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Cous cous dolce alle spezie di Natale

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C’era una volta una principessa….. Essa aveva tante virtù. Era bella, allegra, piena di vita e di entusiamo per tutte le cose belle, amava parlare e parlare, circondarsi di cose profumate, preparare piatti prelibati, per i quali svolgeva luuuuuuunghissime ricerche e, soprattutto, amava condividere con grande generosità, tutto quello che imparava. Ogni volta che scovava una ricetta particolare la trascriveva sul suo grande quaderno e la conservava per i momenti speciali. E fu così che un giorno decise che aveva già raccolto abbastanza spunti per poter organizzare una cena sontuosa in occasione del Natale,  a cui invitare i suoi amici più cari. E fu così che un bel giorno i suoi amici ricevettero una missiva in cui si annunciava per la tal sera e per il tal luogo (la sua dimora) una cena, a cui solo pochi eletti avrebbero partecipato. Solo coloro che tra le liste della sua vita erano annoverati come ‘amici veri’ (come spesso accade nelle liste di tutti noi) e assolutamente nessuno che appartenesse alle liste ‘amici occasionali’, ‘amici che vogliono diventare per forza amici’, ‘amici che vogliono essere invitati per forza’…. ecc……

E fu così che il giorno stabilito gli invitati giunsero alla sua porta. Ad accoglierli c’erano la principessa e il suo principe, vestiti con abiti luccicanti. E grande fu lo stupore degli invitati quando, entrando, attraverso le luci soffuse, poterono godere della vista di un luogo magico.

All’ingresso c’erano abiti sontuosi, gioielli e profumi a disposizione di coloro che volevano indossarli. Un angolo colmo di spezie rare ai piedi di un Budda dorato, con cartelli che contenevano indicazioni sulle proprietà delle spezie stesse e su come utilizzarle. Ed erano le spezie che avrebbero assaggiato nei loro piatti quella sera. Un angolo con candele colorate e piatti colmi di fiori, che circondavano una grande teiera con del caldo Karkadè di benvenuto per gli ospiti. E tutto intorno candele, candelieri, tappeti e cuscini e musica suadente. E sulla splendida tavola piatti colorati, caldi e profumati cominciarono a deliziare i sensi degli ospiti. Zuppa di ceci con coriandolo e limone, zuppa di mele con composte di ananas, kiwi, cipolle e fichi d’india, tenero pollo al curry, e pane azzimo e tanti altri tipi di pane per prendere dal piatto questi cibi meravigliosi.

E, a seguire, tra i tanti dolci preparati, gli ospiti furono stupiti da datteri al cioccolato, torte antiche di spezie, creme al latte al profumo di rosa e cous cous speziato.

E la magia durò per tutta la notte……

E il bello di questa favola è che è VERA e che la principessa (principessa Caterina) è amica mia, e io, grazie a lei, vivo sempre queste favole.

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Cous cous alle spezie di Natale

(x 5-6 persone)

- 400 g di cous cous precotto

- 2 melograni

- buccia grattugiata di 1 arancia biologica

- 2 gherigli di noci tritati grossolanamente

- 2 cucchiai di uva passa (da ammollare in acqua tiepida)

- 150 g di miele di castagno

- frutta disidratata a piacere

- 20 g di burro

- mezzo cucchiaino di cannella in polvere

- cioccolato al peperoncino a pezzetti

Seguire le istruzioni per preparare il couscous precotto, quini versarlo in un’insalatiera e con una forchetta lavorare bene i grani x separarli. Versare il burro morbido e amalgamarlo ben bene, aggiungendo il miele, le noci, l’uvetta, la buccia dell’arancia, i chicchi di melagrana.

Amalgamare bene il tutto e continuare ad aggiungere la cannella.  Prima di servire come ultimo ingrediente aggiungere il cioccolato al peperoncino a scaglie. IN due ciotole preparare la frutta disidratata che ciascun commensale a proprio piacere potrà aggiungere.

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Angel Cake

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Siamo in una bolla. Che però non scoppia. Perchè contenuta in altre bolle dure a scoppiare anche loro. Le bolle sono le false convinzioni. La vita è vita solo se piena di progetti e sogni da realizzare, perchè è nella natura umana sognare. Ma qualcosa ci tiene paralizzati, fermi nello stesso posto e ci convince dell’impossibiilità di un cambiamento. La peggiore convinzione è che ‘non ce la farò mai’, la seconda ‘a chi vuoi che importi’, la terza ‘è troppo tardi, sono vecchio’, la quarta ‘e se succede qualcosa?’, la quinta ‘che dirà la gente?’, la sesta ‘ma in fondo chi me lo fa fare?’…. e così via.

E così vedi sfumare  le occasioni, i treni che passano per sempre, gli altri che invece si buttano, saluti chi decide di andar via e scrollarsi la polvere, ma, soprattutto vedi consumarsi  il tempo. E si, perchè è solo quello che ti frega. Perchè i sogni restano ma lui non torna più.

Mi direte, ‘vuoi fare la saggia con noi e dispensi buoni consigli mattutini?’, no no, mi sto guardando e sto parlando a me stessa e a chi, come me, rimanda e rimanda….

Quindi stamattina, svegliamoci un pò…. Rimettiamo in moto le buone intenzioni, magari limitiamole al possibile, doccia, trucco, sorriso e pronti per partire. Fuori dalla porta la vita ci aspetta. Siamo o non siamo guerriere?

Oggi vi suggerisco questo dolce leggero leggero fatto solo con albumi e senza tuorli. Per chi volesse illudersi che basta questo per dimagrire senza rinunciare al piacere. Come nelle migliori pubblicità di dolcificanti.

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Angel Food Cake

180 g di farina 00

un pizzico di sale

12 albumi a temperatura ambiente

1 cucchiaino di cremor tartaro

240 g di zucchero

1 bacca di vaniglia

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Accendete il forno a 180° statico. Separare gli albumi dai tuorli (che utilizzerete per altre preparazioni o surgelerete in un contenitore per ghiaccio) Versare gli albumi in una planetaria con la frusta e cominciate a montarli a neve. Aggiungete poco per volta prima il cremor tartaro, poi lo zucchero, i semi della bacca di vaniglia e continuare a lavorare finchè si arriva alla consistenza di neve fermissima (sollevando la frusta formerà dei picchi immobili).

Setacciare piano piano la farina e inglobarla negli albumi con una spatola, con un movimento dall’alto verso il basso, cercando di non smontare la neve. Foderare lo stampo da Angel Cake con carta da forno (anche il buco centrale e la base!) e con molta delicatezza versare l’impasto, scuotendo di tanto in tanto per non far formare le bolle. Infornare per circa 40 minuti. Controllate la cottura con uno stecchino di legno (quello per fare gli spiedini). Sfornate, capovolgete su una gratella e lasciate che si stacchi da solo. Far raffreddare. Prima di servire spolverizzatelo con abbondante zucchero a velo o cono strato sottilissimo di panna e accompagnarlo con coulis di frutti a piacere o sciroppi fatti con acqua, zucchero e liquore preferito.

Ricominciamo dall’inizio

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Scusate il silenzio. Ero a corto di parole, forse anche di sentimenti. Ho trattenuto il fiato, passeggiando in mezzo a fiumi di panettoni, di dolci strepitosi che altri hanno preparato e mostrato sul web, ho ascoltato i mille canti di auguri, e finalmente è arrivato il giorno di Santo Stefano. Quest’anno è andata così e ci sono cose contro cui la ragione nulla può. Deve soccombere allo strano accomodarsi di un’anima che non riesce a volare.

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Anche l’albero ha dovuto lottare contro la mia indifferenza per farsi aprire i rami. Ho preso dal garage lo scatolone che è rimasto li diversi giorni a stazionare nel salotto, finchè una sera, tardi, molto tardi, ho deciso che forse era il caso di montare un pò di spirito natalizio. Ho agganciato tutti i rami  e li sono rimasti per altri tre giorni, chiusi, senza luci e con le palle a terra, in attesa. Un giorno son tornata e ho trovato i rami aperti e sistemati, speranzosi. Mio figlio ha deciso che era ora di dare un suggerimento. E così ho deciso di riempirlo di luci, ma piano, una serie al giorno. Ma nonostante le quasi 2000 lucine, restava sempre poco luminoso. E così ho appeso delle palle rosse, e delle stelle d’argento, ma solo con un enorme sforzo siamo riusciti a riconoscere in lui lo spirito del Natale. Poverino. Si è sforzato, ha brillato, si è retto dritto e orgoglioso nel suo ruolo più importante, ogni tanto rifletteva anche la luce del sole, e alla fine l’ho accettato per rispetto. 

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Il presepe. Se deve essere un’idea di povertà, bè in quello ci sono riuscita. La Madonna, San Giuseppe, il Bambinello, con i re Magi, stanchi di tutti questi ripetuti viaggi, e le tre pecorelle con il pastore, hanno riposato su un tappeto di sacco, povero e per me importante. Come capanna la corteccia che mi ha regalato un albero secco della campagna del trullo. Poche luci e molte candele.

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Ecco, le candele hanno riscaldato il mio Natale. Tante, sempre accese, ovunque, per regalare luce e profumi. Anche sulla tavola del pranzo ce n’erano tante. E mi è piaciuto preparare un antipasto insolito, fatto di pane (alla cipolla, integrale, di semola) e formaggio e cose dolci da abbinare. C’era sempre qualcosa di dolce che accompagnava. Le confetture con le riduzioni di vini diversi per i formaggi, la ricotta lavorata e coperta di miele profumato, la caponata preparata con i mirtilli secchi al posto dell’uvetta, la melagrana dolcissima che aiutava l’insalata di sola rucola, ecc….

 

E questo il mio Natale.

E ora pensiamo ad iniziare un nuovo anno che spero migliore di quello appena concluso. E mi piace pensare a fissare i primi progetti per riuscire a guardare un pò più in là e fissare una data, una meta verso la quale dirigermi. Tenendomi strette accanto a me le mie certezze. I miei amori, la mia famiglia, le mie passioni, la mia voglia di scrivere, di condividere; i miei amici, le mille e mille strade incrociate da cui guardare nuovi orizzonti; i tanti viaggi che voglio fare; i mille libri che voglio leggere, soprattutto i libri di poesie che ho ricevuto grazie allo swap che quest’anno ha ancora regalato emozioni; e i libri che voglio scrivere; e le parole che, spero, ho ancora voglia di regalare.

Ricominciamo da qui.

Buoni progetti e Sereno Anno Nuovo a tutti voi

buona fortuna

Istruzioni per come concludere un anno vecchio e iniziarne un altro nuovo

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E’ iniziato il periodo dell’essenziale. Ma come per gli stati d’animo positivi che nascono solo dopo che si è toccato il fondo della disperazione, così la nostra consapevolezza a tavola ha bisogno di un momento di delirio prima di iniziare la meditazione ascetica. Una specie di catarsi inevitabile seppur piacevolissima. Come dire che prima di entrare nel paradiso dell’estasi che deriva dal digiuno, abbiamo volutamente attraversato l’inferno interessantissimo dei piaceri del palato.

Le foto, scattate con telefonini e luci basse e caldissime, secondo me rendono più delle parole.

Il racconto del mea culpa è questo.

Ogni anno festeggiamo con tutti i nostri amici l’ultimo giorno dell’anno (come tutti gli altri giorni del resto!!!). E allora ci inventiamo degli incontri prima per decidere se farlo o no, poi dove farlo (e li ci vogliono circa 3 o 4 sedute), poi gli incontri con le discussioni sui vari menù da proporre, poi l’incontro delle donne per la cernita finale, poi l’incontro per andare a fare la spesa insieme, e li si cambiano sicuramente almeno due delle portate già decise e frutto di spreco di parole e intenzioni, e poi arriva il 31.

Il 31 si sta insieme dalla mattina, si comincia a sfilettare, tagliuzzare, programmare le prime cotture, sistemare i tavoli e gli addobbi, e si accendono i fuochi. Naturalmente si dividono i compiti a seconda delle propensioni e cominciano a sprigionarsi qua e la profumi e vapori che ci confermano la giustezza delle decisioni prese.

Accanto alla propria postazione un bicchiere di vino che accellera l’allegria man mano che si procede. Assaggia tu che assaggio anch’io, aggiustiamo di sale, brindiamo a mille cose e persone, al volo, a quello che è stato, a quello che sarà. Riempiamo piatti di cibo e di progetti, cancelliamo  le malinconie, telefoniamo ai figli che sono indaffarati come noi in altri posti, giusto per sentirli accanto, per un giorno non accendiamo la televisione, perchè per tornare a preoccuparci ci penseremo domani. Non per cinismo, ma per ricaricarci le pile prima di donare energia al mondo che è fuori. Per questa giornata siamo soli qui ad autoalimentarci a vicenda con pensieri positivi, cibo buono, e progetti di allegria. Coltiviamo l’illusione che il mondo sia qui e ora. Teniamo fuori almeno per queste ore le cose brutte che ci hanno segnato quest’anno, le persone che ci hanno scassato con costanza i cosiddetti, gli amici che son voluti andar via da noi, per abbracciare quelli che invece hanno il piacere di restare e anche quelli che avrebbero voluto essere con noi e non hanno potuto.

Poi quando tutto è pronto e al caldo… la tavola vestita a festa solo con la luce di candele d’argento bellissime, è il momento di doccia, trucco e abito elegante con tanto di cravatta e luccichii, profumi buoni, che rendono bello anche l’abbraccio per gli auguri che verranno, e ci si siede a tavola per premiarsi con tutto quello che abbiamo preparato. Non mancano le parole, che vengono fuori questa volta, senza le nostre battute, ma con serietà, con emozione, per ringraziare la vita per quello che abbiamo, per quello che abbiamo avuto e non abbiamo più, per quello che avremo, e per le speranze che aprono i nostri occhi e i nostri cuori, verso il nuovo anno, ancora un pezzo del nostro domani, attendendo solo doni. Con occhi di bambini felici.

Di seguito vi lascio le immagini e i rumori di quello che ho raccontato

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Il Menù prevedeva

Regalo di un ammiratore

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Antipasto:

- Crostoni di pane tedesco con barbe di finocchio saltate in padella, crema di mascarpone alla mostarda, salmone affumicato, caviale di uova di salmone e grani di limone biologico.

- Astice alla catalana, su letto di pomodori neri e cipolle rosse marinate in aceto di mele e zucchero

- cocktail di gamberetti in salsa rosa, sempre fantastico

- ostriche su letto di ghiaccio gustate con le bollicine, con qualche goccia di limone o al naturale

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Primi:

- Perle di risaia all’arancia con gamberetti caramellati e melagrana

- Spaghettoni al profumo di mare in tempesta al cartoccio

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Secondi:

- filetto di orata su letto di carciofi croccanti al timo

Frutta:

- carpaccio d’ananas e melagrana con sciroppo di zucchero al sedano

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Dolci:

- Crema catalana con croccante all’arancia

- tortini con cuore fondente di cioccolato servito con gelato alla vaniglia fatto in casa

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e ovviamente……

- lenticchie che più che altro portano speranza.

La cena è stata da sogno. Ogni piatto era un’emozione. Se volete le ricette chiedetele pure, ma qui, diventerebbe un’enciclopedia….

Buon anno a tutti…..

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Perle di risaia all’arancia con gamberoni caramellati alla melagrana (più un passo verso la nuova primavera)

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_MG_6026 Confido in una seconda tazza di caffè per ritrovare il mio ritmo questa mattina. Ma com’è che si stenta a ripartire? Ho perfino capito che è inutile stilare la lista. Mi pesa anche solo guardare quell’elenco di cose da fare! figurarsi farle. Però che rottura! se vivi un periodo vuoto e frenetico confidi nel riposo. Se finalmente ti fermi e te ne freghi dei doveri e ti immergi completamente della nullafacenza del periodo di festa, non riesci a ripartire. Mi sa che devo ritrovare in antichi saggi la giusta strada da percorrere. Che poi l’antico saggio mi direbbe ‘rimboccati le maniche e basta con le chiacchiere. Datti da fare che di cose da fare ce ne sono tante e tu perdi il tuo tempo in parole’. Ma sarà così davvero? cosa rende davvero produttivo il nostro tempo? la meditazione o il lavoro? ma se una il lavoro non ce l’ha?

Intanto mi piace condividere la sorpresa di un viaggio organizzato al volo e vissuto nella sua pienezza, che mi ha regalato un’anticipazione della primavera che arriverà o che forse non è mai andata via. Grazie al ‘sentito dire’ siamo andati a curiosare in una città a noi vicina, che onestamente non avevo mai ‘calcolato’ o meglio dire ‘presa in considerazione’ solo perchè non ci sono mai stati motivi di viaggio che mi potessero portare li. Salerno e le sue ‘luminarie’ del periodo di Natale. Una bella idea che si è inventato il suo sindaco per dare uno sprint alla sua città. Da novembre a gennaio la città è completamente illuminata da luci che formano strane magie lungo i vicoli del centro storico. Galassie con stelle cadenti, fiori e cascate, spille variopinte, tappeti volanti, interi giardini con gallerie fatte di luci e alberi in fiore. E poi ti avvicini per guardarli meglio e scopri che la maggior parte di queste strutture sono fatte di…. bottiglie di plastica riciclate. E ti stupisci e ti congratuli sia con chi ha avuto l’idea che con chi ha deciso di sfruttarla per la propria città.

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Il tempo è stato fantastico, con temperature primaverili e un sole che ha acceso i colori di questi posti magici. Guardare dall’alto il mare di Vietri, passeggiare nelle sue stradine colorate di ceramiche, raggiungere il Castello di Arechi e desiderare di volare da lassù in parapendio e godere di quel paradiso planando, visitare il giardino di Minerva cercando di immaginarlo pieno di erbe profumate in primavera, assaporare tisane inebrianti sulla terrazza di questo giardino, in compagnia,  e poi (!!!!) assaporare mozzarelle di bufala, pizze e piatti fantastici di pesce…. bè ti riconcilia con il mondo e ti fa capire che intorno a noi c’è davvero tanta bellezza e dovremmo imparare a goderne.

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Vi lascio foto silenziose e magiche di questo viaggio e, a grande richiesta, la ricetta delle perle di risaia che tanto hanno incuriosito nel mio post precedente. La ricetta è tratta da un libro fantastico che per me è un libro guida per i miei pranzi particolari: ‘La tavola delle feste’, S. Barzetti, Fabbri Editore. (scusate la foto, ma considerate le richieste ho preferito utilizzare quella che avevo, piuttosto che aspettare di farlo nuovamente. Sorry!)

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(per 6 persone)

- 420 g di riso Vialone nano (io ho usato il Carnaroli)

- 24 gamberoni interi

- 4 arance biologiche

- 1 melagrana

- 1 bicchiere di vino bianco

- 2,5 l di brodo vegetale

- 1 cipolla bionda e 1 foglia di alloro

- 1 cucchiaio da tavola di pepe rosa

- olio extravergine di oliva

- sale e pepe bianco

Pulire i gamberoni, eliminare il carapace ed eviscerateli. Utilizzate le teste, i carapaci e le bacche di pepe rosa per insaporire il brodo vegetale. Portare lentamente all’ebollizione affinchè il brodo non si intorbidisca ed eliminate la schiuma man mano che si forma. Tritate la cipolla, sgranate la melagrana, sbucciate un’arancia e tritate finemente le scorze e raccogliete il succo. In una casseruola tostare il riso con due cucchiai di olio extravergine di oliva, la cipolla e la foglia di alloro. Sfumate con il vino, coprite con il brodo e portate a cottura, aggiungendo poco alla volta brodo e succo di arancia. A metà cottura aggiungere metà dei gamberoni tagliuzzati (*variante mia)

Nel frattempo in una padella scaldate un cucchiaio di olio, unire l’altra metà dei gamberoni, fateli rosolare un minuto per lato e aggiungete metà della melagrana che, rilasciando succo zuccherato farà caramellare leggermente il tutto. Fate insaporire, spegnete, salate e pepate.

Quando il riso avrà raggiunto una cottura al dente, toglietelo dal fuoco, fatelo riposare per 2 minuti, aggiungete la buccia di arancia e il resto della melagrana. Regolate di sale e pepe, condite con 2 cucchiai di olio e mantecate. Versate il riso nei singoli piati e completatelo con i gamberoni caramellati alla melagrana.

La compagnia della luce

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Abbiamo tutti delle strane abitudini. Nascono forse da strane convinzioni, difficili da capire o da giustificare. Però nel gioco della costruzione del proprio nido, è giusto che ognuno sia libero di esprimerle.  Nella mia vita ho sempre avuto intorno a me tanta compagnia. Vicina, lontana, fisica o solo di pensiero. Ma raramente mi sono sentita davvero sola. Ho sempre avuto accanto qualcuno da abbracciare o a cui chiedere di essere abbracciata per un pò. Ho sempre avuto una voce che mi ha chiamato proprio quando ne avevo bisogno o che ho chiamato io perchè sentivo che aveva bisogno di me. Nelle sere di tempesta ho trovato amici anche sul web, con cui condividere un momento di timore, o un pensiero negativo. Nei giorni di sole, qualcuno con cui ridere. Nelle notti insonni, qualcuno insonne come me. Nelle cartoline ricevute a sorpresa, parole di amicizia. Nei pacchi regalati, pensieri per me.

Ma c’è qualcosa che nelle mie giornate mi fa davvero bene al cuore e che mi regalo continuamente. Nella mia casa c’è sempre una o più candele accese. Piccole, profumate, bianche o colorate. Sono per me tante cose. Una luce che mi accompagna. Un profumo che mi accarezza. Una preghiera silenziosa. Una speranza per qualcosa o per qualcuno. Un’idea di calore silenzioso che discretamente mi sta vicino.  Affido a lei le buone intenzioni della giornata, la riuscita di un progetto, la soluzione di un problema. Mi convinco che finchè lei sarà accesa ci sarà luce ovunque.

Mi piace la sua compagnia. E oggi ho voluto condividerla con voi, mentre accanto a me ne brilla una.

Corro a preparare la cena. Strano un post senza ricetta eh?

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Crostata del Sole, con mele, arance e limoni

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Ho sognato di danzare. I sogni hanno il potere di influenzare le ore buie della notte e il battito del tuo cuore. Come pure il risveglio del mattino per iniziare la giornata. E l’umore che ti porterai appresso per le ore che verranno. C’è chi dice che sono l’estensione di quello che abbiamo dentro. C’è chi crede nel loro potere premonitore. C’è chi li considera uno spazio ignoto in cui possono incrociarsi dimensioni diverse a noi sconosciute.  Io credo che invece li confluiscano i nostri desideri e i nostri timori. E’ uno spazio profondo che viene a galla quando le zavorre della ragione e del buon senso vengono mollati, al buio.

Ed è così che c’è stato un tempo in cui sognavo di essere in bilico su un grande muro dello spessore di un mattone solo, altissimo, che si ergeva da un mare nero in tempesta. E poi un altro tempo in cui sognavo di nuotare in un mare sereno  limpido e azzurro dal quale spuntava la punta di un campanile di un paese sommerso, come favola. E poi sogni in cui prendevo la rincorsa e imparavo a volare. E planavo e planavo sulle colline della mia terra, e se mi avvicinavo alla terra, bastava ridarmi una piccola spinta per tornare a volare. Non son mancati i sogni bui dove serpi e cani e uomini cattivi minacciavano i miei figli. E nemmeno son mancate le notti senza sogni, dove avevo l’impressione di non essermi mai addormentata e mi rialzavo stanca.

Ma poi arriva il momento in cui vorresti danzare di giorno e almeno di notte, nei tuoi sogni riesci a farlo. E nel sogno stesso chiudi ancora gli occhi per sentire meglio la musica e ti abbandoni ad essa. E cominci a muoverti, leggera e segui tutti i movimenti che senti dentro. E volteggi, e salti e spicchi il volo, e ti scuoti, e ti fermi, per poi ricominciare. Poi all’improvviso la musica smette, avverti una luce che ti chiama e piombi pesantemente nella realtà di un nuovo giorno che comincia.

Vorrei ritrovare la stessa musica e la stessa leggerezza dei miei sogni, nelle ore del giorno.

Cominciamo con questo giorno allora.

Per ora vi regalo una ricetta che sa di sole e così l’ho chiamata. Provatela… regala emozioni.

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Crostata del sole (mele, limoni e arance)

(x la frolla)

- 350 g di farina

- 120 di zucchero

- 120 di burro

- 2 uova

- un pizzico di sale

- mezza bustina di lievito per dolci

(x la farcitura)

- due mele

- due arance rigorosamente biologiche

- un limone grande rigorosamente biologico

- zucchero (un quarto del peso della frutta)

- mezzo bicchiere d’acqua

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Amalgamare tutti gli ingredienti della frolla, formare una palla e metterla in frigo per almeno mezz’ora.

Sbucciare le mele e tagliarle a pezzi. Lavare le arance e il limone e tagliarli a fettine con tutta la buccia e aggiungerli alle mele. Aggiungere lo zucchero (un quarto del peso della frutta), il mezzo bicchiere d’acqua e metterli sul fuoco medio. Se si forma la schiuma eliminarla. Far cuocere finchè si consuma tutta l’acqua e rimane una poltiglia dorata e densa.

Stendere metà della frolla in una teglia per crostate, imburrata e infarinata. Distribuire il composto di frutta. Con l’altra metà della frolla formare una grata a proprio piacimento (io uso una griglia, ma quella fatta a mano è uguale).

Infornare a 180° fino a doratura.

Spolverizzate a piacere con zucchero a velo.

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Le parole nel piatto: pastina in brodo con le lettere dell’alfabeto

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a1 Quando mi voglio fare le coccole preparo il brodo caldo con la pastina. Oggi fa freddo, ma un freeeddoooo… E se lo dico io che come le balene del mare del Nord non sento mai freddo, vi potete fidare. E allora via con una buona scusa per preparare un bel piatto caldo caldo che ti scalda il cuore. Da un pò di tempo mi è venuta la nostalgia non solo della pastina ma anche delle forme usate nell’infanzia. Mia, dei miei figli, e nell’infanzia di tutti. E li che compro le stelline, gli anellini, i grani di riso, i funghetti ecc…. Poi un giorno conosco un produttore di pasta che si chiama come me e sfacciatamente gli propongo una pubblicità alla ‘Dottor Scotti!!!’. E scopro che trattasi di persona simpaticissima, con cui si può scherzare allegramente su tutto, anche sul nome, mio, della sua azienda, e parto con lo sfottò del tipo ‘dai che ti mando subito il contratto che vorrei firmare con la tua azienda, guarda che ti conviene, dove la trovi una fortuna così? una che ufficialmente può rappresentare la tua azienda, con un nome così. E poi vuoi mettere la mia bella presenza, il blog che ho, gli amici su fb, le ricette che preparo, le idee che mi invento!!!’… Ma niente, ancora aspetto una proposta per diventare testimonial…. Ma, alla faccia di chi dice che i blogger scrivono i post perchè sono pagati dall’azienda eccallà un post che è scritto proprio perchè ho assaggiato questa favola di pastina, che ha LA FORMA DELLE LETTERE DELL’ALFABETOOOO, che mi ha teletrasportato all’infanzia, e mi ha fatto sognare. Giuro. Se lo merita tutto il mio post. E poi aspetto anche di assaggiare gli spaghettoni e i paccheri e poi vi saprò dire.

Ovviamente seguite la ricetta e accompagnatela con  un buon bicchiere di vino rosso in cui dovrete rigorosamente immergere la frasca del sedano, come insegnavano i nostri nonni e trasformerete una pastina già di per se fantastica, in un pranzo da re.

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Pastina con brodo di carne

- ‘Stecca’ di manzo con l’osso, a pezzi (almeno due/tre a persona)

- 2 patate

- 2 carote

- 1 cipolla

- gambi di sedano, prezzemolo, rametti di timo, foglie di alloro, pochi pomodori

- qualche chiodo di garofano

- olio extravergine di oliva

- parmigiano reggiamo

- pastina del formato che preferite (io ho usato ‘ALFABETO’ del pastificio Gentile)

Preparate il brodo immergendo la carne in acqua fredda e portandola a bollore lento. Schiumate completamente e solo dopo aggiungeteci le verdure sbucciate e intere. Aggiustare di sale e far cuocere lentamente per circa 3 ore.

Cuocere la pastina e tirarla molto al dente. Riversatela in una pentola dove avrete filtrato del brodo sufficiente per portarla a cottura.

Servitela in un piatto fondo capiente, aggiungendo altro brodo caldo, le verdure tagliate a pezzi piccoli (volendo anche un pezzo di carne) e dell’abbondante parmigiano. Un filo d’olio e servite.

vino con la frasca


Torta salata di Carnevale e i peccati capitali

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Invidiosi che io ho potuto assaggiare questa meraviglia? Stuzzica la gola vero? Suggerisce pensieri lussuriosi? ma almeno vi distoglie dall’accidia! Ed è anche adatta per gli avari, perchè non costa quasi niente! su su, non voglio fare la superba, fra un pò vi do la ricetta, ma prima che vi si scateni l’ira, vi racconto una storia.

Location: un tavolo tondo, in un bel ristorante ad Alberobello, piatti strepitosi da assaggiare, tanti amici con l’allegria e la voglia di chiacchierare mentre ci si scambiano i piatti per ‘assaggia tu, dai, che assaggio anch’io’. Non so come siamo a arrivati a parlare dei peccati capitali. Giusto per trovare un argomento da trasformare in sfottò. Io invito tutti a fare outing, allegramente e così partono le confessioni. E anche le risate. Uno comincia con il confessare che non è per niente lussurioso perchè tanto la notte si dorme, piuttosto prova un pò d’invidia per chi soffre d’insonnia, capisciammè! Un altro dice che a volte dovrebbe tenere a bada l’ira, ma la colpa non è sua ma della televisione che lo fa innervosire. Un’amica dice che è un pò invidiosa di chi è magra perchè lei non riesce a dimagrire. Un’altra dice che invidiosa di chi è più tondetta perchè non riesce a prendere chili, nonostante mangi tantissimo e non le sta bene niente addosso. La più timida del gruppo dice con sicurezza che il suo peccato è sicuramente la lussuria, mai come negli ultimi giorni. E ci lascia tutti stupiti di tanta spontaneità e sincerità. Quindi stupendosi a sua volta del nostro stupore scopre di aver fatto una terribile gaffe, dato che pensava che la lussuria fosse ‘il desiderio di cose lussuose, tipo la borsa che aveva visto in una vetrina e che non poteva assolutamente comprare’…. E li tutti delusi perchè ci aspettavamo già racconti piccantissimi, e invece niente. Viene fuori che il peccato comune è la gola. Gira e volta il discorso arriva sempre  li, al cibo, alle ricette. E si finisce col dare la colpa a me che parlo sempre di ricette sul blog e li chiamo per fare le cavie.

Insomma siamo peccatori. Tutti….. e voi? qual’è il vostro peccato?

E stasera pecco a cena con questa fantastica anticipazione del Carnevale. Una torta salata con verdure colorate!!!

Torta salata di Carnevale con verdure colorate

- un rotolo di pasta Brisè

- 2 carote

- un peperone rosso

- due zucchine

- due cipolle rosse

- una noce di burro

- 250 ml di panna liquida

- 2 uova

- 150/200 g di emmenthal

- noce moscata

- un pizzico di sale

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Lavate le verdure, e con un coltellino affilato ricavate dei ‘nastri’ o strisce sottili. In un pentolino far sciogliere la noce di burro e far appassire la cipolla affettata sottile. Quando è appassita, aggiungere le verdure per farle insaporire e appassire un pò, rigirando di tanto in tanto con un cucchiaio di legno e facendo attenzione a non rovinarle. Ci serviranno intere!!! Stendere in una teglia la pasta brisè con la sua carta da forno sotto. Grattugiare l’emmenthal julienne e distribuirlo sulla pasta. In una ciotola sbattere le due uova con la panna e grattugiare un pò di noce moscata. Versare il tutto sull’emmenthal. Piano piano distribuire le verdure dai bordi verso il centro, mettendole ‘in piedi’ e alternandole per colore. Infornare a 180°/200° fino a quando la superficie sarà dorata e la pasta brisè palesemente cotta.

Baccalà con ‘sponzali’

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Ormai è un’affermazione comune: ‘ma non è che mi sta venendo l’Alzheimer?’. E non credo che sia una battuta. Arriva un momento in cui ci rendiamo conto di non avere più memoria. Molti ricordi sono stati rimossi dalla nostra mente. Dimentichiamo gli impegni che, quando ce li siamo appuntati nella testa, ci sembravano, erano, davvero importanti e urgenti. Ma, così come li abbiamo annotati, sono spariti. Facciamo domande ai nostri figli e poco dopo le ripetiamo perchè non abbiamo ascoltato la risposta, e loro li che ci guardano stupiti, ‘ma mamma me l’hai chiesto un momento fa!’. Durante il giorno e anche la notte c’è un turbinio di pensieri che si scontrano tra loro per avere la precedenza, ‘allora, devo andare in banca, passare alla posta, fare la spesa, oddio il dentista, mannaggia ci sono i saldi e dovrei comprare un maglione nuovo che son rimasta senza, prenotare l’incontro con i professori, devo scrivere il post, mannaggia e le ricette da spedire?, prenotare la visita per mamma, selezionare le cartacce, e la casa quando la pulisco? a si, prima di tutto ordino e poi il resto; e dall’ortopedico quando ci vado per quest’ernia che mi blocca? e la ginnastica? seeeeee la ginnastica, non c’è tempo………’

E così nella nostra mente il tempo è già bello che riempito. E ti assale l’ansia perchè sai già che non ce la farai mai a fare tutto questo in un solo giorno. E ti fai regalare l’agenda planning come i manager che, però, hanno l’assistente che gli ricorda ora dopo ora cosa devono fare, con un pò di anticipo, così si preparano mentalmente e fisicamente all’impegno.

La mattina ti alzi con la buona volontà, ti siedi in quel raro momento di pace, con il tuo caffè caldo, prendi carta e penna per dirti ‘e no, oggi farò tante cose, renderò produttiva la mia giornata e mi libererò la mente di tutti questi pensieri, per sentirmi più leggera’. E fai mente locale per scrivere le cose da fare. Ma….. com’è che nel fiume dei pensieri che convivono con te ogni istante della giornata e della notte, riesci a pescarne solo due o tre di cose ‘urgenti?’- E cominci a scavare, a cercare appigli, a tentare di ricordare, ma niente. Ti rassegni, dicendoti ‘forse non erano poi così urgenti…’, ma poi mentre ti riavvii verso il nuovo giorno, a tratti, all’improvviso, eccallàààà,  ti fanno la sorpresa e ricompaiono a tormentarti ‘le cose da fare’.

Allora ti senti davvero un baccalà, uno stoccafisso, immobile, salato e rigido, esposto alla fredda ingiuria del tempo e dell’età. Certo che avendo ancora almeno altri 50 anni da vivere, la cosa è un pò preoccupante.

Quale può essere il rimedio? una revisione del concetto di ‘urgente e indispensabile’? un reboot dell’hard disk centrale della mente? calmarsi e rallentare un pò? ridefinire le priorità?

E voi vivete la stessa angoscia? se la risposta e no, beati voi, se la risposta è si… come la risolvete?

Per coerenza, perchè tutto sommato sono intelligente e mi vengono dei collegamenti a mò di metafora…. vi posto una ricetta che adoro. Il baccalà con gli ‘sponzali’, che sono dei cipollotti tipici della nostra zona, con un sapore forte e particolarissimo, utilizzati anche per preparare dei fantastici ‘calzoni’ con uvetta e acciughe….. ma questa è un’altra ricetta.

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Baccalà con gli sponzali

- baccalà (qualsiasi pezzo, perchè dipende dal gusto personale)

- sponzali (per chi non riesce a trovarli, usare la cipolla o i porri)

- prezzemolo fresco

- qualche pomodorino

- olive taggiasche (in assenza utilizzare quelle nere)

- olio extravergine di oliva

- sale e pepe

In una padella far rosolare il baccalà con qualche cucchiaiata di olio. Quando sarà rosolato da tutte le parti scolarlo e tenerlo in caldo in un piatto. Pulire gli sponzali eliminando la pellicina che l’avvolge, le radici e metà della parte verde. Tagliarli per metà nel senso della lunghezza e metterli a rosolare nella padella con l’olio. Aggiungere i pomodorini e il prezzemolo. Far insaporire e rimettere i pezzi del baccalà. Aggiustare di sale assaggiando prima il baccalà per vedere quanto è salato. Versare un dito d’acqua e le olive, coprire e far cuocere. Aggiungere durante la cottura un pò di pepe macinato. Al momento di servire aggiungere un filo d’olio crudo e accompagnare con gli sponzali. Volendo si possono anche frullare tutte le verdure per creare un saporito sughetto da servire come base per il baccalà.

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Miglio e Ratatouille al profumo di rosmarino e alloro

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Ho ancora in mano la mia ciotolina verde ricca di verdure profumate abbracciate al miglio, una cosa nuova nella mia vita. Fino a qualche giorno fa per me il miglio era il cibo degli uccellini. E nella mia mente era di colore giallo canarino. E come parola aveva un suono dolce e antico. E si perchè per me ci sono anche parole più belle di altre, e vorrei tanto avere un quadernetto per annotarmi anche li le parole che amo di più. Che se ora dovrei elencare non me ne verrebbero in mente, e a questo servirebbe un taccuino (altra parola che amo, perchè sa di infanzia, quando ti insegnano il suono q e scrivi i pensierini con cq, q, cc, e scopri che taccuino è l’unica parola con quel suono dove è permesso usare le due c. E poi giù pensierini con acquerugiole e acquai che bagnano ovunque il discorso). Ho cercato quindi nella mia mente gastronomica altre parole colorate che mi piacciono e ho trovato ‘ratatouille’ che, topino a parte, per me ha sempre avuto il fascino elegante della Francia migliore e ha il pregio di far sentire più vicina l’estate.

Il miglio è stata dunque una scoperta. Son partita da una ricetta di Laura che ha solleticato la mia curiosità e così ho cominciato a cercare e cercare notizie, ricette, informazioni. E poi ho cercato il miglio. Ma gui non c’era. E ho dovuto percorrere chilometri per trovarlo. Ma non importa. Quando son tornata con il mio trofeo l’ho subito cucinato, in maniera semplice, come piace a me, associando nella mente colori e sapori.

Quando ci siamo conosciuti io e il miglio, l’ho trovato esattamente come me l’immaginavo. Piccolo, giallino, tenero e umile. E come tutti i cereali, ricco di proprietà davvero interessanti. Spero solo che non siano illusorie. Perchè scoprire qui che è ‘’diuretico ed energizzante  consigliato in fitoterapia per contrastare lo stress, l'anemia, la depressione e la stanchezza, in particolare quella di origine intellettuale’, mi ha reso felice di poter confidare nel cibo come soluzione a qualche piccolo problemino. .

Ecco dunque la mia prima ricetta con il miglio. Provatela e abbondate con le verdure.

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Miglio e ratatouille al profumo di rosmarino e alloro

(dose per 4 persone)

- 4 tazzine di miglio

- alloro, rosmarino e cipolla bianca

- olio extravergine di oliva

- brodo vegetale (preparato con cipolla, sedano, patata, carota, prezzemolo)

- 1 zucchina

- due carote

- 2 patate medie

- 2 peperoni colorati

- 3 cipolle rosse

- 4 spicchi d’aglio in camicia

Pulire le verdure e tagliateli a tocchetti. Aggiungere un cucchiaio d’olio e il sale. Aiutandovi con le mani mescolare tutto insieme finchè le sentirete tutte unte. Versatele in una teglia da forno antiaderente e infornare a 200° fino a quando avranno eliminato tutta l’acqua che verrà fuori e risulteranno un pò appassite.

In una teglia larga antiaderente versare 3 cucchiai di olio e la cipolla tagliuzzata fine, con il rosmarino e la foglia d’alloro. Fate rosolare per un pò e versate il miglio facendolo tostare. Aggiungere il brodo vegetale di una quantità doppia rispetto al miglio. (cioè deve superare di almeno un dito il miglio). Fate cuocere a fuoco lento, per almeno 20 minuti. Comunque controllare la cottura secondo il proprio gusto. Aggiustare di sale. Quando il miglio avrà assorbito tutto il brodo e sarà cotto, con i rebbi di una forchetta sgranarlo e unirlo alla ratatouille. Servire sia caldo che freddo in ciotole individuali. E’ buonissimo anche il giorno dopo, quindi volendo cucinatene di più

Paccheri gentili con cavolo romanesco e peperoni cruschi

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Ho appena aperto gli occhi stamattina. Mi sono avvicinata alla finestra attratta da una strana luce e mi sono accorta che tutto intorno era illuminato. Da un sole che attraversava l’aria gelida di questo strano inverno e che donava luce dorata a tutto. Uno spettacolo meraviglioso, che aveva il sapore di una mano che ti tira su, di un discorso che ti invita a lasciare da parte la malinconia, ad una spinta verso un nuovo giorno e verso una primavera che è sempre più vicina. E dentro di me ho sentito sollevare le zolle di una terra finora arida, che sembrava non dover più dare frutti. E piano piano ho sorriso a me stessa, alla noia di un ‘solito’ giorno, da riempire solo con il rassettare casa e fare dolci, e accarezzandomi come se fossi amica di me stessa, anzi la migliore amica, mi son sentita germogliare dentro, finalmente, mille piccoli pensieri, che daranno vita a nuovi progetti che avranno il sapore della rinascita. Primavera e Pasqua, entrambi simboli di un ritorno alla vita.

Ritorno a vedere, guardandomi intorno, le cose belle che un tempo mi stupivano e che per molto non ho saputo più riconoscere e che non mi hanno dato più emozione. Si dirà che è quasi sciocco stupirsi ed emozionarsi per un cavolo! Eppure secondo me in esso, come in tutto quello che la natura ci offre, c’è il segreto della perfezione. Ecco perchè quando compro o mi regalano un cavolo romanesco, me lo terrei come un fiore da guardare durante la giornata, e riflettere su quanto piccola sarà sempre la mente umana di fronte alla perfezione della natura. E magari avessimo occhi più attenti alla bellezza. Riusciremmo a vederla in ogni cosa che ci circonda. Solo che la distrazione dell’anima, a volte ci rende ciechi.

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Paccheri con cavolo romanesco e peperoni cruschi

- Cavolo romanesco

- peperoni cruschi

- aglio

- peperoncino

- acciughe salate

- olio extravergine di oliva

- Paccheri ( io ho usato quelli del pastificio Gentile, grezzi e duri e profumati al punto giusto)

 

Staccare le cime del cavolo e lavarle. Lessarle in abbondante acqua salata e tirarle fuori dall’acqua con un mestolo forato, appena appena al dente. Nella stessa acqua di cottura versare la pasta. In una padella larga abbastanza per far saltare il tutto dopo, versare l’olio, l’aglio sbucciato, i peperoni cruschi e poco peperoncino. far insaporire mentre l’olio diventa caldo e aggiungere i cavoli. Far saltare per far assorbire i sapori. Scolare la pasta (tenendo da parte un mezzo bicchiere di acqua, che potrebbe servire) e aggiungerla ai cavoli. Saltare ancora tutto insieme. Per completare la cottura potrete aggiungere secondo il proprio gusto, ma anche per esaltare il sapore del piatto, del formaggio (o parmigiano o formaggio un pò piccante!) e una macinata di pepe.

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Crostata crumble alla ricotta

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Fuori nevica. Anzi nevischia strano. Anche il tempo oggi non sa decidersi ed è vittima dei suoi sbalzi di umore. Fa freddissimo e manda giù fiocchi giganti e tanti. Poi decide di trasformare il gioco in acquaneve. Si ferma. Riprende neve fina. Ora avvolge tutto in una strana fitta nebbia. Ma io mi sento al sicuro. E’ una di quelle giornate in cui sono tutti qui, chi studia, chi riposa, chi legge. Io scrivo. Di quello che ho cucinato. Cerco di fissare nelle parole e nelle immagini il calore che sento dentro il mio cuore ora. Il silenzio carico di certezza e delle presenza della domenica mi fa bene. Mi ricarica. Caccia via tutte le paure dei giorni solitari. Quando cucini perchè ti piace, ma non c’è lo stesso gusto di quando cucini per qualcuno. E appena la porta si apre, porta con se abbracci e valigie, e mi tornano le idee da sfornare, calde. Ho preparato pane, al fioretto di mais che profuma di erbe, di timo e rosmarino; e poi volevo un dolce con la ricotta, che adoro, e ho cercato una ricetta diversa e l’ho trovata qui (onestamente, l’ho modificata un pochino perchè proprio non mi riesce a farle precise le ricette…). Ho condiviso anche su fb i miei pensieri e quello che facevo. E, finalmente riconciliata con il mondo, ho sentito un pò di quiete dentro. IL lampione illumina ora la magia della neve che continua a cadere. Ed è talmente bello tutto questo che sembra di sognare. Cerco di fermare il tempo. Preparo un thè, assaggio la crostata, e scrivo.

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Crostata crumble alla ricotta

  • 300 g di farina

  • 200 g di burro

  • 80 g di zucchero a velo

  • 20 g di zucchero di canna

  • 1 uovo grande o due

  • 1 cucchiaino di scorza di limone grattugiata

  • 1 pizzico di sale

 

  • un fuscello di ricotta fresca

  • 3 cucchiai di latte

  • 150 g di zucchero semolato + due cucchiai di zucchero di canna

  • 2 uova piccole

  • la scorza di un limone grattugiata

  • 1/2 cucchiaino di cannella (facoltativo)

  • 60 g di gocce di cioccolato

  • amarene sciroppate (facoltativo)

Mescolare il burro freddo alla farina e formare un impasto sabbioso ‘sbriciolato’. Aggiungere lo zucchero a velo, lo zucchero di canna, il sale e la scorza di limone. Infine aggiungere l’uovo e impastare velocemente. Formare una palla e mettere in freezer per almeno un’ora.

Nel frattempo preparare il ripieno. Lavorare la ricotta e il latte con una frusta fino a creare una crema fine e delicata. Aggiungere lo zucchero semolato, le uova, metà scorza di limone, e la cannella. Riporre in frigo ad aspettare che sia pronta la frolla.

Ungere e infarinare una teglia da crostata. Grattugiare metà della palla di frolla, con i buchi per tagliare le carote julienne. E mentre cadono distribuirle su tutta la base e anche sui bordi. Quando la base sarà tutta coperta versare delicatamente qua e la la crema di ricotta e quando l’avrete versata completamente livellatela delicatamente con una spatola. Distribuite le gocce di cioccolato e le amarene (secondo il vostro gusto). Coprite la crema di ricotta continuando a grattugiare julienne la pasta frolla.

Mescolate il resto della scorza di limone grattugiato, con i due cucchiai di zucchero di canna e distribuitelo sulla crostata.

Infornare a 180° fino a quando diventerà dorata (circa 30 minuti).

A piacere distribuire zucchero a velo. Io la preferisco così, al naturale.

Pat pat per l’influenza

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Ancora ci siamo dentro. Risulta quindi doveroso parlarne, quasi per un dovere sociale. Per far sentire meno soli chi ancora ha l’influenza, chi ne sta uscendo e avvisare chi sta per ammalarsi. Io mi sono ammalata e sto scontando ancora dei postumi di debolezza e di ossa rotta e doloranti. E il primo pensiero va a chi con pazienza mi ha accudito, con tisane e inutili tentativi di pastine calde. E’ stata dura ma, in fondo è sempre solo un’influenza. C’è di peggio.

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Nei giorni con le tende oscurate e il mondo in silenzio ovattato in cui mi sono rifugiata, i pensieri sono stati tantissimi. Ho pensato a chi si ammala e non ha nessuno accanto. O a chi deve fare la mamma e non ha nessuno a cui delegare il proprio dovere e non può star male e con la febbre e l’immensa debolezza ha continuato ad uscire di casa e ad ignorare se stessa. Giuro, il mio pensiero costante è stato per loro. E appena mi son ritornate un pò le forze continuavo ad aver bisogno di coccole e allora ho attinto a piene mani pensieri, dalla mia scatola preziosa delle amicizie. Nel corso di questi ultimi due anni, grazie agli swap ma anche alle strade che si incrociano di cui parlo, ho riempito una scatola con i doni che mi sono stati inviati. E da li  ho preso: un libro di poesie d’amore con foglie di alloro come segnalibro, un quadernetto per scrivere le parole il cui suono mi piace tanto, una bustina di thè nero, un cucchiaio di zucchero in pietre alla vaniglia, un pezzo di un dolce fatto con frutta secca e cannella, ho messo a bollire l’acqua per preparare il tutto. E questo per scaldare il cuore. Invece per mitigare un pò i dolori diffusi qua e la, ho messo nel microoonde per un minuto il mio sacchetto di riso e lavanda e così ho avuto a disposizione anche il calore di cui avevo bisogno. E con queste piccole attenzioni da me a me, ho ricominciato a vedere l’orizzonte.

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A prestissimo con tante novità che ho raccolto nel mio viaggio a Roma e a Reggio Emilia, un progetto molto bello che presto si realizzerà e che sicuramente vi piacerà…. a presto, verso la primavera.

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Corso di intreccio di rami di ulivo per le Palme

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locandina corso di intreccio palme

Ogni anno la mattina della domenica delle Palme si ripete una strana magia. Fatta di silenzi devoti, di gesti antichi e mani callose che innalzano al cielo fascine di rami di ulivo. Intorno c’è sempre freddo, tanto, ma anche un profumo che preannuncia il miracolo della primavera. E, credenti o no, ci si lascia coinvolgere da un rito antico davanti a cui tutti abbassano la testa in segno di rispetto. Dalle 7 di mattina ci si ritrova nella villa del paese, anche con la pioggia, gente di paese e gente di campagna, ognuno con in mano, secondo la propria quantità di fede e di amici, rami di ulivo. Dalla campagna arrivano i massari con fasci interi di rami, che saranno benedetti e distribuiti nelle stalle per benedire gli animali. E con loro le donne, che già da una settimana prima hanno cominciato ad intrecciare teneri ramoscelli e foglie e a decorarli secondo le proprie abitudini, per creare ‘la palma’ da scambiare con amici e conoscenti, per regalare la pace. E questo rito non si compie mai in solitudine. Ci si incontra, le donne soprattutto, per intrecciare rami, parole e chiacchiere. Per compiere e ripetere un rito antico che ormai si conserva solo nelle nostre campagne. E si preparano tante ‘palme’. Per i tanti amici che si incontreranno davanti alla chiesa, in questo giorno magico, e anche per i defunti, che si andranno a visitare per portare loro fiori e pace. E nella villa del mio paese, io resto incantata ogni anno, da quando ero bambina, davanti a questi mazzi di palme, arricchiti di fiori di vecchie bomboniere conservati proprio per questo, o verniciati di argento o oro per farli durare di più. E magari chiusi in una busta di plastica accanto ad un’orchidea o giacinti profumati.

Ed è per questo che quest’anno ho deciso di organizzare un corso per imparare ad intrecciare questi rami di ulivo. Per ripetere insieme questa strana magia dello stare insieme allegramente, compiendo un rito antico. Intrecciando pensieri di pace. Per noi, per chi amiamo, ritrovandoci in campagna davanti al camino se farà freddo, sorseggiando cose calde e buone e imparando di nuovo a stare insieme per uno scopo semplice e creativo.

Il corso prevede:

1) Incontro in paese alle 9,00 in un punto prestabilito.

2) trasferimento in campagna, al mio trullo.

3) Presentazione del corso, cenni storici e prime spiegazioni su quali rami raccogliere ‘in diretta’

4) raccolta dei rami da intrecciare,  direttamente dagli alberi

5) inizio dimostrazione e lezione di ‘intreccio' e produzione personale di ‘Palme’.

Il corso si concluderà verso le ore 13.

Durante il corso si potranno degustare gratuitamente thè e tisane calde accompagnate da dolci tradizionali. Per chi avesse bisogno di indicazioni per un pernottamento presso B&B consigliati, per informazioni sui costi e per prenotazioni, scrivere a annagentiledg@yahoo.it oppure telefonare al 346.6339414

Possibilità di degustare anche un pranzo tradizionale della cucina pugliese, previa prenotazione.

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Sulla via dei 5 sensi per un corso di analisi sensoriale sul Parmigiano Reggiano

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Il confort food è il cibo che porta calore e gioia al nostro cuore, e ci conforta con cibi caldi legati spesso alla nostra infanzia. E così il sapore della pastina in brodo, arricchita dal profumo rassicurante e dal gusto unico di una spolverata di Parmigiano, ci accompagna attraverso la nostra vita.

Qualche giorno fa ricevo un invito, interessante, da parte del Consorzio del Parmigiano Reggiano. Mi dicono, se voglio partecipare ad un incontro in cui si presenterà un nuovo corso sensoriale, lungo il quale si potrà imparare a conoscere, riconoscere attraverso i cinque sensi, uno dei prodotti italiani più famosi nel mondo. Eccerto, dico, che ci vengo, anche a costo di venire fino a Reggio Emilia nella neve. E una volta li incontro un mondo fantastico. Persone gentilissime e di una semplicità e di una professionalità unica che ci parlano della loro azienda, del terremoto e delle sue conseguenze, risolte grazie alla loro grande capacità di rimboccarsi le maniche e di aiutarsi l’un l’altro, e, soprattutto ci parlano di questo grande formaggio. Ci spiegano come si produce, come e quanto si conserva per la stagionatura, di come questo prodotto cambi attraverso il tempo e ce lo dimostrano attraverso la degustazione. Ci fanno partecipare al rito dell’apertura di una forma di formaggio, e, credetemi, è un rito vero e proprio. Che inizia ascoltando il suono prodotto da un martelletto su tutta la superficie del formaggio, e poi con l’incisione di una riga a metà forma con l’uso di un coltello con la punta ad uncino. Poi si procede ‘infilando’ i coltelli a mandorla tutto intorno, e si aspetta che la forma, lentamente si apra da sola, in maniera naturale, sprigionando così tutto il suo particolare profumo. Fantastico!!! Chiunque fosse interessato a ripetere questa mia esperienza può farlo, è questa la cosa bella. Ora possiamo diventare tutti degustatori e riconoscitori del vero parmigiano doc, con tanto di attestato. Basta collegarsi alsitoe leggere li tutte le info.

Inoltrequipotrete vedere la gallerie delle immagini di questa fantastica giornata oltre a quelle ho messo qui io

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Carciofi ripieni e patate al vino bianco

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E’ arrivato. Marzo è qui e con lui la distanza con la primavera si accorcia. Stamattina l’aria è gelida, di tramontana, ma il sole è alto e forte. E grazie a lui mi accorgo della magia che si sta di nuovo avverando intorno a noi, puntuale da sempre. Anche lo scorso anno, e l’anno prima ancora, e così indietro nel tempo, da sempre, mi sono sorpresa, alla luce del nuovo sole di marzo, delle gemme sugli alberi di ciliegio e dell’erba verdissima. E anche della voglia di nuovo che ci porta a notare i lavori da fare tutto intorno a noi. Alberi da potare, aiuole da pulire, bulbi che stanno già germogliando, muri da ridipingere, e pulire e pulire, per farci trovare pronti per godere della festa della primavera che arriverà.

E’ periodo di pulizie. Fuori e dentro. Buttiamo via tutto il torpore che abbiamo accumulato nell’inverno che sta andando via. Via via, tutti i pensieri cupi, i colori scuri dell’anima, lo sguardo criticone e fanullone dei pensieri incriccati nella negatività.

Voglio i colori accesi della primavera, profumi di giacinti e narcisi nelle mie aiule, fiori bianchi e rosa ai miei alberi, la casa piena dei primi fiori dal profumo struggente che mi riportano al candore e allo stupore della mia infanzia, che sembra non passare mai nei miei occhi e nel mio cuore. Voglio imparare a correre, come nel sogno di questa notte, e voglio correre per le vie di campagna che profumano della nuova stagione. Voglio scrostare i muri vecchi e ridipingere di bianco lucente il mio trullo. E voglio gente intorno a me con cui condividere i miei progetti. Voglio. E in questa parola tutta la forza dei miei desideri.

Ora mi aspettano rami di ulivo da intrecciare per pensare ad un’idea di pace e rinascita. E ricette leggere da fotografare,  un viaggio lontano da organizzare, e nuovi mille progetti per l’anno che è davanti a me, tutto da riempire, spero, di cose meravigliose.

buona primavera a tutti!!!

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Carciofi ripieni e patate al vino bianco

- 1 carciofo a persona

- 1 una patata grande a persona

- prezzemolo

- aglio

- mentuccia romana (facoltativa)

- un uovo (per due carciofi)

- un cucchiaio di formaggio piccantino (per due carciofi)

- vino bianco secco

- olioextravergine di oliva (1 cucchiaio a persona)

- un limone

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Pulire i carciofi eliminando le foglie dure e le punte. Metterle a bagno in acqua con limone per non farli annerire.

Sbucciare le patate e tagliarle a spicchi.

In una pentola alta versare i cucchiai di olio e sul fondo spezzettare un pò d’aglio e il prezzemolo. Disporre le patate.

Aprire le foglie dei carciofi come se fossero un fiore e sistemarli sulle patate. Spezzettare altro aglio, tritare il prezzemolo e distribuirlo sia sulle patate che DENTRO i carciofi. Salare e pepare. In una ciotola sbattere l’uovo con il formaggio e versarlo con il cucchiaio sui carciofi, facendolo penetrare in profondità, fino a riempirlo.

Coprire e far cuocere fino a quando il fondo si asciuga del tutto. Versare allora due dita di vino bianco e un dito di acqua. Coprire e portare a cottura.

Per controllare se sono cotti i carciofi, infilare lateralmente una forchetta. Se si desidera una crosticina croccante sui carciofi fare un rapido passaggio in forno con il grill acceso.

Ciambelline di patate al profumo di arancia e la festa delle donne

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ciambelline patateearance Ogni giorno ci affacciamo a tante finestre e da li osserviamo il mondo e noi stessi. Stamattina apro la finestra della mia stanza e non vedo niente. Tutto è avvolto da una nebbia fitta e fredda e niente più del mondo è davanti a me.  Chiudo e torno al tepore della mia casa.

Apro il computer e mi affaccio da qui. E trovo mimose che ci ricordano di festeggiare, manifesti che ci ricordano di ricordarci che siamo donne sempre, frasi contro chi coglie le mimose, inviti a cene per festeggiare le donne, e link che riportano foto di donne violentate picchiate uccise per mano di un uomo.

Io oggi, in anticipo sulla festa di domani, invece voglio festeggiare gli uomini.

Nelle storie delle donne che ho conosciuto, ho ascoltato di uomini indifferenti, infantili, prepotenti, egoisti, bugiardi, violenti e ho sofferto per quello che hanno fatto al nostro mondo. E ogni volta, ad ogni età mi son guardata accanto e ho sospirato dicendomi ‘fiuuuuuuuu, meno male, io qui sono al sicuro’. Da piccola avevo il mio principe, il mio papà, che era il mio scudo contro il mondo. I miei fratelli, che erano i miei compagni di gioco e di risate. Intorno avevo i miei zii, che erano il mio pubblico adorante e mi riempivano di coccole. I miei compagni di lavoro, che erano l’altro punto di vista della vita, ma sempre educati e gentili che, anzi, hanno dovuto sopportare le mie sfuriate e i picchi del mio umore, i miei sfottò, con tutta la santa pazienza che avevano. I miei amici che sono complici di mangiate e passeggiate e cantate e film visti quasi dormendo, pur di accontentarmi a realizzare un progetto cinema e giocare a fare gli intellettuali colti, con la mente rivolta sempre alle orecchiette da preferire a qualsiasi film. E poi i miei figli, gentili e con tutto l’amore che possono nei loro occhi e nei loro gesti. E il mio compagno, che qui non compare quasi mai, ma che mi accompagna da sempre e mi sostiene nei momenti in cui traballo. Che è pieno di gentilezze e premure. Che mi completa con il suo carattere silenzioso e tranquillo, in equilibrio con il mio pazzerello, che invece ha bisogno di essere tenuto come un aquilone che può volare ma che si perderebbe se non ci fosse la sua mano. E sono grata alla vita per tutto questo.

E ora …. fuori i dolci.

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Ciambelline soffici di patate al profumo di arancia

- 1 kg di patate lesse

- 100 g di latte

- 100 g di zucchero

- 4 uova

- 50 g di olio

- 1 lievito di birra

- 1 arancia grattugiata

- 1 limone grattugiato

- farina per quanto ne assorbe

- olio di semi di arachide per friggere

- zucchero semolato da cospargere alla fine

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In una coppa versare le uova, l’olio, il lievito sciolto nel latte, le patate lesse schiacciate con lo schiacciapatate, le scorze di arancia e limone grattugiate e mescolare. Aggiungere la farina poco per volta fino ad ottenere una consistenza molle ma che si può lavorare senza che si appiccichi alle mani. Formare delle ciambelline e metterle a lievitare, ben distanziate l’una dall’altra, su una spianatoia molto infarinata. Coprire con un panno leggero bianco e pulito. Quando saranno ben lievitate friggerle in olio caldo e farle scolare su carta assorbente. Prima di servirle, possibilmente calde, farle rotolare in una ciotola piena di zucchero.

Pace

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ridottepalme55  Pensavo fosse arrivata la primavera. Ma sabato scorso per un attimo siamo rimasti tutti stupiti, aprendo la finestra. Ma cos’era quello che si vedeva volare? L’aria gelida era piena di petali bianchi che svolazzavano qua e la… oppure…. era neve? Ma si era neve, ed era arrivata puntuale per rendere speciale la giornata del mio corso per l’intreccio dei rami di ulivo. Amiche che son venute da lontano hanno lasciato la loro casa con il sole e, man mano che si avvicinavano al mio paese, son rimaste sbalordite, quasi si trovassero in un altro tempo e molto distanti da qui, di fronte ad una tormenta di neve. Comunque siamo andate tutte al mio magico trullo, dove ci aspettava un camino acceso,  cose calde da bere e una crostata di ricotta e ciliege, e un corso dove imparare ad intrecciare rami di ulivo. E la magia c’è stata. E’ bello ritrovarsi, tra donne che non si conoscono tra loro, e cominciare a parlare come se invece ci si conoscesse da sempre. Davanti ad un camino e a cose buone da mangiare, si crea subito empatia. E poi c’era la curiosità, tanta, per quello che dovevamo imparare e fare. Abbiamo cominciato a parlare, a spiegare, a raccontare. Poi siamo andate fuori, al fresco, tra petali di ciliegi che volavano e neve che cadeva e abbiamo raccolto i rami buoni per l’intreccio.

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E poi di corsa dentro, con la luce del sole che stranamente splendeva nonostante tutto. E insieme abbiamo imparato un rito antico che nella sua semplicità parla del tempo che abbiamo dedicato a chi riceverà quel ramo, della cura nel renderlo perfetto e bello, del momento in cui, innalzato al cielo, sarà benedetto per portare pace nelle case. Grazie a chi ha partecipato e reso bella, con il suo entusiasmo, questa giornata.

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Cozze ‘mollicate’

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Per andare avanti bisogna fermarsi ogni tanto e guardarsi. Non solo intorno, ma anche dentro. Non siamo abituati a fermarci, ma solo a correre. E quante cose si scoprono fermandosi! E’ come mettere a fuoco in maniera diversa l’obiettivo della nostra anima. Niente grandangoli, niente panorami lontani, ma solo piccole cose vicine, sfuocando il resto. Esattamente tutte quelle cose che sembrano invisibili quando puntiamo l’occhio troppo lontano.

E’ un tempo strano questo mio. Il ritmo della mia mente vorrebbe correre, ma sa che invece deve rallentare. MI accorgo del superfluo…e, appena l’occhio si ferma, valuta e decide di buttare via. Anche cose nuove che non hanno più importanza o che non mi emozionano più. Decido di tenere ciò che mi serve, quello che mi basta, ciò che porta con se un gesto bello di un regalo, di un ricordo, di una promessa, di cosa bella e basta.

ultimamente non sto scrivendo tanto. Perchè qui sul mio blog vi si aspetta di trovare ricette e parole. E io di ricette interessanti non ne sto preparando. Ho deciso seriamente di perdere un pò di peso, per sentirmi più leggera, e le ricette che preparo sono semplicissime e per molti, ovvie. Quindi solo parole. E pensieri. E per fortuna stanno tornando belli e colorati. Grati per il presente.

Questa mattina è iniziata con un caffè caldo, la voglia di scrivere, i baci dei miei figli sul collo, tanti, in silenzio, coccole d’amore vero. Un piatto semplice preparato ieri sera per insaporire una cena altrimenti davvero senza sapore. E, tutte insieme e nell’ordine, voglia di campagna, di verde, di primavera, di passeggiate all’aria, e poi voglia di aria di mare, di estate e vento caldo sul viso.

I desideri, che sono il volano dell’anima mia.

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Cozze ‘mollicate’

- cozze a ‘mezza scorza’

- pangrattato

- aglio

- prezzemolo

- pezzettino di peperoncino

- filo d’olio extravergine

- spolverata di pecorino (a piasèr!)

In un ciotola con il pangrattato spezzettare fine il prezzemolo e l’aglio. Meglio se fate quest’operazione nel mixer. Una bella girata veloce e fa tutto lui. Aggiungere un filo d’olio, il pezzettino di peperoncino (pochissimo pero eh? altrimenti copre tutto il sapore, con l’anestesia che provoca) e, volendo, anche un pò di pecorino che ‘esalta’. Disponete in una teglia da forno le cozze e con un cucchiaio riempirle di questo pangrattato aromatizzato. Infornare a 200° per pochi minuti, fino a quando la cozza si solleva dal suo guscio e il pane diventa crosticina.

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