Torta di mele e marmellata dal quaderno di ricette della mamma
Torta Caprese
Anche se fa freddo, non so come, ma sento che sta arrivando la primavera. Sarà così che si sente la terra, quando, nonostante il gelo della notte, ostinatamente decide di rimettersi in moto e da la sveglia ai semi che dormono. E così mi sento io. Ho ripreso a fare il programma per pulire la mia campagna. Mi viene il desiderio di andare a mangiare al mare, con il cappotto si, ma non importa. E poi mi viene il desiderio di comprare bulbi da piantare. Di aspettare che esca il primo sole per riaprire le porte del trullo e mettere fuori i materassi. Anche le mucche sono già nei prati, basta mangiare foraggio al chiuso. E così anche il loro latte diventa giallo, di un giallo quasi innaturale per noi che compriamo il latte dal supermercato. Ma con un profumo! Ma questo è argomento del prossimo post. Ho preparato il formaggio… ma non vi anticipo niente ancora.
Strano periodo questo. Noi, che più che in linea siamo sempre in … ovale, con il pensiero fisso ma inutile della dieta, ora cominciamo a preoccuparci seriamente dell’estate che si avvicina e del terrore che i pantaloni bianchi dello scorso anno non entrino più… aspettiamo ancora un pò, rimandiamo, e continuiamo a tuffarci in piatti di spaghetti con le cozze e pesci al forno che da soli sarebbero dietetici, ma che, abbinati a contorni superconditi, faranno peso sui fianchi nel giro di 12 ore. Mannaggia.
Poi apri internet, apri i libri di cucina che si alternano come lettura a quelli impegnati, e scopri prepotente il desiderio di una torta che, a leggerla è semplicissima, a guardarla ti fa partire in automatico la salivazione e poi ti sorprendi perchè, guarda caso, hai tutti gli ingredienti e perchè non farla?
Attenzione è una torta pericolosa, perchè non smetteresti più di mangiarla. E, anche se non dovresti mangiarne più di un pezzo, sei tentata di non offrirla a nessuno, per timore che finisca e non ne rimanga più per te. Io, dopo aver mangiato ‘enne’ fette, in un momento di coraggio, ho detto a mio figlio ‘vai, mangiala con i tuoi amici’ e così ho allontanato la tentazione.
Pero voi, almeno per una volta nella vita, dovete prepararla e assaggiarla, e sono sicura, che ne sarete felici.
Dimenticavo, questa torta possono mangiarla anche i celiaci!
Pronti? viaaaa
Torta caprese
- 150 g di zucchero
- 150 di burro morbido
- 200 g di farina di mandorle
- 3 uova
- 180 g di cioccolato fondente
- zucchero a velo (facoltativo) o in alternativa
- panna montata + un cucchiaino di cacao (facoltativo)
Separare gli albumi dai tuorli. Montare a neve gli albumi e incorporare metà dello zucchero e tenerli da parte. Lavorare a crema l’altra metà dello zucchero con il burro. Aggiungere i tuorli uno per uno. Sciogliere a bagno maria o al microonde il cioccolato e aggiungerlo a filo alla crema. Aggiungere la farina di mandorle, un cucchiaio per volta. Alla fine incorporare gli albumi montati, e amalgamarli piano, ruotando dall’alto verso il basso, dolcemente, cercando di non smontare il composto. Rivestire una teglia con carta da forno. Versare il composto e infornare a 180° per circa 40 minuti, secondo il proprio forno. Servire con zucchero a velo o con panna montata a ciuffetti su cui potrete spolverizzare anche un pò di cacao.
Consiglio: mangiarne a seconda del proprio umore, o almeno fino a quando sentite affiorare la felicità
Formaggio Primo Sale
E qui faccio outing. Sono stanca. Direte ‘tanto piacere, chi non è stanco?’- Si ma io sono stanca di cucinare. Accorruomoooo! Se una che ha un blog di food dice questo è finita. E invece trattasi di revisione delle proprie priorità. E si… perchè il cibo è una compagnia meravigliosa, un mezzo di comunicazione, di amore, di consolazione vabbè … ma quando o per motivi di … rotondità, o per ragioni di blog comincia a creare ansia allora bisogna ridimensionare la cosa. Io non ho mai desiderato diventare una chef anche perchè per formazione, propendo più per la letteratura, e non ho voglia di impegnarmi per creare accostamenti arditi, o paste madri che poi mi muiono, o pani straordinari, o piatti stupefacenti. Io sono più un tipo pane e pomodoro, pezzettino di ventresca arrostita, o pane e marmellata, o pasta veloce inventata al momento. Io voglio parlare solo di quello che conosco e preparo a casa mia e nella terra mia. E non so portare avanti battaglie contro farina bianca, zucchero raffinato, contro chi mangia carne, o beve il latte, o non fa la dieta del limone…. madonna mia, io voglio mangiare tutto quello che mi va, anche la nutella, ecco l’ho detto, senza l’ansia di sfruculiare animi che si scandalizzano…. E allora… torno alle cose ‘di base’, quelle che stanno ‘all’inizio’. Lascio agli altri poi la voglia di trasformarle in piatti speciali.
Da tempo avevo il desiderio di preparare i formaggi semplici che qui da noi si trovano ovunque e che per questo era inutile fare in casa. Poi mi son detta che sarebbe stato bello provarci e magari insegnarlo anche ad altri. E così, dopo aver comprato il caglio, il termometro da latte, la vaschetta con la griglia, i fuscelli (anzi no, quelli li avevo già) e aver individuato la masseria giusta (di quelle che lasciano pascolare le mucche nel prato e non le nutrono solo di mangime, per intenderci), e il periodo giusto…. ho iniziato l’avventura. Perchè avventura è stata.
La prima volta più che un formaggio primo sale è venuta una ciofeca molle… Non ‘quagliava’ e sono rimasta li a pensare a cosa avevo sbagliato. La seconda volta è venuto bene. E ora vi spiego come ho fatto.
Bisogna individuare un luogo (masseria, campagna, rivenditore, a piasèr) dove vendono il latte vero.
Bisogna procurarsi un minimo di attrezzatura, quella elencata su.
e cominciare…
Formaggio primo sale
- 5 litri di latte intero e freschissimo
- 4 ml di caglio (un cucchiaio scarso)
- un cucchiaio di sale grosso
Versare il latte in una pentola di acciaio. Misurare spesso la temperatura del latte con l’apposito termometro, fino a quando raggiungerà i 70°. Attenzione non superare assolutamente questa temperatura, altrimenti non si coagulerà in maniera corretta.
Aggiungere il sale e girare per farlo sciogliere.
immergere la pentola in una vaschetta con acqua fredda fino a quando la temperatura scenderà a 40°.
Aggiungere il caglio e mescolare per almeno 3 minuti. Coprire e aspettare circa mezz’ora.
Sbriciolare la cagliata con una frusta e con un mestolo forato raccoglierla e versarla nei fuscelli, messi a scolare nella vaschetta con la griglia, per raccogliere il siero.
Lasciarlo a scolare per qualche ora, finchè si compatta.
Tutto qui.
Lemon Loaf (cake al limone)
Maledizione alle diete e a chi ci mette in testa che magro per forza deve essere bello. Eppure com’è che, se fa così tendenza essere magre, quando vado nei negozi per comprare qualcosa, le uniche taglie rimaste sono sempre quelle piccole? Perchè? ne prendete di più perchè le vostre clienti sono tutte magre e poi vi avanzano? o perchè finiscono prima quelle sulla 46, dato che sono, siamo tutte oltre la 46? E poi noi che abbiamo questo rapporto di amore con il cibo siamo ogni momento sottoposte a torture e condizionamenti dalla tv con i suoi millemilla programmi di cucina, dai giornali e dai libri con foto e idee meravigliose, e poi dalla mia mammaaaaa che anche se passo per un momento da casa sua, so già a 100 metri da casa sua cosa sta cucinando. Riconosco a distanza il profumo delle sue focacce, le melanzane ripiene, il brodo di carne, il ragùùùùùùù- Ecco solo a parlarne mi viene fame e stasera mi tocca invece insalata e fettina.
Poi un bel giorno, tra la miriade di social dove trovi tutte le idee super faccio la conoscenza di un dolce per me (credevo) nuovo. Il Lemon Loaf, che mi appare in tutto il suo splendore e profumo… e mi dico, ok lo faccio, ne mangio solo una fetta, lo distribuisco, ancora non so cosa farò, ma il dolce lo faccio e basta.
Ma non è stato semplice trovare la ricetta giusta. E si, perchè ne ho trovate di mille versioni, con quantità e ingredienti davvero diversi tra loro, a parte i limoni. E questo mi ha creato davvero qualche problemino di scelta. E così mi sono affidata al web, ho lanciato un appello e la prima ricetta che ho ricevuto, da Lydia Martucci Zecca ho deciso che l’avrei fatta. E sono felice della scelta.
Il risultato è un dolce da cuocere in uno stampo da plum cake, da inzuppare, ancora caldo, con uno sciroppo di zucchero, limone e acqua. Da mangiare, io pensavo, all’ora del thè, come una bella usanza inglese. E invece no, è un dolce bello da vedere, buono da mangiare a colazione, a merenda, all’ora del thè, dopo cena, quando hai voglia di qualcosa di buono buono, qualcosa che ti tiri su, che ti dia una spinta verso il buonumore ecc….
Ma avete visto che parlando parlando ho dimenticato completamente la parola e l’idea della dieta?
Vi prego provate a farlo e poi mi direte…..
Ecco qui la ricetta, riportata pari pari (bè insomma qualche piccola modifica l’ho fatta)
Lemon Loaf
- 350 g di farina 00
· 200 g di burro fuso
· la scorza grattugiata di 2 limoni
· 320 g di zucchero
· 3 uova
· 1 pizzico sale
· una bustina di lievito in polvere
· 250 ml di latte
· Semi di un baccello di vaniglia
Per lo sciroppo
· il succo e la buccia grattugiata di 2 limoni
· 50 g di zucchero al velo
· 100 ml di acqua
Foderare uno stampo da plumcake 30x11 con carta da forno. Scaldare il forno a 170°.
Lavorare lo zucchero con la scorza e le uova. Aggiungere la farina col lievito e il sale, e poi il latte con la vaniglia. Lavorare l’impasto finche diventa gonfio e soffice. Quindi aggiungere il burro fuso e lavorare ancora per amalgamare. (Io proverei anche con meno quantità di olio di semi, per intolleranti al lattosio)
Versare nello stampo e infornare. Non preoccupatevi se vi sembra che sia tanto l’impasto. La ricetta è proprio così… Far cuocere per 1 h e 15 minuti, o finché non prende un bel colore dorato.
Controllare la cottura interna del dolce, infilando uno stecchino di legno, che dovrà uscire asciutto. Se l’interno dovesse risultare ancora umido e l’esterno sembra cotto, coprire con carta stagnola e continuare la cottura.
Nel frattempo preparare lo sciroppo mettendo in un pentolino lo zucchero, il succo e la scorza di limone e l'acqua, portare a bollore e aspettare che si riduca, diventando un pò più denso.
Quando il dolce sarà cotto, e ancora caldo, bucherellarlo qua e la, con lo stecchino, fino alla base, lasciandolo ancora nella sua teglia. Aiutandovi con un cucchiaio, versare sulla superficie, piano piano, tutto lo sciroppo. Aspettare che si raffreddi il tutto. Tirarlo fuori dalla teglia e servire.
A scuola di cucina romana: Ciambelline al vino bianco
Serata tranquilla. Di un giorno pieno. Di una settimana ancora più piena. All’improvviso le cose, oltre alle case, cambiano. E ti ritrovi a dover cercare un nuovo spazio, da rendere comodo, dove dovrai trascorrere non sai ancora quanto tempo. Guardi fuori dalla finestra e, anche se piove, il cielo ti sembra pieno di promesse. In fondo sei nella città più bella del mondo, di cui ancora, nonostante ci vieni da sempre, conosci pochissimo. C’è un mondo fuori dal giro dei turisti, che è pura magia. E’ quel mondo fatto di vicoli persi, mille chiese e mille mercati, dove basta andare armata di macchina fotografica, quaderno per gli appunti, borsa capiente per la spesa, appetito e tempo a disposizione, e ti senti già ricca per le cose che impari e prendi.
Scorrendo le pagine del mio blog, molto spesso si ritrovano le mie puntate infinite alla libreria che amo di più al mondo, dove ogni volta che vengo qui, mi rifugio per leggere, pensare, scrivere e prendere appunti sul mio quaderno. E così mi ritrovo coperta da pile di libri, con quaderno aperto e tazzina di ‘marocchino’ con cacao, a trascorrere ore e ore. E li che nascono le mie idee….
Mille sono le cose che stanno nascendo. La prima è stata ‘Sono a Roma? e allora devo imparare per davvero la cucina romana’. E così, ho dedicato molto del mio tempo per studiare, e ho fatto l’elenco delle ricette da provare. E così tra un abbacchio alla cacciatora, un carciofo alla giudia, una vignarola e una coratella ai carciofi, l’elenco è stato presto completato. Dalle pagine dei libri venivano fuori immagini e profumi immaginati che mi hanno intrigato. Il giorno dopo, quaderno di appunti in borsa, sono andata a far la spesa al mercato del Testaccio, dove si impazzisce alla vista di carciofi romaneschi giganti, zucchina, bietolina rossa, agretti e cicoria.
E dove trovi ancora il macellaio che ti spiega qual è il pezzo migliore dell’abbacchio da fare alla cacciatora o a scottadito o con le patate al forno. Ti avvolge la carne ancora nella carta e non nelle vaschette di polistirolo e ti regala pure il rosmarino e la mentuccia, a mazzetto. Poi, visto che mezzogiorno arriva come niente, hai fame e ti fermi un momento a mangiare un panino con ‘allesso e cicoria’, che dire buono è riduttivo. Ti siedi al centro del mercato, dove ci sono tavolini per i clienti, ascolti la musica di un gruppo jazz che è li per promuovere il loro ultimo lavoro e torni a casa, con la volontà di cucinare una cenetta fantastica. E allora per prima cosa…. si mette a marinare l’agnello e… si prepara il pane e il dolce per il dopo cena. Le ciambelline croccanti al vino bianco e, volendo anche all’anice.
Per oggi, mi fermo, che già è ora di preparare ancora la cena. Ma continuerò questo diario… in fondo che gusto c’è a viverle da sola le mie scoperte?
Ciambelline al vino bianco
ingredienti per circa 20 ciambelline:
- un bicchiere di olio extravergine di oliva
- un bicchiere di vino bianco profumato
- un bicchiere di zucchero + abbondante zucchero dove ‘rotolare’ le ciambelline (ma poi lo recuperate)
- un pizzico di sale
- mezzo cucchiaino di semi di anice (facoltativo)
- farina 00 q.b.
In una ciotola mescolare tutti gli ingredienti e aggiungere piano la farina, fino a quando si arriverà alla consistenza di una palla che si può maneggiare.
Far riposare per una mezz’ora. Riprendere l’impasto e formare delle palline delle dimensioni di una noce grossa.
Per ricavare le ciambelline ci sono due modi. O fare un buco al centro con un dito e allargarlo, oppure fare un cilindro e poi ‘acciambellarlo’ come fosse un tarallo.
Quindi posarlo in un recipiente dove avrete versato abbondante zucchero. Con le mani ‘appiattire’ la ciambellina, che deve risultare proprio schiacciata. Avvolgetela da entrambi i lati con lo zucchero e posatela su una placca da forno dove avrete steso un foglio di carta da forno.
Infornare a 160° fino a quando diventeranno dorate.
Sono buonissime così, ma superlative se inzuppate nel passito o in un buon vino bianco dolce e profumato.
Storie di donne
Quello che oggi scrivo ha il sapore agrodolce. Ed è una riflessione. Non una ricetta.
Sono rientrata da poco da Roma e ho trovato ad attendermi grandi entusiasmi per il mio ritorno. Amiche che, nonostante non ci si veda per giorni e a volte mesi, hanno sentito la mia mancanza, dicendo che ‘almeno sapevamo che eri qui, raggiungibile, e che al primo accenno sarebbe stato facile vedersi’. E, chi vedendo di nuovo la mia macchina in giro, chi sapeva già che sarei tornata, chi aveva già chiamato prima per fissare un caffè,… ho raccolto qui e la abbracci e scambiato racconti e progetti di vita. E così, davanti ad un tavolo, sigaretta e caffè e pranzo già avviato che bolle, sedute in macchina come da ragazze, alla luce di un lampione di strada, o in campagna, in mezzo alle cicorielle, siamo tornate a regalarci parole piene di storie passate, delusioni subite e speranze in un imminente cambiamento. E, in un solo giorno, ho raccolto, non solo sorrisi e gioia, ma anche storie malinconiche di donne.
E, carica di questo tesoro di confidenze sono tornata a casa.
Saranno parole banali quelle che dirò, lo so. Ma non c’è latitudine di questo mondo, ne data sul calendario, in questa infinita linea del tempo, che non continui a raccontare sempre e ‘banalmente’ la stessa storia. Storie di donne che hanno donato sempre TUTTO il loro tempo e le proprie energie per accudire marito e figli, che a lungo andare hanno ritenuto OVVIO e NORMALE il loro dono. Le loro parole, i loro desideri, le loro delusioni, non hanno mai trovato orecchie attente o voglia di essere capite e hanno generato muri in cui si sono lentamente ritirate e isolate, perdendo ogni voglia di riprovarci, tanto…. a che serve? Le poche che hanno avuto il coraggio di andare via hanno ricevuto in cambio solo incomprensione anche dalle proprie madri, urla e strepiti dai propri ex che continuavano a non capire, che le hanno guardate, stupiti, come delle poco di buono, che rivendicavano un proprio spazio, per poi trovare subito ‘un’altra’ ‘in sostituzione di’, dopo di che si sono calmati un pò, ‘mollando figli e cani’, per sistemarsi in una nuova divertente vita.
Diverse sono le storie, qui senza nome, ma in cui potrebbero ritrovarsi tutte. Una che parla di un marito ‘addormentato’, incrociato solo a colazione, a cui si fanno trovare pronte camicie pulite e calzini, e che si saluta, senza manco più un bacio, per ritrovarsi di sfuggita di sera, troppo stanchi anche per parlare. E di che poi? ‘cosa ne capisce lei dei problemi di lavoro di lui?’. L’ha lasciato, dopo anni di riflessioni dolorose fatte in silenzio, lui ha detto ‘capisco’, ha accettato, tempo un mese e nella sua vita (di lui!) è entrata una nuova donna che non permette più alla prima di ‘accostarsi’ all’ex. Nessun tentativo di riprovarci, niente, solo tanta ‘comprensione’ e una semplice parola ‘fine’.
La seconda. Donna meravigliosa, considerata da sempre una stupida da un marito farfallone. Stupito e addirittura scandalizzato dalla richiesta di considerazione, o zittita in malo modo ‘tanto cosa capisci tu’, dopo una sua opinione molto apprezzata. Se ci provi a mollarlo diventa violento e allora che fai? aspetti che i figli crescano, magari vadano via…. e poi si vedrà.
Donne mollate anche dai propri genitori, che spesso parteggiano per quel genero tanto bravo, che porta i soldi a casa, e che non ti fa mancare niente. Hai una bella casa, dei figli, perchè vuoi andare a lavorare? la laurea che hai serve a te, per una ricchezza interiore, di cosa ti lamenti? Come? vuoi andare via? cambiare città? casa? ma perchèèè? perchè???’ Cosa ti manca???
E’ la solita vecchia storia di donne che, nonostante le minigonne, i cortei, l’apparente autonomia conquistata con un lavoro, ricadono negli stessi errori. Si fidano e si infilano in matrimoni che diventeranno la solita vecchia prigione, gestita dall’egoismo di un uomo. . .
Meno male che almeno tra donne si apre il proprio cuore e ci si regala uno sfogo che ha il potere di un balsamo. Ci si sente capite e magari anche spinte a scappare via…..
Che strano…. scrivevo questi testi al liceo, tanto che il mio professore all’ultimo tema del quinto, la cui traccia parlava di problemi del terzo mondo, mi scrisse un giudizio che ricordo ancora ‘ Anna, ho capito che la condizione femminile e le ingiustizie ti appassionano, ma non puoi continuare a fare per cinque anni di liceo, per ogni tema, un giro di parole per parlarne sempre…. Tanto giri e tanto volti che sempre li arrivi. L’ho capito, ora vai oltre’.
Ma, caro amato professore, come possiamo andare oltre, se ancora ascoltiamo storie come quelle che ho raccontato?…..
E ne è passato di tempo….
Et voilà…… il mio corso di Pasticceria Francese
Qualche giorno fa i miei abbracci erano molto ambiti. Perchè ero circondata da un profumo davvero buono. Profumo di zucchero e bacche di vaniglia, di crema chantilly, di creme agli agrumi, di sfoglie e frolle e caramello e mou. E abbracciarmi portava felicità. La stessa felicità che io ho provato e vissuto per due giorni quando ho deciso di seguire un corso di pasticceria francese organizzato dall’Istituto Eccelsa (*). Ogni tanto, in preda alla mia voglia di imparare, mi iscrivo e seguo alcuni dei tanti corsi che organizzano. Sono fantastici! sempre interessantissimi, con postazioni singole, come piace a me, con tutta l’attrezzatura che serve e con docenti preparatissimi e serissimi che ti tengono incollata con le loro spiegazioni per 8 ore al giorno, per due giorni, e ti fanno mettere ‘le mani in pasta’ e ti insegnano davvero tanto. Belli tutti i corsi che organizzano, rivolti sia agli esperti nel settore con corsi di specializzazione, che ai semplici appassionati di cucina che vogliono partecipare a corsi amatoriali, ma di alto livello. E poi soprattutto ora che, oltre ad essere la sede della Federazione Italiana Cuochi (F.I.C), è anche la sede della Federazione Italiana Pasticceria Gelateria e Cioccolateria (F.I.P), è diventata davvero un serio punto di riferimento per chi vuole fare di quest’arte la sua professione.
Così ho conosciuto Rita Busalacchi (**), ex collaboratrice del notissimo Luca Montersino e grande appassionata di pasticceria francese. Siciliana doc, è riuscita a coniugare grande professionalità, autorevolezza e simpatia travolgente, in due giorni di corso. Chiarissima nelle spiegazioni, tanto da far sembrare naturale qualsiasi procedimento complicato, fortemente motivante nei momenti di incertezza (miei), capace di alleggerire con simpatia i momenti di stanchezza, è riuscita a dare un ritmo serrato a questo corso, permettendoci di imparare davvero tante cose, facendoci stupire del nostro stesso risultato. Rita è una donna davvero speciale. Quando parla della sua esperienza francese, dei grandi maestri pasticceri da cui ha imparato l’arte della raffinatezza nei dolci, le si illuminano di entusiasmo i suoi bellissimi occhi azzurri. Sono occhi capaci di sognare i suoi, sia quando parla del suo lavoro che è la sua passione, che quando parla della sua terra, la Sicilia, ricca di profumi e sapori unici. E così siamo stati ‘catturati’ dalle sue belle lezioni. Volete un’idea del nutrito programma di lavoro che abbiamo seguito? Abbiamo imparato a preparare:
- un’originale Tarte Tatin, profumata di mele e caramello,
- la Tartre citron-meringue con crema al limone e meringa italiana,
- la torta Profumi di Sicilia con crumble di mandorle, Biscuit al limone e crema all’arancia e limone
- la Torta Sinfonia di cioccolato, con sucrèe al cioccolato, biscuit al cioccolato e cremoso al cioccolato e Chantilly al cioccolato bianco e vaniglia
- la Torta Dolce pistacchio, con biscuit Trocadero al pistacchio, gelèe al lampone e crema pasticcera
- gli Eclair alla nocciola, con ganache montata e croccante alla nocciola
- Pate a choux e craquelin per le Religieuse
- la Saint’Honorè di croccante sfoglia e choux ripieni di crema e tuffati nel caramello
Insomma, si sente il profumo????
Grande corso, grande pasticcera e grande scuola. Se vi è venuto il desiderio, c’è ancora un’altra data disponibile, il 29-30 aprile p.v. E potrete vivere anche voi la mia stessa esperienza… profumata e dolce.
(*)ECCELSAè stata riconfermata, anche per il 2015, unica sede formativa ufficiale per il sud Italia della Federazione Italiana Cuochi (F.I.C.), l’ente di categoria che associa cuochi professionisti, chef patron, ristoratori, docenti e allievi degli istituti alberghieri sul territorio nazionale. Un importante riconoscimento per ECCELSA, al quale si affianca il prestigio di avere in programmazione percorsi formativi consigliati dalla F.I.C. stessa.
Da pochi giorni, ECCELSA è diventata anche sede formativa ufficiale regionale della Federazione Italiana Pasticceria Gelateria e Cioccolateria (F.I.P.), unica per la provincia di Bari, Brindisi e Taranto. Una collaborazione nata per promuovere nuove e interessanti attività a livello formativo e informativo legate al mondo dell’arte dolce, di cui ECCELSA è espressione. Una collaborazione che nasce dalla condivisione di intenti e valori tra cui la formazione di alto livello per i professionisti, l’organizzazione di eventi, la promozione e lo sviluppo del comparto artigianale tipico italiano. Un contesto d’eccellenza all’interno dei quali i corsi di pasticceria ECCELSA hanno ottenuto il riconoscimento di “Corsi Consigliati da F.I.P.”. La F.I.P. è un comparto della Federazione Internazionale Pasticceria Gelateria Cioccolateria operante nel settore dell’arte dolce. Con una presenza radicata su tutto il territorio italiano, annovera fra i propri associati pasticceri, gelatieri, cioccolatieri e cuochi e mira a unire le diverse realtà esistenti per rafforzarne la collaborazione e ottenere la crescita di tutto il settore e dei prodotti Made in Italy.
(**) Rita Busalacchi, nata a Palermo, inizia il suo percorso formativo nel mondo dolce presso la Boscolo Etoile Academy dopo aver conseguito una laurea quinquennale all’università di Chimica e Tecnologia Farmaceutiche di Palermo.
Da sempre appassionata di pasticceria e di chimica, trova il modo di unire le sue due passioni quando nel 2011 incontra lo chef Luca Montersino, con cui inizia una collaborazione professionale. Le sue conoscenze chimiche, combinate alle forti tecniche e basi di pasticceria dello chef Montersino, danno vita alla stesura di ricettari e di due libri pubblicati nel 2012, «I Marzagiochi» e «Peccati Mignon», nei quali sono stati fatti studi approfonditi su materiali gelificanti alternativi.
Oltre alla forte passione per la chimica, coltiva da anni una grande passione per la pasticceria francese sulla quale basa molti dei suoi studi e, nell’estate del 2014, consegue due importanti esperienze lavorative presso la Michalak Masterclass (chef pasticcere di Alain Ducasse) e presso il rinomato laboratorio di Pierre Hermè a Parigi.
Il Mediterraneo in Terrazza. Social Eating a Roma
Vita ballerina la mia. E ballata a ritmo allegro, non lento.
E rieccoci in ballo per una nuova avventura. L’ho accennata, lanciata poco tempo fa su facebook, ma ora qui ve ne parlo in maniera più dettagliata, anche perchè la data è prossima e i fuochi sono già accesi.
Ormai mi muovo tra Roma e la mia amata terra di Puglia e chi mi conosce sa che non posso stare mai ferma. Come quei bambini che non possono essere ‘scolarizzati’ perchè non sanno stare mai seduti nel banco per più di 10 minuti. Ecco io sono così. Troppe cose belle ci sono nella vita, tutte da imparare, da scoprire, di cui gioire. E io che ho sempre gli occhi aperti, sgranati sul mondo che mi circonda, e la curiosità di un bambino piccolo, non posso che sentirmi sempre ‘imprisciata’ (rallegrata) nell’organizzare le cose che desidero. E condividerle con tutti.
Nelle belle serate passate con gli amici romani, ci siamo ritrovati molte volte a parlare della cucina della terra, della cucina di una volta, quella semplice, e della fortuna di essere nata in un posto baciato dal sole e dal clima mite del mediterraneo. E così è nata l’idea di poter organizzare una cena con persone amiche e … non ancora amiche. Persone che si vogliono conoscere e condividere il piacere di una buona tavola mediterranea, e di due chiacchiere leggere e allegre tra amici. E dove? E perchè non scegliere una bella terrazza romana, aperta se fa caldo o chiusa se tira il ponentino? una bella terrazza con veranda a vetri, con piante e, all’occorrenza, anche un caminetto? Insomma una terrazza romana inverno/estate, da animare con i nostri incontri e i miei piatti tipici.
E così è nata la mia prima cena di social eating, ‘IL Mediterraneo in Terrazza’, organizzata per il 16 aprile prossimo, cioè giovedi prossimo per l’esattezza. Preparerò per chi avrà il piacere di cenare con noi, friselle e bruschette, Purè di fave con mille contorni, un secondo di verdura a sorpresa e dolce con vincotto di fichi.(*) E vi farò conoscere dei vini della mia terra, le cui storie vi faranno sognare. Se per il 16 non ce la fate, fatemelo sapere, perchè è già in programma un’altra data. Per le prenotazioni e maggiori informazioni sul contributo potete contattarmi alla mia mail annagentiledg@yahoo.it. Oppure sulla pagina facebook dell’evento. Ci sono solo 10 posti e già delle prenotazioni. Quindi fate in fretta. Vi aspetto.
(*) In caso di irreperibilità di alcuni ingredienti, mi riservo la possibilità di variare i piatti riportati in locandina, assicurando sempre la tipicità delle ricette.
Dopo la cena…. le foto!!!
La mia Irlanda
Ho rubato più di 700 foto e son tornata.
E ora le lascio scorrere e scorrere sullo schermo e, chiudendo gli occhi per un momento, immagino e sogno di essere ancora li. Le foto, i video girati lungo le strade, gli appunti presi. Troppo poco un post, due post sul mio blog per poter raccontare. E allora, ho deciso di raccontare con l’ausilio delle immagini, tante immagini, quello che ho vissuto.
Ho desiderato tanto andare in Irlanda e, quasi per caso, ci sono andata. Ho rimandato sempre perché volevo avere a disposizione un bel po’ di giorni per andarci e viverla con calma. Lo scorso ottobre ho dovuto rimandare per un impegno improvviso un viaggio in Marocco e al momento di riutilizzare il biglietto istintivamente ho deciso di cambiare oltre alla data anche la destinazione e così … è arrivata lei nei miei pensieri. Si va in Irlanda. A fine aprile. Ma almeno per 8 giorni. Presa la decisione, chiuso il cassetto e rimandato il piano di viaggio. Volevo avere tempo per sognare.
Ed eccoci qui, già con le valige pronte, sull’aereo in volo, in un cielo con davvero mille sfumature di grigio, che lasciano immaginare solo pioggia e buio sull’intera isola, con il cuore che batte a mille. Fra due ore e mezza toccherò finalmente la terra d’Irlanda.
HO sempre pensato, senza sapere perché, di aver vissuto qui, in qualche ipotetica vita precedente. E ho anche scoperto che questa sensazione è comune a molte persone. E ho anche capito che tanto si immagina sull’Irlanda, frutto di racconti e fiabe, di occhi sognanti che al ritorno dal viaggio parlano più delle parole. E quando finalmente ci vai, vivi diverse sensazioni che vanno dalla delusione all’amore, passando per le tappe dello stupore. Per spiegare quest’ultima affermazione ho bisogno di parlarvi del mio viaggio, giorno per giorno e farvi viaggiare con me.
Non potrò farlo qui, perchè del mio racconto sta venendo fuori quasi un libro, che magari potrà tornare utile a chi deciderà di andare e vivere il nostro stesso percorso.
Qui potrò solo dare un assaggio, lascio un appunto delle tappe e qualche foto. Seguirà un pdf da scaricare….
1° giorno – Arrivo a Dublino con compagnia low cost. 2 ore 3 mezza di volo sorvolando nuvole dense e grigie. Ma di fronte a noi c’era un sole forte e grande emozione. All’arrivo piove ma non ci importa. Ritiriamo la macchia e comincia l’avventura della guida a sinistra. No problem, solo un livello di attenzione maggiore per le prime strade, poi ti abitui. Arrivo in un hotel fantastico, antica dimora immersa in un parco immenso. Stanchi ma felici, cena in camera, perchè è un pò tardi e primo incontro con salmone irlandese e soda bread.
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2° giorno – Approccio violento ma entusiasta con la tipica colazione irlandese. Convinta che la conoscenza di un luogo passa anche attraverso il cibo, mi tuffo serenamente in questa immensa quantità di grassi e colesterolo, ma mi sento felice. Dobbiamo affrontare un’intera giornata fuori, con un programma di massima abbastanza impegnativo. Quindi…..
- direzione Trinity College.
‘The book of Kells’ e ‘The Long Room’. Mi viene da piangere per quanto sono contenta. Piove, ma a chi importa. Break in un pub per un caffè bollente e uno scones con uvetta, e poi ancora in giro e in giro.
‘Christ Church’ e Cattedrale di San Patrick
Cena a Temple Bar con musica irlandese e ritorno in albergo.
3° giorno – Ancora Dublino. Visita a casa di James Joyce. Accidentaccio, arriviamo ma non è ancora aperta, ci sono orari affissi, incompatibili con i nostri tempi. Pazienza. ‘Porte chiuse, visita fatta’, come si dice da noi. Continuiamo il giro senza meta, per assaporare l’aria della città. Torniamo a prendere la macchina e via, per iniziare il nostro tour dell’Irlanda. Primo assaggio del verde, dei cieli e del mare.
arrivo in serata al primo B&B di questo viaggio e……
continuo alla prossima puntata…..
baci
La bella stagione arriva: progetti nuovi e una ricetta leggera: Scialatielli con zucchine romanesche e fiori di zucca freschi.
Sono seduta nella mia terrazza romana, con l’aria fresca che mi accarezza e mi ricorda ancora e sempre quanto è bella questa città in tutte le stagioni. Ma soprattutto ora, che non c’è più il freddo e non c’è ancora il caldo afoso che a breve arriverà. Ora ovunque gli alberi sono verdi di foglie nuove, sono tornati gli uccelli che cantano a squarciagola coprendo a volte anche il rumore del traffico, pensa un pò…. E io ho la fortuna di avere una bella terrazza dove al tramonto mi siedo, bevo qualcosa di fresco e scrivo.
Sono nuova di qui e ancora c’è molto da fare per fare di questa casa la mia casa. E sono qui che faccio schizzi e progetti nuovi per le serate che verranno, e penso a come arredare e non spendere una fortuna. Però già me le immagino le mie cene a lume di candela o sotto il pergolato, con gli amici che preparano con me cose buone e ridono e vivono con me questo nuovo momento. I trasferimenti non sono mai indolori, soprattutto se lasci qualcosa che ami e da cui torni sempre volentieri. Ma diventa tutto più facile se ad aspettarti qui c’è qualcos’altro che ti piace.
Quindi cerco di prendere quello che di buono c’è ovunque. E di fare di ogni luogo casa mia.
Poco tempo fa su facebook girava una pubblicità che mi ha incuriosita. Foto molto belle e curate, di oggetti di arredamento, mobili, tessuti, complementi di arredo ecc, molto vicini ai miei gusti, e con prezzi non esagerati, anzi a volte addirittura convenientissimi. ‘Passeggiando nel sito ho trovato una immensa gamma di prodotti per la casa, giardino, uscite fuori porta, ecc… che si possono scegliere, valutare e comprare direttamente da casa. E così per ‘abbreviare’ i tempi ho lanciato un sondaggio su fb stesso per sapere se altri lo conoscessero o avessero fatto acquisti. Insomma per chiedere informazioni. E così ho scoperto che dal sitoDalani.it, moltissimi miei amici avevano comprato tante cose belle ed erano anche molto soddisfatti della qualità, del rapporto qualità/prezzo, della serietà, della celerità delle consegne ecc….. E così ho già preso un bel pò di appunti e conto di affidarmi a loro per gli acquisti di cui parlavo prima.
E dato che tra i progetti da realizzare ci saranno non solo cene in terrazza, ma anche incontri sull’erba nei parchi di Roma, con picnic e letture belle, guardate un pò cosa ho già ordinato?
E questi sono gli ‘appunti’ che ho preso per la campagna, la terrazza ecc…..
E, a proposito della bella stagione che si avvicina, ora parliamo di cose leggere, veloci e buone da mangiare. Qui ormai vado ogni giorno a fare la spesa ai mercati rionali che sono uno spettacolo di colori, di profumi e soprattutto di prodotti freschi. E’ già tempo di zucchine romanesche qui e ricche di fiori bellissimi. Queste zucchine sono tenerissime, saporite e facili da cucinare. Basta solo aggiungere un filo d’olio, una cipolla fresca, un pò di acqua ed è pronto un bel condimento per qualsiasi pasta. Io ho scelto degli scialatielli. Ecco qua la ricetta….
Scialatielli con zucchine romanesche e fiori freschi
(per due persone)
- 4 zucchine romanesche con i loro fiori
- una cipolla bianca fresca
- due cucchiai di olio extravergine di oliva
- 120 g di scialatielli
- prezzemolo fresco
In una pentola bassa versare l’olio e la cipolla affettata con le zucchine lavate e tagliate a rondelle.
Tenere da parte i fiori.
Soffriggere per un pò e coprire di acqua calda. Salare e portare a cottura. Le zucchine romanesche sono tenere e cuociono presto. Quando pensate che manchi almeno un minuto per completare la cottura, aggiungere i fiori. Quando saranno appassiti, spegnere.
Lessare gli scialatielli in acqua salata bollente. Scolare e mescolare la pasta alle zucchine. aggiungere del prezzemolo fresco, ancora un filo d’olio crudo e servire.
Il vuoto riempito e il tempo che scorre: storia di un compleanno
Nasciamo con l’occhio positivo o il pensiero negativo. L’essere nomadi e con la sensazione che manchi la terra sotto i piedi, può essere vissuta come triste precarietà o come opportunità di incontro. La vita che scorre, ti fa vedere come in time lapse i nostri figli che crescono velocemente e le strade che diventano sempre più distanti. E ti assale la voglia di rincorrerli ed acchiapparli per tenerli ancora per un pò abbracciati.
Come quando li accompagni al treno e li spingi su, dicendo ‘vai vai’ e poi sali di corsa ancora per un momento per stringerli a te. E ti concentri su quel momento, perchè in quell’abbraccio siete solo voi due, è solo tuo e basta. E chiudi gli occhi e te lo prendi tutto il suo profumo.
I figli crescono, vanno via, e io sono a mia volta figlia e vado via. E ritrovo nello sguardo e nella malinconia della mia mamma, la stessa mia tristezza e lo stesso mio vuoto quando vanno via loro. Questa benedetta ruota che gira, dovrebbe pur insegnarmi qualcosa, ma il cuore segue le sue vie, misteriose e senza ragione. Comanda lui.
Ma oggi è giorno di festa. Le nostre strade si sono incrociate. E lui è qui con me. E me lo guardo, mio figlio, che ancora dorme e, come in un viaggio veloce nel tempo, torno a casa con loro piccoli che fra un minuto si sveglieranno per andare a scuola e prima di dire ‘è ora’ me li guardo ancora un pò e catturo anche quel momento solo mio, solo nostro.
E immagino che il suo è lo stesso sonno sereno e la stessa sensazione di pace che continuo a provare anch’io quando mi appisolo sul divano di mamma mia. Li, in quel porto sicuro, dove niente mi può far male, perchè c’è lei che mi copre e mi guarda.
Oggi è il compleanno di mio figlio, il maggiore. e abbiamo deciso di festeggiarlo a Roma e ne sono felice. Non so ancora come lo festeggeremo, ma so già che si impasterà il pane buono e caldo, si preparerà una torta che piace a lui, sarà quella di mele o quella cioccolatosa, non so, berremo qualcosa di buono, passeggeremo per le strade più belle di questa città, mangeremo un gelato, lo abbraccerò e me lo bacerò a più non posso, parleremo di tutto e lo guarderò negli occhi. E poi domani ci saluteremo.
Ancora non so se questi incontri al volo tra di noi, riempiano il mio cuore o me lo straziano al momento dei saluti. Perchè dei figli non se ne ha mai abbastanza.
Si è madri in maniere differenti. C’è chi apprezza la ritrovata ‘libertà’, chi non sa ancora cosa sia questa ‘libertà’ e non sa cosa l’aspetta, chi se li tiene stretti accanto e non li fa andare via, chi ride di tutto questo, e chi non si pone nemmeno il problema.
Io per ora me lo tengo stretto al cuore e vado.
Genesi di un pranzo all’ultimo minuto: Minestra di riso e verdure e frittata di lampascioni
Giornate sempre piene le nostre e non sempre con un perchè. Fatto sta che corriamo e, anche se sembra aver finito tutto l’elenco delle cose da fare, eccallà che prendiamo subito carta e penna per scrivere ancora, e un altro elenco compare.
Mi capita ogni tanto di mettere tutto in ordine, ma davvero tutto. Evidentemente, essendo una condizione ‘spuria’, cioè saltuaria e rarissima, non ci sono più abituata e la cosa mi crea un pò di disagio, tanto che appena finito, guardo soddisfatta il risultato del mio sudore, faccio foto, la pubblico, annunciando al mondo l’evento e mi domando…. ‘e ora che faccio?’. E subito comincio a preparare qualche ricetta a fare foto ecc, perchè un set intonso da riempire è un’occasione imperdibile.
Oggi sono forzatamente in casa perchè c’è l’operaio che sta facendo i lavori in terrazza. Poverino, sotto il sole, ma d’inverno non si possono fare che piove, quindi provvedo a portargli ogni tanto acqua fresca, caffè, biscottini eccetera. Lui ringrazia e continua. Intanto devo completare una dispensa per un corso che terrò la prossima settimana, e per il pranzo devo mettere su qualcosa.
E vi faccio un esempio di come possono nascere delle ottime ricette.
Ieri sera ho preparato un pò di riso in bianco, ma ne era rimasto proprio pochino nella confezione e allora che fai? lasci li uno scatolone con una manciatina di riso? Per quando? per le prossime occasioni di solitudine e depressione estrema? no. Allora l’ho cucinato tutto e ora ho già pronta una ciotolina di riso cotto al dente.
Forse passa di qui una mia amica e spero resti con me a pranzo. Poi…. non posso uscire di casa per fare la spesa perchè l’operaio non si può lasciare da solo e rovisto nel frigo. Ma… io sono appena rientrata e il frigo piange. Non ho avuto il tempo di fare la spesa. Che c’è? ben poco…
- Cinque peperoni verdi piccoli, di cui uno mezzo ‘andato’, una patata,
- 3 carotine ammosciate e vecchiotte,
- una busta di carta piena di erbe aromatiche del mio trullo, (rosmarino, timo, alloro, menta, origano),
- uno scalogno sopravvissuto e uno spicchio di aglio un pò secco.
Inoltre
- un uovo,
- una crosta di pecorino,
- tre lampascioni avanzati della cena mediterranea, ma tanto quelli non diventano vecchi.
Vabbè… cominciamo, (oggi la ricetta ve la scrivo così):
Lavo bene patata carote ed elimino la parte della buccia davvero malandata. Taglio a rondelle. Via nella pentola.
Lavo bene i peperoni, elimino le parti andate e i semi e taglio a pezzettini. Via nella pentola.
Taglio scalogno e aglio che vanno a far compagnia al resto.
‘Raschio’ un pò la parte esterna della scorza del pecorino e la tengo da parte.
Pulisco i 3 lampascioni e li metto a cuocere in un pentolino mini coperte d’acqua.
Verso un pò di olio nella pentola delle verdure e aggiungo due foglie di alloro e un rametto di rosmarino. Poco sale grosso. Faccio soffriggere dolcemente. Dopodichè aggiungo acqua e faccio cuocere. Aggiungo la scorza del pecorino che diventerà molle, insaporirà il tutto e beato chi la mangerà.
Aspetto che si riduca un pò l’acqua, e quando le verdure sono ormai cotte verso per un minuto il riso giusto per farlo riscaldare e insaporire.
Questa è una minestra sempre buona, da far raffreddare un pò prima di gustarla.
Nell’attesa schiacciate i lampascioni e aggiungete un uovo, un pò di formaggio (ricavato dalla scorza di pecorino, prima di tuffarla nel brodo), un pò di prezzemolo se ce l’avete, altrimenti un pò di rosmarino e/o timo. Sbattete il tutto con una forchetta e fatene una frittata con un pò di olio caldo in una padella.
E ora corro. Per il pranzo abbiamo risolto. Per la cena vediamo.
Le foto sono fatte al volo, non sono un granchè, ma il pranzo era da re.
Una pagina di diario e le rose di sfoglia con mele e uvetta al rum
E continua il mio diario romano, con le mie nuove scoperte, e la voglia di fare e organizzare sempre più piena di entusiasmo. Ora sono alle prese con la terrazza, cosa preziosa in una città come questa. Aveva bisogno di lavori per essere rimessa a nuovo e ora siamo in ballo con operai, intonaco, pitturazioni, idropulitrice, fogature da rifare, piante da comprare, arredo da inventarsi…. il tutto si spera a prezzi mooooolto economici. Infatti vedremo un pò cosa partorirà la mia fantasia con i pallet. Chi ha soluzioni belle ed economiche mi scriva pure. Ora mi ritrovo nella veste ormai a me nota di capocantiere che combatte con ritmi lenti di operai che non capisco molto quando parlano perchè usano un linguaggio molto personale. ‘Signora hai tobo?’ Oppure, ‘Signora pe piascere mi dai muscio?’… ecc… Questo vorrei annotarlo per un libro che avrei voluto scrivere tempo fa… Ricordate il muratore del trullo che metteva la parola ‘ciabbattola’ ovunque, con una mimica che faceva da supporto per le varianti di significato? Quello dell’intonaco di Bressanone?
Per il momento sono contenta al sol pensiero di quello che qui organizzerò, delle persone che inviterò, e delle cose buone che preparerò. Intanto comincio a fare un elenco, spero di non dimenticare nessuno. Ma come per tutti i miei progetti, già immagino una bella serata di estate, con profumi di fiori intorno, musica e amici ……. Vedremo.
Per ora si lavora, si organizzano corsi di cucina, cene social con l’aiuto di amici, e si studia alla ricerca di ricette sempre più semplici e sempre più light. E laddove manca il ‘light’, si opta per il buono che fa bene al cuore. E questa ricetta di oggi che ormai impazza sul web su tutti i blog e su tutte le bacheche di facebook, l’ho fatta anch’io e devo dire che è davvero un’ottima idea veloce, valida per colazioni raffinate, per il caffè con le amiche, dolce per cene improvvise, e per momenti che hanno bisogno di dolcezza.
Rose di pasta sfoglia con mele e uvetta al rum
per 8 rose
- un rotolo di pasta sfoglia
- due mele biologiche
-una noce di burro
- un cucchiaio raso di zucchero di canna
- una scorza di limone grattugiata
-un cucchiaio di uvetta ammollata nel rum
Lavare per bene le mele. Tagliarle in quattro spicchi e privarle di torsoli e semi. Tagliare ogni pezzo a fettine e metterle a rosolare per qualche minuto in una padella larga con il burro, il limone e lo zucchero di canna. Devono rimanere sode.
Ricavare 8 strisce con la pasta sfoglia. Lungo ciascuna striscia e sulla metà superiore, distribuire le fettine di mela accavallate facendo in modo che sporgano un pò dal bordo. Aggiungere qua e la l’uvetta precedentemente ammollata nel rum e ripiegare sulle mele la parte inferiore della sfoglia.
Quindi arrotolare questo nastro per formare delle rose.
Infornare a 180°/200° fino a doratura.
Servire tiepide e spolverizzate di zucchero a velo ( e cannella per chi gradisce)
La mia Irlanda, continua…
Vi avviso, questo post è lunghissimo. Tanto quanto il mio viaggio. Ma se volete viaggiare con me…..
E continua qui il mio viaggio in Irlanda. Dopo aver lasciato Dublino, unico assaggio di una grande città, ci immergiamo nel vero spirito di questa terra, fatto di verde, di sapori semplici e unici, di coste mozzafiato, di sorrisi e gentilezza e di cieli immensi.
Abbiamo percorso quasi 1500 km e mille sono stati i tuffi al cuore, ad ogni curva, ad ogni alito di vento che spazzava via le nuvole e all’improvviso cambiavano i colori intorno.
Riassumo brevemente l’itinerario e poi lascerò parlare le foto. Le pubblicherò grandi, per farvi guardare attraverso i miei occhi quello che io ho visto e spero vi arrivi anche quello che io ho provato.
Nel prossimo post inserirò anche la ricetta del pane irlandese, l’Irish brown soda bread, di cui ho ricevuto tante ricette, tutte diverse, da ogni persona che ho conosciuto. Era diventato quasi un gioco ‘vediamo com’è la sua ricetta’…. e giù con le varianti personali, tutte buonissime. Ma per questo post parliamo solo di … aria d’Irlanda.
- Terzo giorno.
Il terzo giorno, dicevo, siamo partiti da Dublino. Intorno a noi, per tanti km solo strade piene di verde, campagna bella e ricca di ginestre selvatiche che colorano di giallo questa terra dai colori che cambiano continuamente grazie al cielo. Prima tappa: un ruscello per strada, per parlare con un bizzarro contadino con una spilla che recitava ‘I’m older but not wiser’ che incrociava fili d’erba per farne amuleti tra sacro e profano, da appendere sulla porta di casa.
ci dirigiamo quindi verso le rovine dell’antico monastero di Glendalough, immerso nel verde, di prati e percorsi da vivere nel silenzio.
Arrivo a Kilkenny, in un delizioso B&B dove Helen la proprietaria ci accoglie e ci regala mille informazioni utilissime per il nostro breve tour del luogo. Ma siamo stanchi, quindi rimandiamo alla colazione del giorno dopo l’aspetto turistico. Troppo freddo (2 gradi), troppa fame, placata da un paio di belle salsiccione con patate, cipolle, piselli, e pane. Birra scura, musica irlandese dal vivo e a nanna.
- quarto giorno.
Colazione fantastica, preparata da Helen, Soda bread con marmellata di fragole e burro. Frutta a volontà, caffè nero e latte. Valige pronte, andiamo a fare il nostro giro a Kilkenny. Il castello è bellissimo e la cittadina vale una passeggiata. Compriamo soda bread (ancora, ormai è una fissa), raccolgo informazioni e ricette da un panificio. Negozi di porcellane e calde coperte di lana, da visitare. Costicchiano, ma sono belle. Per strada, passeggiando, il cielo, questo cielo ci segue e ci sorprende sempre. E’ tutto grigio intorno, ma ci pensano porte e abiti coloratissimi a ravvivare il paesaggio.
Partenza per Killerney, il cielo ci segue e ci accompagna per tutta la strada. Arrivo ad un B&B così così. Cena discreta a base di salmone e verdure. E pioggia, ma quanta pioggia!!! uff
- Quinto giorno.
E qui comincia la parte più bella del nostro viaggio. Si parte per ‘The Ring of Kerry’ e ci aspetta un bel giro che durerà tutta la giornata. Colazione con Eggs and Bacon, Pane e caffè nero. E via.
Arriviamo alla costa e di li è tutta una magia. Arriviamo all’isola di Valentia, con le sue casette colorate e il ponte che bisogna attraversare per poter iniziare una salita che ci porta alla prima vista mozzafiato. Si sale in cima, con la macchina e laddove la strada finisce, ti regala un panorama unico. Orizzonte immenso e nuvole piene di pioggia che si alternano a cieli chiari e puliti. Bello, bello davvero. Ma ancora non sapevo che di li a poco mi avrebbe travolto una delle esperienze più forti ed emozionanti della mia vita.
Cliffs of PortMagee, delle scogliere di una bellezza…violenta, che si impongono agli occhi con la forza immensa dell’acqua nera e turchese di un oceano che si infrange su queste rocce nere e piene di alghe, vive di colonie di uccelli che volano, padroni di un luogo e di un cielo che è solo loro. Non mi vergogno nel dire che sono scoppiata a piangere per l’emozione. Ero ammaliata, incantata da tutto questo e l’emozione è stata davvero troppo forte. Sono rimasta li per un pò, non riuscivo a staccarmi da quella vista, anche se faceva un freddo incredibile e la piogga faceva male sul viso, dato che il vento era fortissimo. Mi son dovuta allontanare a malincuore, solo ripromettendomi che li un giorno ci tornerò. In un rifugio lungo la strada ci rifocilliamo con una zuppa bollente di verdure e una crostata al rabarbaro buonissima. Ripartiamo, senza aver prenotato alcun B&B. Ci godiamo il viaggio con il finestrino aperto, con il freddo che entra, ma non importa. E’ troppo bella questa costa. Scogliere immense e bellissime, che si affacciano sull’oceano. Non possiamo ignorarle. E ce le godiamo tutte.
Decidiamo di fermarci in un paesino chiamato Tralee, e bussiamo letteralmente di porta in porta, dove c’è il cartello B&B per chiedere se c’è posto. Così all’avventura. Il primo è al completo, il secondo è nostro. Ci accoglie un signore magro, Tim, gentilissimo come un irlandese e ci dice che c’è posto, ci fa visitare la stanza, di cui ci innamoriamo subito e portiamo su le valige. Sembra di stare nella casa di Harry Potter, con il sottoscala, la carta da parati a fiori, il camino di ferro, piccola piccola ma accogliente. Insomma bella e il proprietario da conoscere. Ci indica un buon posto dove mangiare, e li andiamo. Cena con agnello, patate e verdure, birra scura e musica irlandese. Ottimo. E si va a dormire.
Sesto giorno
Tim è un meraviglioso padrone di casa. Ci prepara una colazione da sogno. Pancakes con sciroppo d’acero e frutta fresca, caffè nero, pane nero, burro e marmellata. Ci consiglia di prendere un traghetto per ‘saltare’ un pezzo di strada e così ci dirigiamo a Shannon. Ci accompagnano ancora cielo e nuvole, l’oceano e l’aria fresca di Irlanda.
E poi finalmente arriviamo alle Cliffs of Moher, dove non puoi fare altro che inchinarti alla bellezza e imponenza della natura. Non ci sono parole …
Arriviamo in serata a Galway, in un B&B suggerito da Tim. Ottimo suggerimento. A casa di Frank e Joan, conosciamo due persone gentili, ospitali, con un ottimo gusto per l’arredamento e un senso of humor delizioso. Dormiamo distrutti e prepariamo il programma per il giorno dopo.
Settimo giorno
Colazione con bagels, salmone, relish e formaggio spalmabile. Caffè nero e l’irish bread più buono del viaggio. Joan mi accoglie in cucina e mi da la ricetta (ennesima, ma sarà quella definitiva per me). Frank mi regala un barattolo di relish e la ricetta degli scones. Ci da consigli sulla strada da percorrere e partiamo.
E via verso Kylemore Abbey. Non possiamo distogliere lo sguardo da quello che ci circonda e sorprende ad ogni curva. Laghi con un acqua nerissima e lucente che sbucano all’improvviso ovunque, cimiteri con croci celtiche ovunque, pecore con testa e piedi neri e pennellate colorate sul dorso. Praticamente ci distruggiamo per la stanchezza, ma siamo avidi e desiderosi di raccogliere quanto più possibile. Domani si torna a casa.
Bene….. siamo giunti alla fine di questo viaggio.
So che siete stanchi ma spero che, come me, vi siate goduti tutta la passeggiata e tutto questo fantastico cielo.
Al prossimo viaggio.
La speranza viaggia in autobus
Sono in autobus e attraverso questa splendida città. Migliaia di turisti felici e accaldati fuori. Intorno a me, sotto quest'aria condizionata a palla, tutti gli occhi sono bassi e attenti allo schermo del cellulare. Una signora anziana, con una maglietta verdina, una borsa grande piena di panni accanto, una piccola borsa stretta in grembo, guarda fuori dal finestrino e intorno a se, un pò spaesata. E guarda e guarda. Ma gli altri guardano solo il cellulare. L'autobus frena all'ennesima fermata. Scende gente, ne sale altra. Altri cellulari e sguardi distratti. Tra questi una piccola donna, anziana, con un bel vestito a righe colorate, si siede di fronte alla signora con la maglietta verde. Si sorridono educate. una guarda ancora fuori e intorno. La sua aria spaurita non accenna a rasserenarsi. Sembra una storia di tutti i giorni, su tutti gli autobus e in tutte le città. Guardo anch'io fuori dal finestrino, come una che si sente sempre turista in questo posto.
All'improvviso sento una voce:
- ' ma sa che ha gli occhi belli come il cielo?'
- 'come?'
- Si signora, ha degli occhi bellissimi, del colore del cielo'
....
E così cominciano a parlare tra loro.
Sono due donne anziane. Quella spaurita è ucraina, in Italia da 9 anni, che ha appena perso il lavoro. Era a servizio ma non serviva più e l’hanno mandata via. E ora nei sui occhi azzurri come il cielo c'è solo paura per il futuro.
L'altra, la signora dal vestito a righe colorate, è solo una persona gentile che le ha rivolto un complimento semplice e spontaneo.
E da li cominciano a raccontarsi. E alla fine si scambiano indirizzi e consigli per un centro di ascolto che 'tanto aiuta la gente per bene'.
E' arrivata la mia fermata. E io scendo più ricca di speranza. Forse in questo mondo c'è ancora amore. E qualcuno che ti guarda negli occhi. E qualcuno che ancora vede il cielo.
Una favola, il pane più facile del mondo: Brown soda bread
Io soffro terribilmente per il caldo. Stamattina mi sono svegliata che già ero una mongolfiera. E per di più pure incazzata nera perchè non ho dormito bene. Non si può dormire con l’aria condizionata, il ventilatore fa rumore, non c’è speranza di un pò di corrente, quindi è inutile tenere spalancate tutte le finestre tanto entrano solo zanzare, ma non aria. Quindi che fare? ti alzi e guardi l’alba. Passeggi nervosa dentro e fuori casa, metti le mani sotto il getto dell’acqua, aspettando che diventi fresca, ma pagherai l’eccedenza di sicuro prima che si svuotino tutti i tubi roventi.
E poi mi sento stupida perchè mi arrabbio per queste cose, quando intorno a me c’è gente che ha problemi ben più gravi. E magari, non si alza nemmeno dal letto, per il caldo, perchè non ha nemmeno il letto. E così aspetto la luce.
Ho deciso da tempo che voglio poche cose essenziali intorno a me, ma davvero poche. E così mi capita di non fare la spesa e di dovermi accontentare con quello che ho, finchè svuoto del tutto la dispensa. E mi ritrovo senza pane, senza frutta, senza pomodori, insomma ti sembra di essere quasi senza tutto ….
Poi arriva una mia amica, che viene qui a parlarmi di un progetto che sta realizzando con i bambini. Scova per loro dei libri dai mercatini, raduna intorno a se tanti piccoli e comincia a leggere. E grazie al suo modo di rendere vive le parole, la magia inizia e i bambini restano incantati e vorrebbero che questo gioco non finisse mai. Starei ore ad ascoltarla e le chiedo di leggermi qualche pagina. E resto impigliata anch’io nella rete delle favole. All’improvviso torno bambina, o forse bambini restiamo sempre dentro, solo che ci forziamo di sembrare grandi. Sono belli i racconti, com’è bello seguire il filo di un cantastorie e perdersi, come quando nessuno ci trovava nulla di strano nei nostri occhi sognanti.
Torno alla realtà e mi rendo conto nel frattempo che non ho niente da offrire, manco per accompagnare il caffè. E decido di inventare con quello che c’è-
E così trascorro insieme alla mia amica cantastorie una pomeriggio di… favola. Impastando il pane più facile del mondo, e mangiando pane e marmellata, sulla mia terrazza e parlando fino a che la luce è andata via. E ora vi do una delle tante ricette di questo pane, di cui vi ho tanto parlato nel post sull’Irlanda. Provate e fatemi sapere come lo trovate.
Brown soda bread
- 450 g farina integrale
- 220 g di farina bianca
- 2 cucchiaini di zucchero
- 1 cucchiaino di bicarbonato
- 1 pizzico di sale
- 1 uovo
- 2 vasetti di yogurt bianco
- 450 ml di latte
Mescolare prima gli ingredienti solidi e a parte tutti quelli liquidi
Mescolarli tutti insieme e lavorare con un cucchiaio di legno
Versare in tre stampi piccoli X plumcake
O uno grande e uno piccolo
Riempire lo stampo per metà o max x 2/3
Cospargere la superficie di semi a piacere
Infornare x mezz'ora a 210 gradi e per altri venti minuti a 190 gradi
Muffin della mezzanotte
E si, è inutile, stasera non riesco proprio a dormire. Il sonno non arriva. E’ quasi mezzanotte e sulle spalle ho tutta la dieta di questo mondo che mi pesa. Inutilmente poi. Seguo a puntino tutte le indicazioni ma non succede niente, anzi per il caldo sembra che fa un pò mi solleverò levitando, (o lievitando?). Mannaggia alla ‘costituzione’ fisica. E mannaggia a questo desiderio di dolce che mi sta prendendo stasera. Ho cercato di tamponare con una pesca, ma la voglia di cioccolato si è fatta una ‘grassa’ risata. Dicendo, sono qua. Ti prego ti prego ti prego dammi un pò di dolce. Ma in casa non ho niente. Dico. Ma di pronto, dico… ma magari qualcosa potrei inventarmi … dico. Ma a mezzanotte? E quando urla l’emergenza, Anna risponde. Tanto non dormo lo stesso.
Allora mi alzo dal divano, apro tutte le persiane. Per fortuna l’aria si è rinfrescata. Vedo cosa posso inventarmi con quel che c’è. Apro il libro ma dovrò fare una modifica sostanziosa alla ricetta. E parto.
E che ci vuole?
E così mezz’ora dopo sulla tavola ci sono ben 7 muffin al cioccolato fondente caldi e fumanti di cui….. ne assaggerò solo metà, (la metà di uno eh!) rimandando a domani il resto. Prometto che mangio l’altra metà a colazione, 5 li regalo e ne conservo uno solo per un altro momento di follia.
Mi sento già meglio.
Scusate le foto, ma a quest’ora come volete che vengano, senza sole, con il cellulare e con la mano che trema per la debolezza?
Muffin della mezzanotte
- 150 g di farina per dolci
- 15 g di cacao amaro
- mezza bustina di lievito per dolci
- 80 g di zucchero di canna
- 35 g di olio extravergne di oliva, o di burro o di margarina o di olio di semi di arachidi
- un uovo
- 160 g di yogurt bianco
mescolare prima tutti gli ingredienti solidi e poi aggiungere tutti gli ingredienti liquidi mescolati tra loro.
Riempire per 2/3 7 pirottini e infornare a 200° per circa 20 minuti, fino a quando saranno ben gonfi.
Buonanotte.
Storia di caldo, di casa e di frisella
Ero in autostrada e, sotto il sole cocente, tornavo a Roma. Avevo lasciato la mia Puglia e questa volta avevo anche sofferto perchè avevo lasciato alle spalle anche il mio mare azzurro e trasparente. Quello che piace a me, quasi fermo, con le correnti ghiacciate che ti sorprendono e ti fanno mancare il respiro, quando le incroci. Mi era venuta la nostalgia dell’emigrante e questa cosa non mi piaceva affatto. Intanto mi lasciavo incantare dal paesaggio che cambiava continuamente. Dalla paradossale leggerezza delle pale eoliche che indolenti ruotavano al vento, spingendole li in alto, disseminate qua e la su colline ben arate, ora verdi, fra un pò gialle e arse per il caldo. E ogni tanto mi godevo la vista di paesi arrampicati sul basse montagne, belli, ma belli davvero. E riflettevo ad ogni cartellone degli autogrill che diceva ‘Sei in un paese meraviglioso’, pensando che era vero. Ad ogni autogrill, come a voler sottolineare la diversità di ogni punto di questo nostro paese, accomunato solo da una bellezza struggente.
La costante del viaggio era stata quindi la malinconia. Per una campagna ed un mare lasciato (anche se per poco) alle spalle. Per una serie infinita di posti dove mi piacerebbe vivere. Per il caldo patito lungo la strada, che mi abbatteva non solo il fisico. Per un caldo che sicuramente avrei dovuto affrontare una volta a Roma, che mi avrebbe impedito di uscire di giorno. Per essere costretta a vivere come i vampiri che, alle prime luci dell’alba, cominciano a tremare per la paura.
Intanto il web mi accompagnava lungo la strada, con gli scambi sempre più frenetici sui social, dove si, è bello esserci, ma che da un pò di tempo cominciava a darmi l’impressione di una piazza troppo affollata dove tutti pur di far sentire la propria voce, gridano, sempre di più, e si spintonano, e alzano la mano, e si sforzano di ‘fare gli splendidi’, per farsi notare. E anche tutta questa energia altrui, mi stancava. Fisicamente proprio…. E cominciavo a riflettere sulla direzione che forse avrei dovuto prendere prima o poi…
Intanto mi arrivano messaggi degli amici in attesa del mio ritorno. Ma dove sei? Sei partita? quando arrivi? Chiamami quando ci sei, perchè oggi ti porto a vedere un posto meraviglioso…. e così via.
E intanto sole e strada e caldo. E malinconia.
Finalmente la coda che chiudeva l’autostrada e precedeva la nuova frenesia delle strade di città, di chi tornava al lavoro, accellerando, rientrando nella normale sensazione ansiosa di essere in ritardo. E di chi invece affrontava con coraggio il traffico per andare nella propria direzione.
Scaricai le valige, sempre troppe per questi weekend veloci, con le solite cose terrone da mangiare, friselle, cocomeri, cacioricotta ecc…. per non spezzare il filo che mi tiene legata al ‘trullo’. Una specie di filo d’Arianna che ti garantisce di tornare alla libertà… ‘Che scema che sono’, penso ogni volta.
Entrai in una casa accaldata che mi aspettava pulita e al semibuio. Mi arrivò un messaggio impaziente di un’amica… ‘Allora?'. E la mia risposta fu…. ‘Finalmente sono a casa’.
E li mi sorpresi a pensare che era la prima volta che pronunciavo questa frase ‘Sono a casa’. E capii che finalmente qualcosa era scattato. Ero a casa mia. Un’altra, ancora, ma casa mia.
Ed una nuova sensazione si fece strada. Allora fuori le friselle per un pasto veloce che combatte il caldo e mi da energia. E poi via, in giro per la città, alla scoperta di questo posto meraviglioso.
Frisella integrale con zucchine crude al limone, prosciutto crudo e cacioricotta
- una frisella integrale
- due fette di prosciutto crudo
- una zucchina freschissima e biologica
- cacioricotta da grattugiare (ricotta salata per i non pugliesi)
- sale grosso e fino
- limone
- olio extravergine di oliva
Lavare e spuntare la zucchina.
Con un pelapatate tagliare tanti ‘nastri’ di zucchina che metterete in una ciotola capiente senza schiacciarli.
Cospargete una manciata di sale grosso sulle zucchine per far perdere l’acqua di vegetazione e lasciarle così per almeno una decina di minuti.
Sciacquare le zucchine e strizzarle bene facendo attenzione a non romperle. Conditele con succo di limone e olio extravergine di oliva. Assaggiatele prima di mettere il sale per vedere se vanno bene così o no.
Bagnare la frisella poco prima di mangiarla, altrimenti si ammorbidisce troppo.
Quindi disporre le due fette di prosciutto, i nastri di zucchina e, le scaglie di cacioricotta.
Versate un pò dell’olio e limone delle zucchine e buon appetito.
Pausa
Pranzo all’ombra con riso venere, verdure, gamberi e erbe aromatiche
Le persiane sono chiuse. Anche la porta è accostata. Il ventilatore ruota freneticamente e fra un pò decolla. Intanto intorno tutto vibra di questo vento spinto dalle pale. La tovaglia, la gonna, lo strofinaccio poggiato sulla sedia. Ogni tanto vola qualche tovagliolino di carta lasciato sul tavolo. Fa caldo, ma proprio tanto. E, visto che proprio lo deve fare perchè siamo in estate, visto che non serve a niente lamentarsi o strepitare, allora ricorro al vecchio metodo dell’oooommmmm, del restare calma, della distrazione, dell’indifferenza.
E così cammino scalza in casa, evitando le mattonelle in prossimità della luce. vesto con una cosa leggerissima di cotone, faccio la limonata con ghiaccio, zucchero e menta, a portata di sete, lascio filtrare la luce quanto basta per non inciampare e aspetto il tramonto e l’ombra che verrà.
Ricordo che da bambina non avvertivo per niente il caldo dei pomeriggi assolati, quando piuttosto che andare a riposare come volevano i grandi, avrei preferito continuare a giocare fuori sulla veranda. E anche quando da ragazza si andava in spiaggia, rigorosamente all’ora di pranzo, solo con il telo sotto il braccio e le infradito ai piedi… Senza ombrellone, senza ombra, senza ripari. Solo sole e mare, e amici accanto.
Vai ora vai, al mare senza la tenda verde di decathlon al seguito, o senza la protezione totale… oppure vedi se riesci a mettere il naso fuori di casa prima delle 18…
E vabbè si cambia. E intanto devo trovare un compromesso con mio figlio che con ‘tutta quest’aria condizionata (28° ndr)’ sente freddo.
intanto …. OMMMMMM….
Cucino con mooolta lentezza una cosa buona e fresca. Abbondante così basterà anche per cena.
E, nell’ombra del mio rifugio, si accendono i colori.
Riso venere con verdure, gamberi e erbe profumate.
- fiori di zucchina
- peperone rosso e giallo
- zucchina
- cipolla rossa
- gamberi freschi sgusciati
- riso venere
- prezzemolo basilico e a piacere le erbe che preferite
Lessare il riso venere in abbondantissima acqua salata. Scolare e passare sotto il getto dell’acqua fredda per farla raffreddare subito
Rosolare le verdure lavate e tagliate in olio. Lasciarle un pò croccanti.
Quasi alla fine aggiungere i gamberi e farli cuocere velocemente.
Tagliuzzare le erbe.
Assemblare riso, verdure, gamberi e erbe.
Un filo d’olio extravergine di oliva e via.