora sgocciolante di acqua metterli in una padella con un cucchiaio di olio, l’aglio, la cipolla tagliata a velo e i tre pezzi di pancetta affumicata. Coprire con un coperchio e far stufare senza muovere. Salare alla fine.

Nel frattempo lessare il riso.

Aggiungerlo agli spinaci e amalgamare bene e velocemente su fiamma bassa, affinchè il tutto non si raffreddi.

Al momento di servire aggiungere le scaglie di formaggio scelto.

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Muffin mele e marmellata

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tortini mele e marmellata

Mi piace svegliarmi prestissimo la mattina. Mi sembra di raddoppiare il tempo a mia disposizione e con tutta l’energia delle prime ore riesco a fare mille cose. E questo mi fa sentire bene.

Con le amiche ci rincorriamo. Passano i giorni e alle telefonate veloci per sentire come si sta, si susseguono buoni propositi per incontrarsi e messaggi per incastrare i nostri impegni. E alla fine ci riusciamo sempre. Spesso ce la facciamo per il pranzo. Passiamo ‘a prenderci’ e scappiamo al mare se abbiamo almeno due o tre ore per andare anche a mangiare qualcosa insieme, oppure, se il tempo è poco, anche una colazione fatta di abbracci e confidenze va bene lo stesso. Parliamo del ‘come va’, dei progetti in corso, dei desideri ancora rimasti appesi da realizzare, dell’ultimo taglio di capelli, dei figli, dei mariti, della disperazione dei chili di troppo, subito dimenticati davanti ai piatti già pronti.

Gli incontri sono ancora più felici se alle parole si aggiungono cose buone e calde da mangiare.

Ieri mattina, io e la mia amica, avevamo un appuntamento alle 8 a casa mia per colazione. Certo caffè, latte, fette biscottate e marmellata sarebbero andate ugualmente bene, in mezzo ai nostri progetti pieni di entusiasmo. Ma ho pensato di preparare qualcosa di meglio. Una ricettina semplicissima e veloce da preparare al volo quando ne avete proprio voglia. Provate e poi ditemi …

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Muffin mele e marmellata

(dosi per 16 muffin)

- 260 g di farina (io ho usato metà 00 e metà di farro)

- 100 g di zucchero (a piacere, bianco o di canna)

- una bustina di lieviito per dolci

-  3 uova

- 60 g di olio di semi di arachidi (o di oliva se leggero o burro o margarina, a piacere)

- 150 ml di acqua o latte (io ho usato acqua!)

- un pizzico di sale

- 3 mele

- marmellata a piacere (io ho usato la marmellata di ciliege mia)

Mescolare prima tutti gli ingredienti solidi e poi aggiungere quelli liquidi. Semplicemente.

Tagliare a cubetti piccoli le mele e aggiungerle all’impasto. Mescolare.

Nella teglia per muffin mettere i pirottini di carta e riempirli per 3/4. Aggiungere la marmellata al centro.

Infornare a 180° in forno statico per circa 20 minuti o fino a quando, immergendo uno stuzzicadenti ne uscirà pulito.

Servire caldi o tiepidi spolverizzati con abbondante zucchero a velo.

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Seppie ripiene di bietoline rosse su crema di patate

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A volte mi prende la mano la curiosità. E mi fa riempire la sporta di ingredienti per me inusuali. Dovevo solo comprare insalata, banane, prezzemolo e aglio, ma son tornata con curcuma, zenzero, batata, patate viola, pastinaca, e un gran bel mazzo di barbarbietole rosse con tutto il suo bellissimo ciuffo di bietoline attaccate. Da noi in Puglia si usa cucinare solo la rapa rossa, ma non le sue foglie. Io le ho scoperte per la prima volta a Roma, durante una delle mie passeggiate alla scoperta della citta, al mercato del Testaccio. Erano così belle con quel loro colore brillante che vederle, desiderarle e comprarle fu un tutt’uno. Un pò timorosa al primo assaggio, poi mi rilassai perchè non solo erano più saporite delle bietole ‘bianche’, che invece restano più insipide, ma in più hanno anche un leggero sapore piccantino che non guasta affatto.

Inoltre ultimamente sto scoprendo il piacere di non buttare via niente delle verdure, non perchè all’improvviso mi son svegliata tirchia, ma perchè foglie e torsoli possono essere tranquillamente utilizzate per altre ricette, tutte da inventare. Come il ‘ciuffo’ delle carote gialle, le foglie e i torsoli dei cavoli, delle cime di rape, dei broccoli e cosi via…. A breve raggrupperò un pò di queste idee… vedremo cosa ne verrà fuori.

La ricetta di oggi è nata dalla voglia di pesce, verdure e leggerezza. Così ho ottenuto un piatto unico dietetico, ricco di proteine, carboidrati e fibre.

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Seppie ripiene di bietoline rosse su crema di patate

(per due persone)

- due seppie già pulite

- un mazzetto di bietoline rosse

- tre pomodorini

- due spicchi d’aglio

- due patate medie

- due cucchiai di olio extravergine di oliva

Lavare e lessare le bietoline rosse (solo le coste ma volendo si possono anche utilizzare le foglie). In una padella bassa versare un cucchiaio di olio, aglio e pomodorini tagliati a metà. Far appassire il tutto e poi con un mestolo forato scolare le bietoline, grondanti di acqua, e metterle nella padella. Far insaporire e spegnere il fuoco.

A parte far lessare le patate sbucciate e tagliate a fette spesse. Quando sono cotte sia le patate che le bietoline, spegnere i fuochi.

Riempire le seppie con le bietoline. Chiuderle aiutandovi con uno stuzzicadenti. Disporle su una teglia da forno e cuocerle in forno a 180° per circa 20 minuti (anche di più se vedete che sono ancora crude)

Frullare le patate con un pò dell’acqua di cottura, aggiustandole di sale se necessario.

Versare la crema di patate in un piatto, disporre le seppie, intere o affettate, Condire con un filo d’olio e servire.

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Marmellata di arance

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“Quel giorno aveva accompagato la sua mamma a comprare la frutta. Era una bella giornata che invitava a fare una passeggiata e a respirare l’aria frizzante che precede quella tiepida della nuova primavera. I colori tutt’intorno erano più forti che mai. Il verde dei prati cominciava a colorarsi di piccoli fiori gialli. Alcuni alberi, illusi dal sole di un inverno mai diventato davvero tale, avevano già offerto i primi fiori. E così, con il finestrino timidamente aperto per lasciar entrare quel pò d’aria che sapeva di respiro pulito, discutevano del freddo mai arrivato, ma che nonostante tutto non riscaldava abbastanza le ossa un pò malandate di entrambe, dei progetti per l’estate, del cosa avrebbero mangiato quel giorno, e delle buone intenzioni di lasciarsi andare all’ozio che, più di tante medicine, avrebbe giovato soprattutto al buonumore. Arrivate al negozio, cominciarono a riempire la sporta di insalata, broccoli e cime di rapa, di patate e cipolle novelle, già pregustando i piatti che piano piano si appuntavano nella mente, promemoria per tutta la settimana in cucina. Nascosta in un angolo, notarono una cassetta di legno, piena di arance di un colore pallido, poco invitante, che sfiguravano al confronto delle arance lucide,  con fresche fogli verdi che, superbe, troneggiavano in bella mostra sul primo banco. Chiesero e seppero che erano arance di un contadino, che ne aveva qualche albero pieno, di quelle nate e cresciute da sole, senza che nessuno si curasse di loro, e che ‘per favore, vedi se le vuole qualcuno. Non sono belle, ma almeno non sono pompate’. Le arance ‘cresciute da sole’ furono così scelte per diventare marmellate, spuntino, dolce di fine pasto e anche prelibatezze candite. Le portarono a casa e cominciarono a lavarle.”

Mi piaceva raccontare così la storia delle mie arance che sono davvero diventate marmellate, torte e canditi. Perchè così le ho vissute.

Veniamo alle ricette. Ognuno di noi ha le proprie, ma, non so voi, io amo sperimentarne di nuove. Solo che appena faccio la ricerca sul web, sono sommersa da mille varianti, mille idee, mille suggerimenti. E poi tra queste tremila cose, faccio di testa mia. In fondo, avevo solo qualche chilo di arance, da cui ho ricavato 1) due tipi di marmellate 2) torta di mele e arance candite 3) torta di arance e limone 4) scorzette di arance candite e ricoperte di cioccolato fondente. Ovvio che andrò per gradi, anzi per post…. Oggi cominciamo con le marmellate. E vi racconterò di due ricette.

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Marmellata d’arance (N.1, tipo gelatina)

- 2100 g. di arance biologiche

- due mele

- 900 ml di acqua

- 500 g di zucchero

Lavare accuratamente le arance e con un rigalimoni tagliare le bucce a fili. Ne ricaverete circa 80/100 grammi.

Tagliare a metà le arance e spremerne il succo (ne ricaverete circa 800 grammi), da versare in una pentola a bordi alti dove avrete già versato anche l’acqua.

Sbucciare e grattugiare le mele e aggiungere la polpa nella pentola. Versare anche le scorze. Immergere tutti gli avanzi di arance che potete. Sembra una cosa strana, ma la pellicina bianca, pur essendo amara, è ricca di pectina e, lasciata li tutta la notte, favorirà la gelificazione durante la cottura.

Lasciar riposare per almeno 12 ore.

Aggiungere lo zucchero e accendere il fuoco. Far cuocere, facendo attenzione durante che la schiuma che si forma durante l’ebollizione non fuoriesca dalla pentola), fino a quando una goccia di liquido, versata su un piatto pulito e asciutto, fatta raffreddare, non scivoli più, ma resti ferma.

Imbarattolare ancora calda. Chiudere bene e, per eccesso di zelo, fare un passaggio a bagnomaria.

IL risultato è una gelatina con scorzette di arancia, abbastanza dolce, ottima su fette di pane integrale o nero, con un velo di burro.

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Marmellata d’arance (N.2, stile Simonetta)

- 2 kg di arance

- 200 g di zucchero

Questo metodo per fare la marmellata l’ho imparato da una mia amica, Simonetta, che ama le arance amare. E con lei un intero pomeriggio abbiamo tolto semi e semi, polpa e succo, da una quantità infinita di arance. Quindi ho imparato proprio bene la lezione.

Lavare bene le arance, bucherellarle con i rebbi di una forchetta e lasciarle per almeno 24 ore immerse completamente in acqua.

Dopo le 24 ore metterle a cuocere, intere,  sempre coperte di acqua, in un grande pentolone, fino a quando le bucce saranno diventate morbide.

Farle raffreddare. Tagliarle a metà e strizzarle bene, raccogliendo il succo ed eventuale polpa in una ciotola. Da due chili di arance io ho raccolto circa 850 g di succo.

Eliminate il resto delle pellicine dalle scorze e cominciate a tagliarle a striscioline sottili, quanto più sottili potete. IO ne ho tagliate circa 200 g, ma, questo lo deciderete in base al vostro gusto, e aggiungetele al succo.

Versare lo zucchero e girare fino a quando si sarà sciolto completamente.

Mettere il tutto a cuocere in una pentola, fino a quando si addenserà.

Come sopra, imbarattolare ancora calda, chiudere bene e, per eccesso di zelo, fare un passaggio a bagnomaria.

Questa marmellata non è gelatinosa ma più densa e io l’ho subito usata per profumare un paio di torte.

Attenzione! Non buttate le scorze rimaste. ……. Ma cosa potete farne ve lo racconterò nel prossimo post, fra un paio di giorni.

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Bucce d’arancia candite

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Quando avevo 6 anni circa, abitavo in una casa piccola in una stradina piccola chiamata Via Carmine. Era nel centro storico del mio paese, con le case dai muri bianchissimi, rinfrescati ogni anno all’arrivo della bella stagione. La calce si comprava da un ometto che compariva puntuale con il caldo,  con il suo ‘motocarretto’, carico di pietre da sciogliere. Arrivava l’estate e tutte li a strofinar chiancole con candeggina e ‘briscone’, la spazzola dura che lucidava qualsiasi pietra. Tutte le donne facevano a gara a chi teneva i gradini esterni delle case più puliti e bianchi, e ognuna andava orgogliosa del proprio lavoro e della propria bravura. Passeggiando per le stradine si sentiva odore di pulito, ma del pulito vero, e si apprezzavano i vasi fioriti che rendevano ancora più belle le case. Ed era bello passeggiare in un luogo dove tutti si conoscevano e al calare della sera, finite le faccende, si mettevano fuori le sedie e tutte insieme si parlava, si ‘spizzicavano’ fave, si lavorava a maglia, ci si riposava un pò, ma sempre in compagnia.

Di fronte a casa mia c’era uno dei due negozietti di generi alimentari del quartiere. Piccolo ma pieno pieno di tutto quello che serviva nelle nostre case. A me non era consentito andar giù in strada a giocare, perchè quello era privilegio dei maschi. Però mamma mi mandava sempre al negozio, dalla signora Peppinella, a comprare ora due acciughe sotto sale, ora mezzo chilo di spaghetti (tenuto insieme dalla carta blu), ora un pezzo di formaggio da grattugiare. Non si comprava il pane, nè la salsa di pomodoro perchè si facevano in casa. Il latte ce lo portava ogni giorno Ciccillo, al calar del sole, con la sua bicicletta con cassettina e bidoncino al seguito. E quando serviva qualcosa, i soldi erano contati, al centesimo. E non c’era verso di farci comprare le caramelle, le cioccolate o altre cose ritenute lussi. I capricci non funzionavano mai con mia madre. Era no e basta. Però ogni tanto, in momenti di debolezza o perchè meritavamo un premio ci consentiva di comprare 10 lire di Nutella. Andavamo di corsa da Peppinella e lei toglieva il coperchio giallino di una coppa di plastica piena di nutella,  posata sul banco,  riempiva un cucchiaio di legno di quella meraviglia e la posava in un foglio quadrato di carta oleata, precedentemente tagliato della giusta misura, per non sprecare.

Hai voglia a dire ‘E dai Peppinella, mettine di più!’. Lei rispondeva ‘che 10 lire mi hai chiesto! ne vuoi 15 o 20?’. E noi rassegnati facevamo di no con la testa, perchè tanto mamma i soldi ce li dava contatissimi, senza speranza.

E allora con gli spruzzi dell’acquolina in bocca prendevamo questo tesoro e ci acquattavamo in un posto tranquillo, aprivamo questo cilindro di carta chiuso ai bordi, ci riempivamo del profumo della cioccolata, poi lo piegavamo a metà, premevamo con le mani per distribuirlo quanto più possibile su tutta la superficie, lo aprivamo e…. cominciavamo a leccare tutto il foglio, imbrattandoci pure il naso, ma godendo da matti.

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Vi chiederete perchè ho raccontato tutto questo.

Ma dovrò cominciare dall’inizio. Anzi continuare il post precedente, nel quale vi avevo già detto che avrei dato un’altra ricetta.

Dopo aver fatto le due marmellate non volevo buttar via le bucce che nel frattempo erano diventate tenere e profumate. Le ho candite e sotto vi dirò come e poi una parte di esse le ho pure ricoperte di cioccolato. Dopo averle immerse nel cioccolato le ho posate su un foglio di carta da forno, che oggi sostituisce la carta oleata. E quando si sono asciutte per bene le ho riposte in una scatola di latta ma, guardando il foglio con tutta quella cioccolata non ho potuto fare a meno di ricordare le mie golosità di bambina piccola e…allora, ho posato il foglio su un piatto che ho messo su una fonte di calore… la cioccolata si è sciolta e così….. ho ritrovato la mia infanzia, leccandomi tutta la cioccolata, senza pudori.

E ora vi consiglio di preparare questa ricetta semplice, non solo per recuperare le scorze di arance biologiche, così tanto preziose oggi, ma anche per creare delle piccole golosità da tirar fuori quando vi sentite un pò giù. A me, le arance e le scorze fanno sempre un effetto energizzante.

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Bucce d’arancia candite

- 1 litro di acqua

- 300 g di zucchero

- scorze di arancia già bollite (vedi ricetta marmellata di arance n.2)

Versare lo zucchero nell’acqua e portare ad ebollizione e continuare a bollire fino a quando si sarà addensato.

Immergere e bucce e farle cuocere almeno 15 minuti.

Scolarle con una schiumarola  e lasciar raffreddare lo sciroppo che, una volta raffreddato potrete utilizzare per inzuppare dolci o macedonie.

Una volta fredde, le bucce potrete semplicemente farle rotolare in zucchero semolato o immergerle in cioccolato fondente fatto sciogliere

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Cime di rapa

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cime di rapa

Eccole qua. Ora sono sempre sulla mia tavola. Da quando spuntano ai primi freddi a quando finiscono la loro vita, fiorendo. Un tempo era l’unica cosa che non gradivo mangiare. Invece a casa mia ne andavano matti, soprattutto mia madre. E lei, con la santa pazienza, ogni volta che le preparava per gli altri, a me preparava… la pastina in bianco. Poi col tempo, avevo imparato ad invidiare il gusto che leggevo sul viso di tutti, e tutti si stupivano del mio rifiuto di mangiarle. E io liquidavo tutti, altezzosa, dicendo che ‘le cime di rapa hanno un gusto strano, e poi, o si amano o si odiano. E io le odio’. Però mi sentivo un’esclusa da questo girone rapaiolo di goduriosi. E allora decisi di imparare a mangiarle. C’è voluto un bel pò di tempo e di tentativi, ma alla fine ci son riuscita. E ormai da molto me le gusto anch’io, come tutti. Continuo a pensare che il loro è un sapore particolare, tra l’amaro e il dolce, ma le amo proprio per questo.

E col tempo ho anche imparato diverse tecniche per pulirle e cucinarle. Mia nonna diceva che bisogna cercare di recuperare quanto più possibile della pianta e, a parte le parti marce o gialle, si poteva mangiare proprio tutto. Da mamma che è sempre stata un pò schizzinosa ho imparato a raccogliere le cime e le foglie più tenere. E io ho scelto il metodo della nonna per due motivi. il primo è che conprare due chili di verdura e poi ritrovarsi appena 600 g di cime lo ritengo uno spreco enorme e poi ho provato a cucinare foglie e torsoli e ho scoperto che sono buonissimi! anzi, si possono creare delle ricette squisite, come quella che pubblicherò di seguito.

La stessa riflessione si può estendere a  tutte le verdure che conosciamo, tipo cavoli, broccoli, cime nere, patate,  e carote, di cui utilizzare tutto, come abbiamo anche visto in precdenza con le barbabietole.Dunque non resta che provare!

 

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Penne con foglie di rapa e pangrattato piccante alle acciughe

(Per due persone)

- 120 g di penne rigate

- 500/600 g di foglie e torsoli di cime di rapa

- 3 cucchiai di olio extravergine di oliva

- 3 cucchiai di pangrattato

- due acciughe dissalate e lavate

- peperoncino piccante

Lavare accuratamente le foglie di cime di rapa. Eliminare i filamenti dai torsoli. Lessare il tutto in acqua bollente salata. Con una schiumarola scolare le verdure e versare la pasta nella stessa acqua. Quando la pasta sarà molto al dente preparare il condimento. In una padella abbastanza larga per saltare dopo tutto, versare l’olio e appena comincia a riscaldarsi aggiungere i peperoncino e le acciughe. Quando saranno sciolte aggiungere il pangrattato e mescolare fino a quando sarà diventato croccante e dorato.

Versare le verdure e la pasta nella padella e amalgamare .

Servire caldo.

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Patate, cipolle rosse, menta e curcuma (Potatoes, red onions, mint and tumaric)

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patate e cipolle alla curcuma

Oggi è stata una bella giornata. C’era il sole, l’aria era fresca ma non fredda. Tutto il giorno libero davanti a noi, da riempire come desideravamo. Fregandomene dei soliti acciacchi con i quali ormai sto imparando a convivere, mi son detta ‘ma si, usciamo e poi si vedrà strada facendo quello che ci piacerà fare’. Era quasi l’una quando ho pensato questo e allora abbiamo deciso ANCHE di saltare il pranzo e di riempire il vuoto solo con un gelato al volo e rimandare … il ragù per la sera. Infatti è sul fuoco che ora sobbolle e sta riempiendo la stanza di profumo e di desiderio. Ammazza che fame! Ma nel frattempo vi racconto quello che abbiamo fatto. Ci siam detti ‘ci diamo all’arte?’ e arte fu. Una mostra di Botero, ‘La Via Crucis’, al palazzo delle Esposizioni. Bella, mi è molto piaciuta, soprattutto perchè io amo Botero che secondo me ha capito tutto della bellezza della vita, amando le forme abbondanti come inno di serenità e felicità rilassata. Poi passeggiata a piedi fino alla bianchissima e rinnovata Fontana di Trevi, che ci stupisce ogni volta, anche se è la millesima, e che ci fa sentire sempre turisti alla prima visita. Quindi ancora a piedi in giro senza meta, fino a quando abbiamo sentito il bisogno di un caffè, seduti per un pò. Dalle nostre parti c’era, indovinate un pò….la Feltrinelli e li ci siamo fiondati. Ci siam caricati di libri e abbiamo deciso di poltrire leggendo per un pò. Con l’intento di non acquistare più libri almeno per qualche mese. Ovviamente intenti subito dimenticati perchè abbiamo deciso che c’erano libri assolutamente indispensabili, di quelli che devi avere per forza. E li seduta in mezzo a libri di cucina vegetariana, vegana, delle trattorie, ricette antiche, ricette della nonna,  mi son tornati tutti gli entusiasmi per la cucina con le verdure, e mi son tornate in mente tutte le cose buone che preparava mia nonna e che continua a preparare la mia mamma, brave donne che con poco sanno creare capolavori. Ricette che io preparo quando ho bisogno di piatti veloci, buoni che profumano la casa e che stupiscono gli ospiti. Ieri ho preparato una ricetta che pensavo troppo semplice per essere pubblicata. E alla luce del nuovo punto di vista ora la pubblico. Ed ecco qui le mie ‘patanedd con cipolle’ al forno, profumate di menta e con l’aggiunta di un pò di curcuma, ultima scoperta nella mia cucina. Mia madre non approverebbe, ma io e i miei ospiti abbiamo approvato con ‘mmmmmmmm’ di stupito godimento. Ecco qui la mia ricetta, provatela, con o senza curcuma, come volete, ma preparatela. E poi ditemi.

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Patate, cipolle rosse, menta e curcuma (English version below)

- patate piccole

- cipolle rosse

- un mazzetto di menta fresca

- olio extravergine di oliva

- vino bianco

- sale, pepe

-curcuma fresca

In una teglia da forno versare un filo di olio, le patate, le cipolle pulite e tagliate in quattro, sale e pepe. Cuocere in forno finchè diventano morbide.  Versare il vino bianco e la menta e rimettere in forno fino a quando evapora tutto il liquido. Prima di servire grattuggiare la curcuma e mescolare.

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Potatoes, red onions, mint and turmeric

- Small potatoes

- Red onions

-  fresh mint

- extra virgin olive oil

- White wine

- salt and pepper

- fresh tumaric

In a baking dish put oil, potatoes, cleaned and quartered onions, salt and pepper. Mix and bake them in the oven until soft.  Pour white wine and  mint and put in oven until all the liquid evaporates. Before serving grated turmeric and mix.

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Stracciatella di spinaci

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stracciatella di spinaci

Ho dormito bene, non ho fatto sogni, mi sono svegliata presto, come al solito verso le 6. In piedi, scalza, ho preparato il caffè e ho aperto le persiane. Mi aspettavo le tenue luce del primo mattino e invece ho trovato il grigio di una giornata di pioggia. Questa cosa mi ha messo di cattivo umore. Anzi mi ha fatto piombare la malinconia addosso. Come un macigno. Di quelle sensazioni pesanti che poi ti pesano come un fardello per tutta la giornata. E la capacità di vedere il bicchiere mezzo pieno all’improvviso scompare. Cominci a farti bei discorsetti ma non funzionano. Allora decidi semplicemente di aspettare …. che passi.

Ho fatto in casa quello che si DEVE fare, ho sistemato e ordinato e pulito, come se lo stessi facendo dentro di me. Ho accarezzato i miei libri sulla libreria, ne ho sistemato di nuovi, comprati due giorni fa, contenta e pregustando il momento in cui mi siederò e segnerò con i miei post it colorati le ricette da ricordarmi di preparare. Ho preferito non mettere musica perchè avrei scelto qualcosa di deprimente e lento. Ho assecondato il ritmo del nulla dentro di me.

E’ arrivata l’ora di pranzo. Ma non avevo nemmeno fame. Brutto segno, mi son detta. Non avere fame per me è segno di tristezza infinita e profonda.

Ho aperto il frigo e ho trovato ben poco, ma non avevo nessuna voglia di uscire sotto la pioggia. E così ho inventato un pranzo con quello che avevo.

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Ho stufato con aglio e peperoncino gli spinaci grondanti di acqua, ho aggiunto le uniche due uova che c’erano, ho grattugiato un pò di Parmigiano, sale e pepe. Un filo d’olio in padella e, appena rappresa, ho stracciato la frittata che si stava formando.

Tre fettine di pane, tostate in forno, hanno fatto da base alla stracciatella fumante. Un dito di vino bianco frizzante che avevo in frigo e… magicamente è andato giù tutto il cattivo umore.

Sono uscita e, dall’ambulante all’angolo, ho comprato dei fiori, per me.

E ho capito che nulla si può contro gli alti e bassi, non solo della vita ma anche dell’umore. Basta non arrabbiarsi. Abbiamo sempre qualcosa intorno (o nel frigo) che può aiutarci a sorridere.

E voi cosa fate quando siete di cattivo umore?

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Riso integrale con carote al forno glassate e noci (Brown rice with roasted carrots and nuts)

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Ore 11,25 del primo giorno di marzo

Le giornate scivolano via velocemente. Da quando apriamo gli occhi sintonizziamo la nostra mente sulla corsa che sta per iniziare. Facciamo l’elenco delle cose da fare, delle cose che mancano in dispensa, un’idea di quello che metteremo sulla nostra tavola, un pensiero ai ‘doveri’, un sospiro per le responsabilità, un momento per i desideri, subito rinchiusi nel solito cassetto, perchè sbagliando crediamo al ‘tanto c’è tempo per quello’ e via, a fare il caffè. E così la vita scorre. Ci accorgiamo che è ‘già’ il primo giorno di marzo, di un anno con un numero così alto che ti sembra impossibile sia già arrivato.

Non hai un lavoro fisso e questo, a fasi alterne, ti fa sentire una sfigata improduttiva che non vale niente, pur avendo laurea, tante competenze, idee geniali da realizzare, oppure una persona fortunata che può ‘guadagnare risparmiando’ e migliorare la qualità della vita di chi sta accanto, creando atmosfere più rilassate, cucinando cose buone, riempendo la casa di profumi che fanno di casa un rifugio accogliente, scrivendo con calma parole che un giorno potranno diventare libri. E, a giorni alterni, vivi la malinconia o l’euforia della tua condizione.

Vai a fare la spesa e hai un ritmo più lento della gente che corre, chiusa nella bolla dei propri pensieri con occhi concentrati solo sul prezzo,  sulla qualità dei broccoli e sull’orologio che va avanti, e che urla ‘sbrigati’. Guardi con calma il mondo che ti circonda e rifletti. Sulla busta della spesa sempre più leggera delle persone anziane, sui respiri affannati delle donne con bambini e bustoni appesi ai passeggini, sulla quantità di roba invenduta ai banchi, sull’insistenza di ambulanti stranieri che ad ogni giro ti vogliono vendere con occhi e tono implorante buste di aglio rosa, e la quarta volta che t’incontrano ti riconoscono e ti ‘saltano’. E sei parte di un mondo colorato e ricco di sentimenti di gente come te.

Torni a casa con la busta piena di verdure e colori e cominci a cucinare. E ti riconcili con il mondo. E con te stessa.

Oggi ho comprato un mazzo bello di carote fresche e colorate. Ed ecco cosa ne ho fatto….

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Riso integrale con carote al forno glassate e noci (english version below)

(per due persone)

- 4 carote novelle

- due spicchi d’aglio

- un cucchiaino di zucchero di canna (o quello che avete)

- 4 cucchiai di olio extravergine di oliva

- prezzemolo, sale e pepe

- 3 tazze (da caffè) di riso integrale

- 4 noci sgusciate

- un limone (facoltativo)

Lavare il riso e tenerlo in ammollo in acqua tiepida per circa un’ora.  Cuocerlo in abbondante acqua bollente salata. Tenete conto che ci vorrà parecchio tempo, anche 50 minuti. Quindi se avete fretta usate un altro tipo di riso, oppure potete lessarlo il giorno prima e tenerlo già pronto in frigo.

Lavare le carote con tutto il ciuffo, che metterete da parte per altre preparazioni. Pelarle, tagliarle nel senso della lunghezza, o come preferite. Mettere un foglio di carta da forno in una pirofila. Sistemare le carote. Aggiungere l’olio, il sale, l’aglio spezzettato, lo zucchero, mescolare il tutto e cuocere in forno a 180° fino a quando saranno diventate morbide.

Tritare grossolanamente le noci.

Mescolare il riso, le carote, le noci. Aggiungere un filo d’olio crudo, prezzemolo fresco tritato e se piace anche un pò di succo di limone.

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Brown rice with roasted carrots and wallnuts

(for two people)
- 4  carrots
- Two cloves of garlic
- A teaspoon of brown sugar
- 4 tablespoons extra virgin olive oil
- Parsley, salt and pepper
- 100 g of brown rice
- 4  walnuts
- lemon (optional)


Wash rice and keep it in warm water for about an hour. Cook it in salted boiling water. Keep in mind that it will take 50 minutes about. So if you are in a hurry using a different type of rice, or you can boil it the day before and keep it ready in the fridge.
Wash  carrots, peel and cut them lengthwise, or whatever you like. Place a sheet of baking paper in a baking dish. Place carrots, oil, salt, chopped garlic, sugar, mix well and bake at 180 degrees until they become soft.
Chop the nuts.
Mix rice, carrots, walnuts. Add a little more olive oil, chopped fresh parsley and, if you like,  a bit of lemon juice.

Buon appetito.

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Torta rosa di mele

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Da stamattina si parla di donne. E di auguri. E la forla urlante… urla no alle mimose, alla festa, al non trattare le donne come categorie da festeggiare. La folla urlante dice che bisogna ricordare che questa è una festa triste, in memoria di donne che sono morte in una fabbrica… ecc..

E io penso che non si parla solo oggi di donne. Ma lo facciamo tutti i giorni. Sempre con amarezza. Leggiamo di donne violentate, non rispettate, tradite, sfruttate, ignorate, zittite, picchiate, ridicolizzate, maltrattate, bruciate, sfregiate. Ovunque, in ogni paese, in ogni istituzione, in tutti i sud e i nord del mondo, in ogni casa dove c’è un uomo che detta legge e crede di essere superiore. Uomini che non sanno o non vogliono leggere negli occhi delle donne. Non rispettano il loro lavoro e la loro capacità di saper stare comunque al loro fianco, pazientemente. Donne che sanno mettere da parte in una parte profonda del loro cuore torti e tradimenti, per andare avanti.

E’ vero, ci sono anche donne stronze. Ma sono poche.

Io conosco solo donne fantastiche, che ogni giorno hanno più di una lotta da portare avanti. Ed è per loro che oggi dico che voglio festeggiare, con il sorriso, a mio modo con una torta fatta velocemente perchè due amiche verranno ad abbracciarmi qui a casa e con loro prenderemo un thè e ci stringeremo le mani, per dirci l’un l’altra che siamo forti e belle. Ma forti e belle per davvero. Perchè conosciamo le nostre storie (e si, ce le raccontiamo noi!) e sappiamo quello che ci vuole per sorridere al mondo e ai figli, per dire ‘va bene così, nessuno mai mi sconfiggerà. E ci sarò sempre per proteggervi’. Perchè anche tra le lacrime sappiamo farci delle forti risate, che ci ricaricano subito. Perchè ci basta poco per essere felici. Una telefonata dei figli lontani, un caffè, un libro regalato, un messaggio con su scritto ‘come va?’, per aggiustare la giornata.

E oggi vorrei tanto festeggiare con tutte le mie belle amiche che riempiono la mia vita con la loro allegria. Antonella, Liana, Simonetta, Anna, Claudia, Laura, Caterina, Titti, Marcella, Clara, Sara, Tina, Maria, Francesca, Valentina….. e tutti i nomi di tutte le donne del mondo. Ne conosco tante, tante, e di tutte ho ascoltato le parole.

Tempo fa organizzai uno ‘swap’ che si chiamava ‘Parole di carta’, bellissimo, dove invitavo la gente a scrivere un racconto vero o inventato e a inviarmelo. Ebbene non si può immaginare quante storie di vita vera mi arrivarono, parole piene di gioia, di sfogo, di delusione, di felicità. E le conservo tutte gelosamente in una scatola verde bosco, legate con un nastro rosso, come si usava una volta.

Ma ora, aspettando che suoni il campanello, mentre questa giornata volge al termine, voglio solo dire grazie, fare un augurio a tutte noi e gridare al mondo ‘evviva le donne’.

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 Torta rosa di mele

- un foglio di pasta sfoglia rettangolare

- una mela bio

- uvetta sultanina

- due cucchiai di marmellata di arance o albicocca

- zucchero a velo

- cannella a piacere

Mettere l’uva sultanina in ammollo in acqua tiepida o liquore.

Srotolare sul tavolo la pasta sfoglia.

Lavare la mela, asciugarla bene, tagliarla in quarti, privarla dei torsoli e tagliare tante fette sottilissime.

Distribuire sulla pasta sfoglia la marmellata. Tagliare delle strisce large almeno 3,5 cm.

Mettere su ogni striscia qualche acino di uva sultanina.

Sistemare per la lunghezza di ciascuna striscia le fette di mela.

Piegare a metà e cominciare ad arrotolare formando una ‘rosa’ che metterete al centro di una teglia coperta da carta da forno.

Continuare a distribuire le fette di mela sulle altre strisce e sistemarle ‘di continuo’, avvolgendo la rosa centrale.

Cuocere in forno a 180° fino a quando si cuoce la sfoglia. Fare attenzione a non far bruciare le mele.

Servire calda o tiepida con abbondante zucchero a velo misto a cannella.

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La storia di Matteo e della sua passione

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Lo guardo metre lavora, chino sul bancone e con lo sguardo attento di chi misura con gli occhi la giusta dimensione dei pezzi da mettere sulla bilancia e con le mani che toccano con rispetto un pezzo prezioso su cui lavorare. E mi viene spontaneo fargli mille domande. Ha l’entusiasmo di un artigiano che inizia la sua giornata lavorativa con passione e vorrei sapere da quanto tempo ha iniziato a fare il suo mestiere, visto che ancora e ancora gli brillano gli occhi. E mi dice che ha iniziato da bambino, quando più che andare a scuola preferiva andare ‘a bottega’ in macelleria, per imparare questo mestiere. E poi piano piano, ha aperto la ‘sua’ macelleria, dove ogni giorno accoglie i suoi clienti con un sorriso allegro, una battuta e con grande professionalità. Una volta mi son fatta raccontare come si scelgono gli allevatori a cui rivolgersi, e lui da chi va e perchè. E mi ha fatto la mappa degli allevatori della zona e mi ha spiegato che lui preferisce chi alleva i propri animali all’aperto, cura la pulizia degli ambienti, non fa allevamento intensivo. Rimane sempre ‘in zona’, perchè conoscere il territorio e gli interlocutori è importante. E poi ha scelto di raccontare una parte della storia della nostra gastronomia proponendo la carne di mucca ‘podolica’, dal sapore intenso e particolare (e io ne so qualcosa, perchè preparo sempre il mio meraviglioso ‘Stracotto di podolica con cipolle rosse e primitivo’)

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Quando entro nella sua macelleria, mi colpisce la luce che c’è. Tutto bianco e pulito, con vetrate che illuminano un banco pieno di cose ‘sfiziose’, presentate su candidi vassoi, che mi fanno venire il desiderio di pianificare piatti di carne per tutta la settimana pur di assaggiarli tutti. Mi sforzo di trattenermi all’acquisto dettato dalla gola, ma esco di li sempre con cose preziose in mano. E pensare che io non mangio tanta carne rossa!

In un periodo in cui ero un pò anemica rimpiangevo un piatto che mi faceva mangiare mia nonna, la carne cruda condita. Parlo della più conosciuta ‘Tartàre’ che da noi assumeva un significato pratico, un rimedio curativo casalingo, meno ‘raffinato’ di quello che mangiamo ai ristoranti, ma di sicuro effetto. Quando ero un pò deboluccia e avevo il colore pallidino, subito mi facevano trovare sulla tavola fegato marinato con limone, straccetti di carne cruda, diaframma al sangue eccetera. E nel giro di qualche giorno mi riprendevo subito. (Forse mi son ripresa un pò troppo però…. eheheheh). Da allora non sono più riuscita a mangiare quella prelibatezza perchè non mi son più fidata della carne utilizzata… fino a quando ho incontrato Matteo. Li ho superato tutte le mie reticenze e da allora ho trovato il mio fornitore ufficiale di tartare di podolica che mi godo tranquillamente, ogni volta che ne ho bisogno. Se volete la ‘ricetta’ cliccate qui

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Inoltre per le serate in cui arrivano amici e non hai niente in frigo, o semplicemente se ti assale il desiderio improvviso, basta telefonare e ordinare il ‘Fornello’ che da noi, al sud, è una goduria. Carne, salsiccia, zampina, bombette, pollo ecc… cotti allo spiedo in forno a legna. Uno dei miti della nostra tradizione. Tu la ordini, decidi l’ora in cui deve essere pronta, e te la porti a casa, bollente, nei pacchetti di carta da forno e di alluminio. Devi solo apparecchiare la tavola, e poi da Matteo compri anche il pane, la birra, il vino, l’insalata pronta, e altre cose buoneeeee.

E sapete come si chiama questo posto? non poteva chiamarsi in altro modo: ‘Lo Sfizietto, da Matteo’, e si trova nel mio meraviglioso paese, Noci.

Adoroooo.

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Plum cake ROCK al limone

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massimo e sergio

Alle 16 ho un appuntamento. Il cielo si sta oscurando velocemente e non promette niente di buono. Ieri ho mandato un messaggio ad un mio amico col quale abbiamo lavorato insieme tempo fa, divertendomi moltissimo. Da quando sono a Roma mi è venuta la fissa di scrivere in romano. Mi fa sentire, come dire, a casa in un posto che non è casa mia. Non ho radici qui. Solo qualche radichetta che ho piantato da quando avevo 10 anni, venendo almeno una volta l’anno qui. Ed è per questo che ho accettato di venirci a vivere. Non per sempre. A spizzichi e bocconi. Due/tre settimane qui e una giù. Giusto il tempo di essere contenta di stare in un posto e poi stancarmi. Cambiare posto ed essere sempre felice di tornare nell’altro.

Dicevo, gli ho mandato un messaggio per ricordargli un invito a pranzo per parlare di lavoro. Ammazzandoci dalle risate per il mio romano abbiamo deciso, no pranzo, si caffè e vengo con un amico. L’amico lo conoscevo già, grande musicista, che fa la musica che piace a me, rock, forte, bella, ma con contenuti veri, di quelli che ti fanno pensare. Tanto lo sanno tutti quelli che mi conoscono che sotto l’aspetto angelico e solare, si nasconde in me un cuore metal, dark, che scoppia di musica dura ad alto volume. Si vabbè direte…. ma non lo dite, perchè è vero.

Mi dico, solo il caffè davvero gli faccio trovare? no, tanto che ci vuole? cinque minuti impasto un dolce, sperando che venga bene, così parliamo, beviamo il caffè caldo, un pezzo di dolce bello caldo…. E così mentre penso il dolce è già nel forno. Senza bilancia, misurato con i bicchieri, al volo, un plum cake, così me lo ritrovo anche per domani mattina per colazione.

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Alle 16 puntuali come un orologio che va bene, suona il citofono. Fuori il cielo è sempre più nero. Minaccia. Arrivano i miei amici e come nel detto ‘ora devi far piovere’, che si dice quando si fa una cosa desiderata da tempo che poi si riesce a realizzare, comincia a grandinare. Un segno del destino.

Appena entrati, ci salutiamo e assisto alla loro reazione. Nasi che annusano l’aria, capiscono quello che succede nel forno, sorrisi che si allargano e occhi che diventano sognanti. E la felicità is in the air. E comincia così un pomeriggio di brain storming intenso che porterà sicuramente a progetti interessanti. D’altro canto se si mettono insieme ‘l’omo più importante der cinema’, il più tosto dei musicisti rock, e la blogger più casinista che c’è, non può venir fuori che qualcosa di forte. Ne vedremo delle belle.

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Intanto vi do la ricetta del plum cake che, per dovere di cronaca, è durato pochi minuti, e vi lascio in attesa dei nostri progetti….

YEEEAAAHHHHHH

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Plum cake al limone

- due bicchieri di farina 00 (1 bicchiere = 200 ml scarsi)

- mezzo bicchiere di amido di mais

- tre uova

- lievito per dolci

- un bicchiere scarso di latte

- due dita di olio di semi o burro sciolto o olio extravergie di oliva leggero

- la scorza grattugiata di due limoni biologici grandi

Mescolare prima gli ingredienti solidi e poi insieme tutti i liquidi.  Mescolare energicamente con la frusta ficnhè vedrete formarsi delle bolle in superficie, che fanno plop plop

Foderare di carta da forno bagnata uno stampo da plum cake. Versare l’impasto e infornare a 180° in forno già caldo. Aspettare circa 20/30 minuti e controllare ogni tanto con lo stuzzicadenti che ne esca asciutto.

Spolverizzare con abbondante zucchero a velo e  servire con una buona marmellata, di ciliege o di mirtilli o di arance…. come preferite.

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Ciucciarelli e Taralloni di Pasqua

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Da tre giorni cerco di scrivere questo post. Ma sono stata rapita e solo ora mi hanno liberata.

E’ Pasqua, e quando è Pasqua ci sono tante cose da fare dalla domenica precedente. Anzi dal sabato. Si vanno a raccogliere i rami di ulivo. La mattina dopo si va a messa presto e alle 7 devi già stare nella villa comunale dove si riuniscono i fedeli e il prete per la benedizione degli ulivi. Il problema è che alle 7 di tutte le domeniche delle Palme fa sempre un freddo terribile e tu, che ti DEVI alzare presto, quando invece vorresti stare al caldo nel letto, visto che hai sulle spalle una settimana di alzatacce, non ce la fai proprio a sentire una forte devozione. Intanto tutto sta arrivare li. Poi vedi una distesa di rami di ulivo, portati soprattutto da chi abita nelle campagne, che preparano fasci e fasci da mettere nelle stalle per benedire gli animali, e i cesti con le palme preparate dalle donne. Vedi i loro abiti della festa, indossati per rispetto, vedi le facce serissime, il loro silenzio in attesa del rito. E tutto questo è una gran tirata di orecchie per chi come me si lamenta perchè vuole rimanere a dormire. Quindi, riportata sulla buona strada, si segue la messa (lunghissimaaaa) e alla fine si è sempre felici di scambiare auguri e rami benedetti.

E questo succede la domenica delle Palme.

Poi inizia la Settimana Santa. Si comincia a parlare fin dal lunedi del pranzo di Pasqua. Dove andiamo, cosa prepariamo, chi prepara chi, chi compra cosa. Andiamo in campagna? No, fa freddo. Ma daaai, accendiamo il camino. No, fa freddo. Dai. No. Va bene, non andiamo. E dove andiamo? a casa di mamma. E li comincia il panico. Mia madre è una persona precisissima e quando fa le cose, le fa bene. Niente ritardi, è organizzatissima. E il panico le viene perchè deve contare su di me, che sono quella dell’ultimo minuto. E già al pensiero mi picchierebbe da subito.

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E cominciamo con i ciucciarelli. Che si devono prepare in quantità industriali, perchè, visto che richiedono una preparazione abbastanza elaborata, non li fa nessuno e quindi lei, che ‘si dispiace’, li prepara per tutti. Quindi il primo giorno si impastano uova e farina in quantità. Si preparano i ciucciarelli. Si fanno asciugare per almeno un paio d’ore, meglio tre. Poi si fanno sbollentare finchè vengono a galla. Si scolano e si mettono ad asciugare su un panno pulito. (Si riempiono praticamente tutte le spianatoie della casa). Il secondo giorno si controlla se sono asciutti bene e si mettono nel cesto storico con i manici, su una tovaglia pulita e si portano al forno del paese, dove il fornaio mette un pezzo di carta con su scritto il nome ‘Celestina’ e li mette li ad aspettare il loro turno, perchè ce ne sono molti altri di cesti in fila. Li porti la mattina, il pomeriggio vai a ritirarli, cotti. Riporti il cesto a casa.

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Il giorno dopo si prepara il ‘gilèp’, la glassa di zucchero. E li prima di iniziare si fa l’appello. Delle persone che devono collaborare, cioè io, e che vengono messe sull’attenti. Poi degli attrezzi che serviranno. Si mette la tovaglia, i ciucciarelli, le spianatoie pulite, il frullino per montare gli albumi, il cucchiaio grande di legno, e si mette subito l’acqua con lo zucchero sul fuoco, senza perdere tempo. Non bisogna tenere la tv accesa sennò ti distrai, se suona il telefono si risponde ‘chiamami fra due ore che prima non posso darti soddisfazione, sto facendo il gilèp’, non devi andare nemmeno in bagno, e non ti devi allontanare dal tavolo della cucina. Devi stare li e attendere ordini. Monta gli albumi (‘li hai montati bene? a neve ferma? fammi vedere, bè, nzòmm, si può fare sempre meglio’), si controlla continuamente lo sciroppo finchè fa il filo (‘mamma lo fa il filo’, ‘no, guarda bene, a un certo punto il filo si rompe. Non si deve rompere’). E si continua a controllare, finchè sto benedetto filo non si rompe più. Solo che a quel punto bisogna correre. Prende la pentola con lo sciroppo, non importa se non ce la fa, ce la deve fare, con l’altra mano impugna lo sbattitore (il frullino di prima) e tiene vicino vicino il cucchiaio di legno che fra un pò le servirà. Comincia a versare lo sciroppo nella coppa gigante dove stanno gli albumi montati e nel frattempo va di sbattitore. Piano eh! lentissimamente. (Ordine perentorio: ‘metti due dita d’acqua nella pentola e rimettila sul fuoco, scià veloce e torna qua’). Poi quando è tutto amalgamato spegne lo sbattitore e impugna il cucchiaio, perchè la prima è l’operazione rozza ora viene quella fina. E va di cucchiaio, ‘come quando batti le fave’ e va finchè è pronto, ma questo lo sa solo lei, perchè io ci ho provato, ma lo vedo sempre uguale, prima e dopo. Però lei sa. A quel punto ti dice ‘vai a prendere l’acqua bollente che mi servirà fra un pò’. Corro, prendo e torno. ‘A-ttentiiii’ accanto al tavolo. Comincia ad immergere i ciucciarelli e piano piano a disporli sulla spianatoia, fino a formare un ricamo. Prima spianatoia piena, portala via, ‘stai attenta a non farli cadere e a non cadere pure tu, ca tu si capèsc ca t vè min, cioè che tu sei capace che cadi’, ‘portami l’altra, veloce’. Agli ordini. E così fino alla fine del gilèp, dei ciucciarelli e delle spianatoie. Ecco……

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_MG_5763Ah! quest’anno si è aggiunta una chicca. Ho voluto provare anche a fare i Taralloni, che lei non ha mai amato, perchè non sono ‘delicati’ e ‘presentabili’ come i ciucciarelli. No, sono un pò ‘materiali’. Però mi ha voluto accontentare e dopo una ricerca della ricetta perfetta, li abbiamo preparati. Salto la descrizione della ricerca perchè sarebbe troppo lunga, anche se interessante per meticolosità e tempistica e telefonate. Il problema, o meglio la causa di un’arrabbiatura che, come quando ero piccola, poteva sfociare in una mazziata, si è presentato al momento di ricoprirli di ‘gilèp’. Questi taralloni giganti si devono coprire completamente, non come i ciucciarelli, solo in superficie, e, visto che lei procedeva con precisione con il cucchiaio, io le ho detto ‘mamma fai fare a me per una volta?’ e lei prima ha detto si, poi, quando ha visto che io ho preso una pinza da cucina, ho agganciato il tarallone e l’ho inzuppato tutto nella coppa, per poco non mi suonava in testa il cucchiaio di legno perchè ha ritenuto questa operazione da ‘acciavattòn’, cioè ‘persona che fa le cose in fretta e male’. E tra un rimprovero e l’altro, abbiamo finito anche questo lavoraccio.

Giuro, mi viene un’ansiaaaa, uno stress….. E lo stesso succede a Natale, per il torrone. E quando dobbiamo fare la salsa. E quando dobbiamo preparare i pranzi, che cominciamo ad agitarci da una settimana prima. Perchè lei, la mamma, dice che non si impara mai abbastanza e che anche se imparo, lei nel frattempo ha affinato la tecnica e io devo ancora raggiungerla.

Però è vero. Lei è proprio brava e insuperabile. Non solo in cucina, ma proprio come mamma. Attenta, instancabile, invincibile, presente, sempre. Ed è mia!

Ora vado a buttarmi sul divano.

Buona Pasqua a tutti voi.

Ah già! Le ricette!!!

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I ciucciarelli

- 2 cucchiai di zucchero
- 8 uova
- 50 g di olio
- 50 g di liquore
- 1 pizzico di sale
- 1 pizzico di bicarbonato
- farina q.b.
- un cucchiaino di sale fino

Impastare gli ingredienti e formare un salame grosso da tagliare a tocchetti. Schiacciare ciascun pezzo con il matterello fino a raggiungere lo spessore di un dito. Dare la forma tipica del ciucciarello (tipo un ideogramma cinese!!!) e metterli sulla spianatoia. Portare ad ebollizione una pentola capiente di acqua e immergere i ciucciarelli pochi per volta.
Quando vengono a galla scolarli e rimetterli ad asciugare su un canovaccio. Infornare a 180°-200° o, meglio nel forno a legna, fino a quando diventano dorati e gonfi.

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I taralloni

- 12 uova

- 150 g di olio

- 1 ditale di ammoniaca

- farina q.b. per ottenere un impasto morbido ma ‘lavorabile’

Impastare gli ingredienti e formare un salame grosso da tagliare a grossi tocchi. Formare dei grossi cilindri e avvolgerli a tarallo. Metterli sulla spianatoia. Portare ad ebollizione una pentola capiente di acqua e immergerli pochi per volta.
Quando vengono a galla scolarli e rimetterli ad asciugare bene su un canovaccio. Praticare delle incisioni lungo tutta la parte centrale del tarallo. Infornare a 180° o, meglio nel forno a legna, fino a quando diventano dorati e gonfi.

Il gilèp (o giulebbe o naspro)

- 1 kg di zucchero
- 250 g di acqua
- 2 albumi

Preparare lo sciroppo di zucchero facendo bollire lo zucchero nell'acqua. Montare a neve fermissima gli albumi e, lentamente, versare lo sciroppo, mescolando.

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Pasquetta al mare

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Erano giorni che guardavamo di continuo le previsioni del tempo. Quella benedetta goccia di pioggia prevista dalle 13 alle 18 ci stava fregando ed eravamo li li per desistere e cancellare tutti i piani per un’uscita all’aria aperta. Però io ho cominciato a fare la prepotente con il meteo e mi sono convinta che quella goccia non l’avrebbe spuntata. Confidavo nel repentino cambiamento di ‘umore’ del tempo anche in positivo. Infatti non era la prima volta che le previsioni ‘portavano pioggia’ per poi stupirci con un sole caldo. Ho sempre pensato che dietro questi meteo si nasconda un sadico che si diverte a predire il peggio per non far organizzare niente alla gente. Forse un uomo solo che invidia gli altri che hanno amici e voglia di uscire.

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Due giorni prima mando un messaggio ai miei amici che dice ‘Programma per Pasquetta: nel cesto da picnic metteremo  fritta di asparagi, pizza di carne, ratatouille di verdure colorate, orecchiette con funghi, salsiccia e gnumeredd con fornacella, verdure crude, ciucciarelli, pastiera, rum, passito e macchinetta per il caffè. Interessa? ah! portiamo anche la chitarra.’-

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E così con timoroso entusiasmo (per il tempo incerto e per la paura di scoppiare dopo la maratona di Pasqua) hanno aderito 4 amici. Caricato il cesto, i viveri ancora caldi, il tavolino, altri due sgabelli, la fornacella, i carboni, la tenda parasole per ripararci in caso di pioggia, la chitarra e il fornelletto per il caffè, siamo partiti. Abbiamo scelto un pezzo di mare di cristallo, una piscina naturale, con venticello frizzante annesso, passeggiata su scogli profumati, ancora non occupato da altri vacanzieri. E dalle 13 alle 18 non ci siamo mossi. Abbiamo vissuto il primo giorno di primavera, con la spensieratezza di bambini che giocano con i racchettoni e fanno volare l’aquilone, che mangiano dimenticando ancora per un giorno la dieta, che cantano per la milionesima volta sempre le stesse canzoni, e brindano felici per una leggera sensazione di libertà. Pura e semplice come quando eravamo bambini e ci portavano il primo giorno di tepore, sulla spiaggia a giocare. E già con quei pochi raggi di sole riuscivi ad assaporare l’emozione dell’estate che è più vicina dell’inverno ormai alle spalle.

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Abbiamo vissuto una bellissima giornata ridendo e dimenticando le ansie e i pensieri, seguendo il ritmo dell’acqua trasparente sulla spiaggia, respirando l’aria di una promessa che verrà. E che avrà il sapore dei panzerotti sugli scogli, delle notti di luna piena sulla spiaggia, degli spritz al volo seguiti dagli spaghetti con le cozze. E del caldo sulla pelle e delle albe attese in campagna. Della compagnia e dei pensieri cacciati via, per godere del momento. Che tanto quello solo è sicuro ed è meglio fermarlo quando puoi. E siamo già in attesa della bella stagione. 

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Crepes Nutella e nocciole. I miei risvegli ieri e oggi

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Ingrediente Nutella - Crepes Nutella e Nocciole
Oggi mi sento ad un crocevia. Ma di quelli grandi e importanti. Dove si incrociano spazio e tempo. Dove in un istante ti sfrecciano davanti, i luoghi dove hai vissuto, dove vivi e dove non sai se andrai, e le emozioni che hai provato, quelle che ti tieni strette e quelle che, speri ancora, scoprirai. È questo stamattina il mio stato d’animo, davanti alla valigia che sto preparando. Pieno di energia ma anche di un leggero stordimento. Perché sono a metà della mia strada e porto nella mia testa un carico immenso di progetti ancora non realizzati, ma forte della convinzione che siano tutti bellissimi e che vedranno presto la luce. Il cuore, quello si che mi frega, perché è lui che segna il ritmo e da il colore alla mia giornata. Se sono felice e serena, vado come un treno e diffondo buonumore e ottimismo agli altri e a me stessa. Se c’è qualche malinconia o qualcosa di irrisolto, ecco che il grigio prende il sopravvento e mi svuoto.
Ingrediente Nutella - Crepes Nutella e Nocciole
È da poco passato ieri
Stamattina mentre mi preparavo la colazione, ancora nella penombra delle persiane chiuse, mi son tornati in mente i ricordi di quando i miei ragazzi erano piccoli e alzarsi presto la mattina significava ritagliarmi un momento solo per me, con il silenzio della casa, un primo caffè e una buona colazione con il pane e una cosa buona su da inzuppare. Erano momenti preziosi, fatti di prime luci dell’alba, di respiri tranquilli nelle stanze ancora al buio, al caldo sotto le coperte. Di risvegli con carezze e sveglie sussurrate. Di un futuro ancora da immaginare e da costruire. Ma nel frattempo erano li con me.
Pensavo io a preparare la colazione e in quello che trovavano sulla tavola, cose buone, che loro desideravano, c’era tutto il mio amore, il mio tempo, i miei occhi e le mie mani. Poi li ho spinti verso il loro futuro, su un treno, mettendo nella loro valigia, cose che gli ricordassero casa, e quaderni di ricette a cui erano abituati. Ancora questo filo delle ricette di casa funziona e giustifica le telefonate urgenti mentre stanno cucinando con i loro amici per capire bene la giusta sequenza degli ingredienti da mettere. E, ovunque io sia, in taxi, al lavoro, per strada, sono felice di parlare di ragù, di brodi e di polpette, come se fossimo insieme a cucinare.
Ingrediente Nutella - Crepes Nutella e Nocciole
Il mio risveglio oggi
Anche ora, mi sveglio presto, con gli occhi che cercano piano la luce, scosto lentamente le tende e non apro le persiane. Mi muovo lentamente nel giorno che inizia. Metto su il caffè, raccolgo qualcosa e preparo le tazze per la colazione e fisso la dispensa e il frigo aperto, per vedere un po' cosa vorrei mangiare. Faccio tutto in silenzio per non disturbare il mio amore che fra un po' si sveglierà, al profumo del caffè. E sulla tavola metto fette biscottate, biscotti, pane, marmellate, Nutella, latte, e dimentico sempre di mettere i piattini. Ho imparato a non correre più. Anzi a cominciare in lentezza la mia giornata. Basta mettere la sveglia un quarto d’ora prima. È un regalo per me stessa e per chi mi sta e starà vicino. Poi al momento opportuno correrò. Ma a colazione no.
Segreti per una colazione veloce
Ieri sera son venute a trovarmi delle amiche e ho preparato delle crepes con nutella e nocciole, così per desiderio, per voglia di qualcosa di buono, per far trovare una sorpresa a loro, a noi, che siamo sempre a dieta. Un piacere a cui abbandonarsi, con complicità. Ne ho preparato qualcuna in più e così stamattina erano li che mi tentavano, accanto alla crema e alle fragole e mi dicevano ‘dai, che ci perdi? Poi a pranzo mangerai insalata o carote scondite, ma ora che ci vuole? Un minuto solo, tre gesti semplici, mettimi nel piatto, spalmami crema e frutta, piega e voilà, cominci bene la giornata. C’è bisogno di dire come è andata a finire la colazione di stamattina? Grandi sorrisi davanti alle due tazze di caffè e il sole fuori che ci aspettava.
Ingrediente Nutella - Crepes Nutella e Nocciole










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