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Channel: Anna The Nice
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Crostata di pasta sablèe con crema cioccolato e whisky e scorza d’arancia …. aspettando il Natale

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 Natale2013

E’ già giorno. E questa volta mi fermo un pò qui. E’ da tanto che non riesco a fermarmi per scrivere. Ma intanto comincia ad arrivare l’aria delle feste. In realtà si stenta un pò ovunque a rilassarsi. Si avverte quasi un desiderio di saltare direttamente a metà gennaio, quando tutta questa valanga di scampanellii, di ricette, di candeline, di palle rosse, lascerà spazio al quotidiano un pò noioso, ma rassicurante. Però è anche vero che abbiamo bisogno di spiragli di cambiamento, di scossoni di suoni e sapori diversi. MIa madre mi ha sempre dimostrato che è rassicurante sapere che ci sono le feste e le stagioni a scandire le nostre vite. Perchè così sai esattamente cosa fare e quando farlo.

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E la mia casa in questi giorni è un piccolo delirio di farina e tentativi di fare addobbi. Con due gatti in casa ho imparato che l’albero diventa una chimera per noi e un parco giochi per loro. Salgono e scendono e cadono palle di continuo e addentano, sgranocchiano, le luci che lampeggiano. Insomma, un’impresa impossibile. La cucina è un turbinio di fogli e foglietti e quaderni di ricette che vengono fuori per le feste, alla ricerca di vecchi sapori o combinazioni stupefacenti. E li mi esalto e mi ricarico, perchè per me è un fantastico allenamento quello di leggere e immaginare già nella mente i sapori finali della ricetta che arriverà sulla mia tavola di Natale.

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E poi iniziano le prove generali. Paste sablè che si sciolgono nel forno, secchielli interi di confetture di mirtilli e lamponi arrivate dalle montagne, che stazionano sulla tavola, pronte per essere spalmate sulle mie torte. Ganache al cioccolato che aspettano di raffreddarsi un pò per raggiungere la giusta consistenza per il dolce al whisky che preparo a sorpresa per mio figlio che ogni tanto ha bisogno di qualcosa di dolce a fine pranzo. E fra cinque minuti infornerò i frollini ai due cioccolati per l’altro figlio che finalmente torna stasera e che non vedo l’ora di abbracciare.

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E poi inizieranno i giochi e gli incontri con gli amici, dove tenteremo invano di non esagerare a tavola, ma, si sa, le serate non sono le stesse solo con i saltinmente e le tombole, se nel frattempo non fai girare un piatto con uno spaghetto al volo. Vedremo. Ci proveremo. Non ci riusciremo, lo so. E ci rassegneremo a rimandare le buone intenzioni a dopo.

crostatina con ganache al whisky e arancia

Per oggi vi regalo l’atmosfera di casa mia e le ricette golose fatte con la pasta sablèe di Michel Roux.

Crostata di pasta sablèe con ganache cioccolato e whisky e scorze fresche d’arancia (english version below)

(per la pasta sablèe)

250 g di farina

200 di burro buono, tagliato a pezzettini e leggermente ammorbidito

100 g di zucchero a velo, setacciato

un pizzico di sale

2 tuorli

(per la ganache)

200 ml di panna

200 g di cioccolato fondente

25 g di burro

4 cucchiai di whisky

un’arancia biologica

 

Versare la farina a fontana su una spianatoia. Mettere al centro il burro, lo zucchero a velo e il sale. Lavorare con la punta delle dita e poi aggiungere i tuorli, incorporandoli delicatamente. Piano piano incorporare la farina e lavorarlo finchè l’impasto diventa omogeneo. Lavorarlo di polso per 3 o 4 volte finchè diventa liscio. avvolgerle la pasta in una pellicola e mettere in frigo per almeno mezz’ora, o comunque fino al momento dell’utilizzo.

Stendere una sfoglia sottile e con questa foderare una teglia da forno. Bucherellare la pasta con i rebbi di una forchetta, coprire con un foglio di carta da forno e mettere dei pesi (fagioli o palline di ceramica apposite). Cuocere a 180° in forno già caldo finchè si colora leggermente. Far raffreddare.

Preparare la ganache portando a bollore la panna e il burro e incorporando il cioccolato fondente grattugiato. Quando sarà sciolto per bene continuare a girare ogni tanto finchè si raffredda. Quando è ancora tiepido aggiungere il whisky e amalgamare.

versare la ganache o con una sacca da pasticcere o con un cucchiaio, rigandolo poi con una forchetta. Rigare l’arancia e far cadere le striscioline direttamente sul cioccolato.

Per i dolcetti della prima foto, ricavare dei dischi con la pasta sablè, cuocerli come descritto sopra, farli raffreddare e farcirli con confettura di mirtilli rossi. Innevate con zucchero a velo.

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Sablée tart with chocolate and whiskey ganache and fresh orange peel

( for SABLEE )

250 g  flour

200  good butter, cut into small pieces 

100g icing sugar

a pinch of salt

2 egg yolks

( for the ganache )

200 ml cream

200 g  dark chocolate

25 g  butter

4 tablespoons of whiskey

1 orange

Pour the flour on a pastry board . Put butter, icing sugar and salt, in the center. Working with the fingertips and then add the egg yolks , incorporating them gently. Incorporate slowly the flour and knead until the dough becomes smooth. Knead until it becomes smooth. Wrap the dough in plastic wrap and refrigerate for at least half an hour, or until ready to use.

Spread a thin sheet and put it in a pastry pan. Prick the dough with the tines of a fork, cover with a sheet of baking paper and put weights (dried beans or ceramic balls appropriate ) . Bake at 180 degrees in preheated oven until it colors slightly . 

Prepare the ganache by boiling the cream and butter and incorporating the grated dark chocolate . When will it be okay to continue to turn loose every so often until it cools. When it is still warm add the whiskey and mix .

Spread the ganache on the pastry, helping with a pastry bag or with a spoon, then do lines with a fork . Scratch the orange and drop the strips directly on chocolate .


Una zuppa al cumino e limone che riscalda il cuore

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Argomento di quest’anno… il puzzle. E’ una strana coincidenza. E’ il gioco che un nostro amico ha scelto di regalare all’intero grupp. Uno solo per tutti e l’immagine da costruire è un collage delle nostre foto scambiate per ridere o per sfotterci, su ‘uozzap’. Ogni anno un’idea diversa. Un riassunto di un anno insieme, da regalarci. Una volta un cubo da rimontare, un album fotografico… quest’anno il puzzle. E così sarà questo il filo conduttore delle feste, intervallato da altri giochi e, ovviamente, da cose buone da gustare insieme.

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Ma un puzzle è anche il mio cuore, che vede i suoi pezzi spargersi in giro per l’Italia e per il mondo e che finalmente vede il suo completamento in questa festa. Tutti i pezzi sono qui, intorno a me. E lentamente scende dentro di me la serenità. Tutto si illumina di una luce nuova. Anche gli occhi sorridono. Il tempo si dilata, e ci si sprofonda dentro per goderselo di più. La nostra casa è calda e profumata. La voglia di stare insieme immensa. E son tornati gli abbracci anche quando ci si incrocia nel corridoio. Oddio…. come si fa ad amare così tanto!

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Ed è anche tempo di regali. Che abbiano un significato o un messaggio da dare. E così durante le feste ogni tanto spunta un pensiero. Arrivano cuori e messaggi da lontano, da un’amica di sempre, che c’è sempre stata e sempre ci sarà. C’è chi regala cioccolatini e thè al volo, il tempo di un abbraccio e via. C’è chi regala il suo tempo, preparando spumini e crostate di ricotta e tavole pronte per giocare. Chi regala una sauna e un vassoio di luce. Chi un puzzle per restare uniti anche sul tavolo e sui muri per sempre, chi regala tazze per tisane e clessidre per regolare il tempo necessario per far sprigionare i profumi caldi.  E altri ancora arriveranno e altri partiranno.

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La sera dell’inizio delle vacanze di questo Natale è iniziata con il puzzle e con un incontro all’insegna del ‘caldo’ anche se eravamo a zero gradi fuori.

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Racconto con le foto… il posto magico della sauna, la doccia ghiacciata fuori non documentabile per ragioni di… fretta. Quindi, inizio del puzzle in casa, mentre fuori si accendevano i fuochi per arrostire cose buone. E nel frattempo io ho preparato e distribuito la zuppa più affascinante ed emozionante di quest’anno, imparata al Med Diet Camp a Cagliari, da un affascinante chef egiziano. Segue ricetta e racconto con foto. Ora scappoooooo….

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Zuppa di lenticchie gialle con cumino e limone (english version below)

attenzione, queste dosi devono essere rispettate rigorosamente

- 3 cucchiai di olio extravergine di oliva

- 100 g di lenticchie gialle

- 40 g di cipolla bianca

- 20 g di aglio schiacciato

- 60 g di pomodoro affettato

- 30 g di passata di pomodoro

- 30 g di carote affettate - 500 ml di acqua

- secondo il proprio gusto aggiungere cumino, pepe nero e sale per guarnire

--> buccia di limone da grattugiare un istante prima di servire

In una legumiera versare l'olio, la cipolla tagliata sottile, e l'aglio e far appassire. Aggiungere  le carote, il pomodoro e la passata, mescolare e aggiungere le lenticchie e l'acqua. Appena riprende il bollore aggiungere il cumino, il pepe nero e il sale. Far cuocere per 30 minuti e controllare la cottura delle lenticchie. Appena sono cotte frullare il tutto con un minipimer. Aggiustare di spezie secondo il proprio gusto. Servire quasi liquido e bollente avendo cura di grattugiare un pò di limone prima di portare in tavola.

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Lentil soup

3 tablespoons extra virgin olive oil
100 g  yellow lentils
40 g  white onion
20 g  crushed garlic
60 g  sliced ​​tomato
30 g  tomato puree
30 g  sliced ​​carrots
500 ml  water
according to your taste add cumin, black pepper and salt
for garnish -> grated lemon peel

Combine all ingredients in a pan and cook them for 30 minutes. Puree with an hand mixer.

before serving add grated lemon.

serve hot

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Canarino time

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Ogni persona è un mondo da esplorare. Ci sono mondi con il cuore aperto, da cui vengono fuori battute e abbracci, che è facile capire. E poi ci sono i mondi silenziosi, che devi quasi pagare per avere un sorriso, con gli sguardi  sempre altrove, che non sai mai bene che pensieri possono avere. E proprio da li a volte arrivano cose che ti stupiscono.

Io ho un amico che pensa molto e parla molto molto meno di me. Però è uno che ha orecchie e occhi curiosi e attenti, una mente con mille rotelle che girano contemporaneamente e che ‘si butta’ senza pensarci due volte nelle cose che gli piacciono. Però tutto sempre in silenzio. Ed è un mondo con mille interessi, da approfondire uno per volta, da vivere uno per volta, da condividere con gli amici appena è pronto. E così quando in lui è affiorata la passione per il mare ha preso la patente per guidare una barca, ne ha comprata una e ha portato in giro tutti, nel mare della Grecia, nel mare di Trani, in quello delle Eolie ecc… Oppure ci ha invitato semplicemente a pranzo fermi nel porto, a cucinare e mangiare quello che c’era, pur di stare insieme e farci cullare dalle onde di uno stesso mare, in un posto stretto e comune.

Poi è arrivato il momento delle essenze. E li, via con i profumi fatti apposta per noi, con note di agrumi, di patchouli, di vetiver, di limone e rosmarino, a seconda di come ci vedeva lui.  E poi via ai deodoranti naturali.

Poi ci siamo specializzati nei liquori, di mille erbe, tutte quelle che trovava, dai sapori delicati o forti da morire, e noi tutti li ad assaggiare e a sfottere per la sua nuova passione.

Poi abbiamo vissuto il momento della sauna. E tutti li a lessarci insieme seduti su panche di legno profumate, prima di infilarci fumanti come patate appena scolate, sotto la doccia ghiacciata all’aperto.

Guai a dargli nelle mani una pietra ollare, perchè nell’arco di una serata vi cucinerà di tutto, dal pomodoro alla banana con cioccolato fuso, passando per pollo-uova-formaggio insistendo che la fiamma è sufficiente, che si fa sicuramente tutto così con i tempi che dice lui….

Lui che sulla frisella ci mette di tutto, pure la lavanda, e fa bene. E anche nei cocktail che prepara, nelle attese che il pranzo sia pronto, sperimenta cetrioli e anguria e sedano e i suoi liquori e tutto quello che ritiene possa andare bene.

Il tema di quest’anno è stato ‘come preparare le tisane personalizzate. E si, perchè a uno piace il finocchietto, all’altro la liquirizia, una odia la cannella e ama invece l’anice stellato e la menta. E giù di erbe anche li, dosate non a caso, ma secondo il criterio appreso sui libri che studia appositamente per se e per noi.

Ma da un pò di tempo ci siamo calmati nel tipo, non nella quantità. Dopo le serate passate a mangiare, con la scusa delle feste e dei giochi che dovrebbero iniziare senza mangiare niente, e che invece si iniziano sempre all’una di notte, dopo aver mangiato di tutto (leggi pietra ollare), arriva puntuale il CANARINO, meravigliosa riscoperta di una ricetta antica e semplice … che ci consente di placare lo stomaco e i sensi di colpa del dopo cena.

E litri e litri di canarini con scorza di limone e mieli profumati e zuccheri grezzi, compaiono sulle nostre tavole, mentre si aprono le danze di saltinmente, pictionary e di allegre ed estenuanti discussioni sulle parole oleandro, sambuco e starne secondo lui domestiche.

E tutto questo fatto e offerto sempre con poche parole (a parte le starne, che li ancora continuiamo a discutere…).

Aspetteremo la prossima passione. Per ora gustiamoci il nostro canarino…. La ricetta? Solo acqua e scorza gialla sottile di limoni biologici, fatti bollire per un quarto d’ora. A piacere si può aggiungere anche una foglia di alloro, e dolcificare come si desidera. Ma è buono anche così, nature!

Alla prossima.

E al prossimo amico.canarino1

Il passato non c’è più, il futuro non c’è ancora. Io lo aspetto così…

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Io per natura vedo il bicchiere sempre pieno. MI guardo indietro e nonostante i miei momenti no, faccio un bilancio di quest’anno e scopro che ho rimosso tutte le cose brutte. I rancori, le cattiverie, gli attimi bui, le cose andate male…. via viaaaa. Magari da conservare solo un appuntino piccolo piccolo per le cattiverie, da tirar fuori al momento opportuno in un futuro indefinito, perchè io proprio santa non sono e non voglio fare quella che perdona. Questo no… E poi bisogna essere onesti, e in ciascuno di noi, non si perdona mai fino in fondo qualcuno se ti ha fatto del male e ci si sente sempre un pò seduti sulla famosa sponda….. Vabbè ma non è di questo che voglio parlare….

Quando ero piccola mi immaginavo a modo mio questo passaggio, denso e carico di significati e mi organizzavo a modo mio, sicura che nessuno avrebbe capito i miei riti. E così scrivevo su un foglio tutte le cose brutte e mi preparavo un foglio bianco su cui scrivere subito, dopo la mezzanotte tutte le cose belle che mi sarebbe piaciuto fare nel nuovo anno. E poi a mezzanotte bruciavo il foglio delle cose che volevo dimenticare, a rischio sempre di avere mazzate da mia madre che non capiva, ovviamente, questa mia piccola follia.

Come ho sempre scritto qua sul blog ogni anno, il salto mi fa paura prima e mi esalta dopo. Tremo i secondi che precedono la mezzanotte e nascono prepotenti i nuovi progetti e la nuova forza nei secondi immediatamente successivi alla mezzanotte.

Ed è per questo che la notte che verrà la stiamo organizzando carica carica di riti propiziatori. Dalle 12 portate da preparare, al colore di cui vestiremo prima e dopo, ad un qualcosa che non posso svelare ora, che faremo tutti insieme, alle musiche che ci faranno da sottofondo, al fuoco che brucerà, ai sogni che metteremo fuori dal nostro cuore, alle lacrime che inevitabilmente verranno fuori per la paura e l’emozione del futuro che verrà, qualunque esso sia… Ah vabbè,  le lacrime non sono programmabili, ma so che verranno, a si se verranno.

Poi se ce la farò a scattare qualche foto decente, vi renderò partecipi.

Ora devo scappare… Volevo solo fare gli auguri di un nuovo, bellissimo, colorato, ricco, FUTURO per tutti coloro che passeranno qui da me.

Grazie a tutti per le parole che lasciate sempre qui, e che mi accarezzano ogni volta che le leggo.

Ciò che non voglio mai dimenticare è proprio quello che mi ha sempre regalato il mio amato blog.

Auguri a tutti!!!!! ci vediamo il prossimo anno!

Il passato non c’è più, il futuro non c’è ancora. Io lo aspetto così…

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buon 2014

Io per natura vedo il bicchiere sempre pieno. MI guardo indietro e nonostante i miei momenti no, faccio un bilancio di quest’anno e scopro che ho rimosso tutte le cose brutte. I rancori, le cattiverie, gli attimi bui, le cose andate male…. via viaaaa. Magari da conservare solo un appuntino piccolo piccolo per le cattiverie, da tirar fuori al momento opportuno in un futuro indefinito, perchè io proprio santa non sono e non voglio fare quella che perdona. Questo no… E poi bisogna essere onesti, e in ciascuno di noi, non si perdona mai fino in fondo qualcuno se ti ha fatto del male e ci si sente sempre un pò seduti sulla famosa sponda….. Vabbè ma non è di questo che voglio parlare….

Quando ero piccola mi immaginavo a modo mio questo passaggio, denso e carico di significati e mi organizzavo a modo mio, sicura che nessuno avrebbe capito i miei riti. E così scrivevo su un foglio tutte le cose brutte e mi preparavo un foglio bianco su cui scrivere subito, dopo la mezzanotte tutte le cose belle che mi sarebbe piaciuto fare nel nuovo anno. E poi a mezzanotte bruciavo il foglio delle cose che volevo dimenticare, a rischio sempre di avere mazzate da mia madre che non capiva, ovviamente, questa mia piccola follia.

Come ho sempre scritto qua sul blog ogni anno, il salto mi fa paura prima e mi esalta dopo. Tremo i secondi che precedono la mezzanotte e nascono prepotenti i nuovi progetti e la nuova forza nei secondi immediatamente successivi alla mezzanotte.

Ed è per questo che la notte che verrà la stiamo organizzando carica carica di riti propiziatori. Dalle 12 portate da preparare, al colore di cui vestiremo prima e dopo, ad un qualcosa che non posso svelare ora, che faremo tutti insieme, alle musiche che ci faranno da sottofondo, al fuoco che brucerà, ai sogni che metteremo fuori dal nostro cuore, alle lacrime che inevitabilmente verranno fuori per la paura e l’emozione del futuro che verrà, qualunque esso sia… Ah vabbè,  le lacrime non sono programmabili, ma so che verranno, a si se verranno.

Poi se ce la farò a scattare qualche foto decente, vi renderò partecipi.

Ora devo scappare… Volevo solo fare gli auguri di un nuovo, bellissimo, colorato, ricco, FUTURO per tutti coloro che passeranno qui da me.

Grazie a tutti per le parole che lasciate sempre qui, e che mi accarezzano ogni volta che le leggo.

Ciò che non voglio mai dimenticare è proprio quello che mi ha sempre regalato il mio amato blog.

Auguri a tutti!!!!! ci vediamo il prossimo anno!

Buon 2014

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‘Benvenuti cari ospiti, benvenuti nella nostra casa. Siete stupiti di trovare una tavola apparecchiata solo con una tovaglia e senza piatti o posate o bicchieri, vero? Siete qui per la nostra cena di fine anno e non c’è niente sulla tavola. Ma in realtà su questa tovaglia bianca e nera c’è tutto l’anno appena passato. Con tutti i suoi problemi, le notizie cattive, le cose andate male, che rendono pesante e in bianco e nero la nostra anima e il nostro cuore. E quindi vi dico che non si può iniziare così il nuovo anno. In ciascuno di noi, questa sera, albergano speranze e progetti per il futuro, schiacciati dal pessimismo del noncelafaròmai, o del nonpuòsuccedere. Quindi nero su nero non porteranno niente di buono. Ed è per questo che io vi chiedo di iniziare a mettere qui, in tavola, i colori dei vostri sogni. Vi dono tutti i colori del mondo, racchiusi in cento pennarelli, e nastri colorati per ciascuno di voi. Per iniziare cominciate a colorare la tavola. Poi, a mezzanotte, scriverete sul nastro del colore che sceglierete, i vostri desideri e li legheremo sull’albero più alto che abbiamo qui. Sventoleranno per tutto l’anno, come piccole bandiere tibetane, per farle volare al vento, sempre più in alto, e il prossimo anno ci ritroveremo ancora qui, per vedere cosa realmente si è realizzato. E ora si comincia’

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Così ho accolto i miei ospiti ieri a cena, e per tutta la serata, mangiando cose buone, ridendo tra e di noi, tutti, tutti hanno continuamente colorato la tovaglia. A tutti noi hanno sempre vietato di scrivere sulla tavola, e ieri sera sembravamo tanti bambini che finalmente potevano realizzare un sogno sempre desiderato. E piano piano tutto intorno sono comparsi i colori. E a mezzanotte tra i fuochi benauguranti e le bollicine dello spumante, abbiamo davvero legato alla fune i nostri nastri…. aspettando tutti insieme il nostro futuro.

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Buon 2014 a tutti…. e aprite i cassetti per realizzare i vostri sogni!!!!

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‘Col rizz’ con uova e formaggio

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Ma si che ve lo racconto. Perchè la vita è fatta di tante cose, è proprio questo il gioco dei mille colori che poi messi tutti insieme da il bianco, il colore più bello che ci sia, il colore della luce. E di tutto quello che fa vibrare l’anima, io cerco di parlarne. E così parlo delle mie allegrie, dei miei entusiasmi, dei miei desideri, ma anche delle mie malinconie che spesso salgono dal mio cuore e mi avvolgono come un abbraccio struggente.

Ho sempre avuto nella mia vita una mano che mi ha guidato, un dito che ha indicato non solo la strada ma anche le cose belle da vedere. E le cose buone da raccogliere. E così ho conosciuto i sapori delle verdure più selvatiche, dai nomi strani o bellissimi. Ho raccolto sivoni e cicorielle, cristalli e sfrigoli, purchiazz e erbe profumate. E quando si tornava a casa si cucinava tutto in mille modi. E si raccontavano storie del tempo della guerra, quando non c’era da mangiare ed era difficile perfino trovare erbe nella terra, per la fame che portava tutti a raccogliere e assaporare tutto il commestibile. Oppure si inventava semplicemente una ricetta per il gusto di creare una cosa nostra. E mamma non ci dava ‘soddisfazione’ e non assaggiava nulla di quello che preparavamo noi, e ci definiva ‘pistrigghius’, ‘pasticcioni’, che non rispettavamo la tradizione e ci avventuravamo in improbabili accostamenti gastronomici di cui noi solo potevamo godere. E così spesso capitava che arrivavano telefonate del tipo ‘Ninetta, vieni a mangiare qui che ho trovato i col rizz. Vieni che ne ho preso due chili e tua madre non ne vuole proprio. Dai vieni che te li faccio trovare pronti’. E così quando arrivavo, con lo sguardo complice decidevamo di ignorare le altre cose preparate per pranzo e ci fiondavamo io e lui su questo piatto antico e semplice, dal sapore forte e buono da impazzire, e ne godevamo insieme, rimpinzandoci a scoppiare, e ridendo delle diete che avremmo dovuto fare, e dicendo ‘ma come si fa a fare la dieta eh papà, con queste cose buone che sappiamo preparare eh?’ . E così tante tante volte, mi chiamava per dire che aveva preparato i cornaletti con il finocchio, l’insalatina di ravanelli e pepe, l’olio santo da aggiungere ai legumi, i minestroni ricchissimi di tutto, le verdure cotte ma da mangiare non solo con l’olio che non sapevano di niente, ma da far saltare in padella con aglio, peperoncino e formaggio. E sapori meravigliosi, risate e baci e abbracci, mi facevano sentire regina.

Qualche giorno fa ho trovato dal fruttivendolo i ‘col rizz’, dopo tanto tempo. Li ho guardati, mi guardavano, freschi e verdi, sapendo quello che rappresentavano per me. HO accettato la sfida. Mi son detta ‘vabbè, ci provo’. Ci ho provato, li ho preparati proprio come li facevi tu papà. E godendo del loro sapore, tra le lacrime che scendevano giù da sole, e sorridendo delle nostre risate che avevo davanti agli occhi, ne ho mangiato fino a scoppiare. E tu eri li con me. In quel piatto, in quel sapore, in quel miscuglio di sapori che mi hanno riportato a te, in maniera forte e prepotente.  Vabbè… è andata così. Volevo raccontarla e l’ho raccontata.

Ora vi do la ricetta va….

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‘Col rizz’ con uova e formaggio. (English version below)

- un mazzo di ‘col rizz’ (una specie di cavolo riccio, vedete la foto)

- 3 cucchiai di olio extravergine di oliva

- 2 spicchi d’aglio

- un uovo

- 3 cucchiai di parmigiano o di rodez (o pecorino)

Lavare la verdura e privarla della parte dura del gambo. Lessarla in acqua bollente salata. Scolarla e conservare un pò di acqua di cottura.

In una padella versare l’olio e l’aglio e far riscaldare. Aggiungere la verdura e far insaporire. Aggiungere l’uovo e il formaggio e amalgamare, aggiungendo se necessario un pò di acqua di cottura, fino a quando si forma una crema morbida. Se gradite aggiungere anche un pò di pepe macinato.

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'’Curly kale’ with eggs and cheese

- 1 kg curly kale (see the photo)

- 3 tablespoons extra virgin olive oil

- 2 cloves of garlic

- 1 egg

- 3 tablespoons Parmesan or pecorino cheese 

Wash the vegetables and deprive it of the hard part of the stem. Boil it in salted boiling water. Drain and keep a little of the cooking water.

In a pan pour the oil and garlic and warm up. Add the vegetables and cook. Add the egg and cheese and mix, adding a little water if necessary cooking until it forms a smooth paste. If you like to add a bit of ground pepper.

Col CAVOLO mi metto a dieta!

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col cavolo

Io mi amo.

E così cominciava tutta una serie di scuse, giustificazioni per non iniziare una dieta vera e propria perchè, ammettiamolo, noi siamo grandi peccatori e il nostro più grande peccato è la gola. Ebbè è vero! Ma la cosa bella è che lo siamo tutti. Hai voglia a dire che ‘mangiare’ è così volgaaaare.  La voglia di socializzare si alimenta con cose semplici, comuni e buonissime. Basta dire a qualsiasi ora, della notte, del giorno, ‘mettiamo su l’acqua per due spaghetti?’ che è subito allegria. E nessuno dice mai di no. Mai.  E così si condividono spaghetti e sensi di colpa, che però scompaiono immediatamente, grazie al noto ‘avere amico al duol’.

Ma poi il duol arriva, ti senti un pò appesantita, hai voglia a dire che è bello essere morbida, e che se si è secche, ci si sbatte contro e ti fai male.’! Se quando sali le scale hai un pochino pochino di fiatone, o se i 7 km cominci a farli in 1 ora anzichè in 40 minuti, o se eviti di ballare perchè ti stanchi… allora mi sa che è ora di riprendere la dieta. O meglio, cominci a mangiare più verdura, meno carboidrati, meno grassi, e soprattutto cominci a ridurre le porzioni.

E’ inutile che ci illudiamo. Bisogna darsi una regolata. E allora? allora da oggi….

COL CAVOLO MI METTO A DIETA.

E soprattutto con quello che amo di più. Il cavolo romanesco, stufato a modo mio. Volete sapere come si fa?

Cavolo romanesco stufato

Mettere il cavolo in un tegame alto che possa contenerlo tutto (magari a cimette o intero come l’ho cucinato io oggi, dopo averlo lavato accuratamente), e condirlo con aglio, prezzemolo, pepe nero, qualche pomodorino, sale, olio extravergine di oliva e tre dita d’acqua. Coprire e mettere a cuocere su fiamma media. Quando è quasi cotto, versarvi su una manciata di formaggio piccante e ancora pepe. (Se siete a dieta strettissimissima, evitate il formaggio, però se ne mettete poco non morite ma è più buono eh?!?!?)

Tutto qui? Si. E non ne mangiate un chilo, se no non avete fatto niente.

Buon appetito.

E voi che fate?Aavete deciso di unirvi a questa compagnia di future ‘sinuètt’ come dice la mia mitica mamma?

Massììì che ci amiamo lo stesso!!!

che cavolo


Già in Puglia, terra e mare abbracciati. Le mie pappardelle Cime di rape e cozze.

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Dicevo a tutti che ero astemia. Ma intendevo che non bevo quasi per niente vino e alcolici. Assaggio, pilucco. Ma apprezzo.  E arrossisco nello scoprire che, pur non essendo assolutamente un’esperta, il primo sorso di vino, assaporato quasi a labbra strette, ad occhi chiusi, mi emoziona. Sempre. E dopo qualche sorso, mi fermo. E la mia emozione resta li, impressa, su quel sapore unico e quello che ha lasciato in me.

Poco tempo fa sono stata invitata a partecipare ad una bella iniziativa. Abbinare un piatto di mia invenzione ad un vino. Mi dico ‘ma io cosa ne capirò mai di vini?’. Ma poi, dopo giorni e giorni in cui cerco di immaginarmi i vari abbinamenti capisco che, per ‘creare’ o immaginare un piatto da abbinare, l’unico modo è … assaggiare e catturare subito il primo desiderio di ciò che vorresti mangiare subito dopo.

E poi l’invito mi arriva dalle cantine Fontanafredda, che tra l’altro io adoro. ‘Dalla nuova vendemmia hanno creato il Già Rosso, un Langhe Rosso senza solfiti aggiunti, ed il Già Bianco, un Marche Bianco. Quest’anno per la prima volta entrambi i vini rientrano a pieno titolo nel progetto Vino Libero, un progetto innovativo che mira a “liberare” il vino da tutto quello che può interferirne negativamente con il consumo: dai concimi chimici, dai diserbanti, dagli eccessivi solfiti aggiunti, ma anche dai packaging inquinanti, dalle mode e dagli abbinamenti comuni’.

Oggi avevo voglia di assaggiare il Già Rosso. Combaciava con il mio umore. Fuori c’era freddo, e sulla tavola una grande spesa. Tutta roba invitante. Verdure fresche della terra mia, la Puglia, pesce e frutti del nostro mare, spezie, pasta di diversi tipi. Insomma ero pronta per cominciare.

Apro la bottiglia con il mio cavatappi portafortuna. Annuso il tappo e già mi colpisce il profumo, intenso e persistente. Lo verso nel mio bicchiere preferito, osservo il suo meraviglioso colore rosso rubino con riflessi violetti. Aspetto un pò. E lo assaggio. Il bouquet è fruttato, intenso. Il sapore è secco e vellutato. Decisamente affascinante. Mi fa pensare alla terra, forte e rassicurante. E al mare che mi affascina da sempre. E mi dico, ecco, creerò un abbraccio di mare e terra, e questo vino sarà la loro carezza.

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Pappardelle Cime di rapa e cozze, al profumo di pepe nero intenso.

(per due persone)

- 500 g di cime di rapa

- 250 g di cozze già sgusciate, con la loro acqua

- 3 spicchi d’aglio

- 200 g di pappardelle

- 2 cucchiai di olio extravergine di oliva

- pepe nero macinato fresco

 

Mettere l’acqua in una pentola alta e portare ad ebollizione.

In una padella versare i due cucchiai di olio e gli spicchi d’aglio sbucciati e schiacciati. Far rosolare leggermente e poi versare le cozze con la loro acqua. far cuocere finchè le cozze saranno cotte e l’acqua si sarà ridotta almeno della metà. Spegnere la fiamma.

Nel frattempo lavare le cime di rapa ed eliminare le foglie dure. Salare leggermente l’acqua che bolle e versare la verdura. Cuocere per circa 5 minuti, e con una schiumarola tirarle fuori dall’acqua. Attenzione non devono disfarsi. Versarle nelle cozze e coprire.

Nella stessa acqua cuocere velocemente le pappardelle. Tirarle al dente e versarle nella padella con le cime di rapa e le cozze. Far insaporire il tutto a fiamma media e cospargerle di abbondante pepe, macinato al momento.

Aggiungere un filo d’olio extravergine di oliva e servire, avendo cura di guarnire con le cozze in bella vista.

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L’olio e i dolci tesori nascosti di Bitonto

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Lascio ancora una volta che siano i sapori della mia Puglia a parlare per me. E’ stato un salto, ma davvero un salto di mezza giornata, in questa città conosciuta bene di nome, ma mai visitata abbastanza. E ho scoperto ancora quanta bellezza la mia regione può regalare. E soprattutto quanta laboriosità e fantasia può generare tanta bontà.

Siamo figli di una terra generosa, baciata davvero dal sole. E la sua luce la avverte colui che mette piede per la prima volta qui, in mezzo agli ulivi e alla terra scura. E noi la ritroviamo al ritorno da altri posti e ce ne stupiamo sempre.bit2

Sono stata invitata a partecipare all’ultima tappa del Girolio, splendida iniziativa dell’Associazione Città dell’Olio, che ha toccato terre d’Italia ricche di ulivi e di mani che  raccolgono e producono questo dono prezioso che è l’olio extravergine di oliva. Data un pò scomoda, proprio sotto Natale che mi ha permesso di organizzare al volo solo un salto per un giorno. Ma è stato intenso e ricco di nuove conoscenze e di cose belle da vedere e imparare.

bit4 Certo l’inizio è stato dolcissimo. Incontro le altre foodblogger partecipanti (Patty, Benedetta e Cristiana) in un posto ideale per noi amanti golosone del cibo. Una ‘capatina’ al laboratorio di pasticceria artigianale Boccabò di Amedeo e Mariella Savoni, dove io arrivo in ritardo e baldanzosa, sicura delle mie certezze pugliesi, del fatto che quasi quasi vi parlo io delle nostre specialità. E a chiudermi la bocca (in tutti i sensi) trovo delle prelibatezze a me sconosciute, i boconotti di ricotta e pasta sfoglia sottilissima e i cannoli di pasta di cartellate e crema, ma buoooone, così buone che c’era da emozionarsi per davvero. E poi scopriremo andando in giro per la città che da questo laboratorio è il più famoso e tutti tutti quanti si servono da loro e serve un largo anticipo per prenotare i loro vassoi pieni di dolci.

E così continua la nostra passeggiata alla scoperta di antichi forni, che  sfornano focacce ricche di patate e olio,  pane bollito e poi cotto, e dolci strepitosi.

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E ad ogni angolo è la città stessa che ci stupisce, regalandoci scorci affascinanti. E la nostra guida preparatissima Chiara Cannito ci racconta la sua storia.

E tra viuzze e archi magici, piazze lastricate ancora di chianche,  una lezione di orecchiette tenuta a casa sua dalla mitica suocera di Chiara, e una lezione di fotografia analogica del cognato di Chiara, si è conclusa la mattinata a Bitonto, fino ad un break tipico a base di purè di fave bianche e cicorie, friselle al pomodoro e i cannoli alla crema di Boccabò (gnammmm).

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Nel pomeriggio siamo andati a visitare un’azienda particolarissima. Il Feudo della Verità, della famiglia Delorusso, è un’azienda che produce e trasforma sia olive, che mandorle e ciliege, gestita dalla giovane e in gamba  Francesca Delorusso, brava padrona di casa che ci ha fatto da guida.

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Qui abbiamo brindato con l’olio nuovo e non abbiamo potuto resistere alla tentazione di assaggiare le mandorle zuccherate ancora calde, che loro producono e vendono anche online.

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Tante le cose da fare, assaggiare e vedere in questa bella città. Tante le sorprese riservate a me che sono pur  pugliese.

Ed è arrivata in fretta la sera.

Che vita fantastica quella delle foodblogger!

E che cose uniche organizza l’Associazione Nazionale Città dell’Olio!!!

Le ferratelle

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Dicono ‘tu non crescerai mai’.

E questo perchè compro e leggo i libri di Harry Potter, trascino a cinema tutti i bambini della famiglia per vederne i film, parlo e condivido gli incantesimi con i bimbi che li conoscono bene,  organizzo a ripetizione le maratone del Signore degli Anelli, piango guardando per la centesima volta ‘La casa sul lago del tempo’, incantata dalla sovrapposizione di spaziotempo che rende possibile cambiare il proprio presente.

Certo vorrei capire perchè. Sono affascinata dal mondo dove tutto è possibile,  la presenza contemporanea in più posti, i mantelli che rendono invisibili, dove i raminghi  diventano re e parlano la lingua degli elfi… ed è in questi mondi che mi rifugio quando voglio davvero scappare dalla realtà fredda e dura che a volta è pesante da accettare.

Ma anche nella vita reale sono pronta a immaginare storie legate a qualsiasi cosa. Quasi un gioco magico che potrebbe regalare un’anima anche ad un sasso o una storia meravigliosa ad una casa abbandonata. Incontro sul treno o in aereo gente nuova e dopo aver osservato per un pò i lineamenti del loro viso, immagino cosa può aver causato una ruga, troppi sorrisi o occhi inclini al pianto. E immagino se c’è qualcuno ad aspettarli a casa…

Lungo la mia storia di foodblogger mi sono avventurata spesso alla ricerca di piccoli oggetti da fotografare, magari vecchi e ammaccati, privi della loro antica lucentezza, che portano con se la propria storia, lasciandomela immaginare. E così sui miei tavolacci sono passati bricchi di alluminio senza il manico, cucchiaini d’argento anneriti, piatti di peltro o di alluminio buoni forse solo in tempo di guerra, piatti sbeccati, tagliabiscotti e fruste quasi arrugginiti. E tutto questo trovato nei meandri di polverosi mercatini dell’usato.

E così è finito nelle mie mani uno strano attrezzo, pesante, di ferro, con due manici lunghissimi che tenevano unite due piastre incise con strani ghirigori e una data ‘1975’. Lo prendo perchè mi piace, lo studio perchè voglio capire, lo pubblico e mi arriva un racconto.

E scopro che questo attrezzo tipico dell’Abruzzo, è stato forgiato per anni e anni da abili fabbri, e dato in dote alle giovani spose, con inciso il marchio della casata o con la data in cui è stato fabbricato. E tutto questo per preparare dolci e morbidi sfoglie, profumate di anice e limone, chiamati ‘Ferratelle’.

Strana coincidenza. Nel 1975 è successa una cosa che ha cambiato il corso della mia vita. MI piace pensare quindi che quel fabbro lontano inconsapevolmente l’ha forgiato per me. Chissà quante storie potrà raccontare in un lontano futuro, di tutte le mani che nel frattempo l’avranno stretto per preparare cose buone.

Fatta al ricerca della ricetta ne ho trovate un’infinità. Soffici o croccanti, profumatissime di anice o solo al limone. Persino integrali. In questo percorso mi ha aiutato una mia amica, CranBerry, e sul suo blog ho trovato alcune risposte alle mie curiosità. Riporto qui di seguito la ricetta che io ho eseguito, con qualche piccola variante.

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Ferratelle

  • 3 uova
  • 250 g di farina ( 40% integrale-100 g e 60% farina 00-150g)
  • 6 cucchiai di zucchero
  • 1 cucchiaino da caffè di cannella (io non l’ho messa perchè dovevo offrirla a chi non amava la cannella)
  • 1 cucchiaino da caffè di semi di anice (io ho messo mezza dose)
  • 5 cucchiai di olio
  • 3 cucchiai di latte

Per il condimento potete usare miele e noci, oppure solo zucchero a velo alla vaniglia.

In una ciotola mescolare le uova e lo zucchero. Aggiungete poi gli altri ingredienti. Riscaldare l’apposito attrezzo sulla fiamma della cucina. Spennellare di olio o burro la parte interna del ferro. Versare un cucchiaio abbondante di impasto al centro, chiudete e rimettere sul fuoco. Recitate un’Ave Maria. Girate la ferratella e rimettetela sul fuoco. Recitate un Padre Nostro. A questo punto dovrebbero essere pronte. Controllate ed eventualmente modificate la velocità delle vostre preghiere.

Amen

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Fusilli con ricotta calda e sugo di pomodoro e porro fritto

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Dlin dlon. Apri la porta e trovi una cara amica con suo marito che vivono in campagna. Passando passando, si son fermati a casa mia per portarmi un pò di cose del loro orto: broccoli, cime di rapa (già pulite e lavate), cicoria, qualche cavolo. Visto che hanno anche ‘quagliato’ e fatto formaggio e caciocavalli, mi hanno portato due fuscelli di ricotta ancora calda che ‘devo tenere a scorrazzare per far uscire il siero’.

Mannaggia è calda davvero e mi ci vorrei proprio tuffare in tutta quella ricotta, ma dicono che può far venire il mal di pancia all’istante. Vabbè, l’assaggio, poco poco, piena di burro e ancora qualche pezzo di formaggio molle. Vabbè oggi si mangia presto e metto su l’acqua per la pasta. Le chiedo ‘volete mangiare qui'?’, e lei ‘ no, no, dobbiamo ancora fare il giro per le verdure sai, siamo solo di passaggio, ma magari un’altra volta dai. Ma che farai della ricotta?’ E io, la faccio con la pasta e il sugo di ‘spunzèl’. Poi mi accorgo che non ho gli sponzali e deciso di sostituirli con i porri che giacciono in paziente attesa di qualche vellutata, li nel cesto.

Questo fantastico sugo che mi fa tornare in mente quello che faceva mia nonna, che alla fine del piatto faceva una scarpetta saporita con ‘coppole e spunzel’ sul pane.

Però non resisto e mi preparo anche un antipastino veloce. Bruschetta calda e croccante con ricotta, pomodorini e capperi. Filo d’olio buono e qualche verdurina cruda per accompagnare.

Beata me!

Fusilli con ricotta calda e sugo di pomodoro e porro fritto (english version below)

per 2 persone

- 1 porro

- 4 cucchiai di olio extravergine di oliva

- un barattolo di pelati

- 200 g di fusilli (o altro tipo di pasta a piacere)

- 300 g di ricotta freschissima

Versare l’olio in una pentola. Pulire il porro e ricavare delle rondelle dalla parte bianca. Farlo rosolare velocemente nell’olio e versare i pelati, che schiaccerete con una forchetta. Salare quanto basta e far cuocere per circa 10 minuti.

Cuocere la pasta in abbondante acqua salata. Quando mancano un paio di minuti per scolarla, in un’altra pentola versare mezzo bicchiere dell’acqua di cottura della pasta e la ricotta. Far sciogliere la ricotta e farla riscaldare. Scolare la pasta e versarla nella pentola con la ricotta. Amalgamare il tutto. Servire con il sugo caldo.

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Fusilli with warm ricotta and tomato sauce and fried leeks

for 2 people

- 1 leek

- 4 tablespoons of extra virgin olive oil

- 1 can of peeled tomatoes

- 200 g fusilli (or other type of pasta to taste)

- 300 g of fresh ricotta

Pour the oil into a pot. Clean the leek and cut only the white part. Quickly pour in the oil and sauté the tomatoes.  Add salt to taste and cook for about 10 minutes.

Cook the pasta in  salted water. When missing a couple of minutes to drain it,  into another pot, pour half a glass of water from the pasta and ricotta. Melt the cheese and let it heat up. Drain the pasta and pour into the pan with the ricotta. Mix all together. Serve with the tomato sauce warm.

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La casa delle suore. E’ tempo di pace.

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NO, non sto invecchiando. Anzi, sono sempre più curiosa e non voglio che i miei interessi restino ‘chiusi’ solo nel mondo del cibo. Da sempre ho ritenuto importante non perdere di vista le attività che creano aggregazione e ci invitano a stare insieme collaborando. Da sempre sono una sostenitrice dell’unione che fa la forza. In tutto. Magari anche nelle rivoluzioni. E si perchè le voci solitarie non le ascolta nessuno. E poi perchè la parola ‘solitudine’ fa tristezza di suo. E quando più voci si incontrano, dopo uno sforzo comune per non far prevalere la propria su quella dell’altro, spesso nascono grandi e solari risate, che tanto fanno bene al cuore. E Dio sa quanto ne avremmo bisogno.

Lo scorso anno in questo periodo, mi venne in mente la solita ‘strana’ idea di recuperare un’antica tradizione in voga ancora nelle campagne, l’intreccio dei rami di ulivo per farne ‘palme’ portatrici di pace. E’ stata una bellissima esperienza e quest’anno mi è stato chiesto di organizzare nuovamente un corso. E io, con la mia amica Lucia, la vera esperta di questo corso, abbiamo deciso di approfondire l’argomento e imparare altre tecniche per arricchire il nostro corso. Abbiamo percorso chilometri nelle nostre campagne alla ricerca di quelle signore che il giorno delle Palme si ritrovano a benedire interi cesti di palme strane intrecciate in mille modi.  E gira e gira… abbiamo chiesto, spiegato, lasciato numeri di telefono, pregato di informarci…. ma… niente, non siamo riuscite a trovare niente di diverso da quello che sapevamo già fare noi. ‘SOLO’ rami di ulivo intrecciati.

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Poi, un’idea. In fondo questo è un simbolo religioso, dunque perchè non andare a chiedere proprio in un ambiente religioso? Qui da noi, nella periferia del mio paese c’è un’antica abazia di monaci benedettini e li siamo andate a bussare. Toc Toc, ma niente, i monaci hanno altre abilità, canto gregoriano e scrittura di sacri testi. Ma le palme no, non le sanno fare. Andiamo via e, un pò sconsolate, con un libretto di preghiere in mano, regalateci da un monaco anziano, intravvediamo tra i rami di pini altissimi, una struttura che sapevamo abitata da suore in pensione. Una casa di riposo per suore insomma. Diciamo, bè tanto siamo qui, tanto vale andare a chiedere.

Toc toc. E ci apre una suore dal viso dolce e gentile e le spieghiamo di cosa abbiamo bisogno. Lei ci fa accomodare e ci chiama una sorella, Suor Immacolata. E da qui comincia l’avventura fantastica in un mondo a me sconosciuto che, non nascondo, fino a qualche tempo fa aveva suscitato in me sempre qualche perplessità…

Suor Immacolata ha un modo di parlare che ti incanta. Ti ascolta e…. agisce immediatamente. Ci spiega la rigida gerarchia del loro istituto e ci parla del suo ruolo. E’ un pò una factotum, che assiste le suore anziane, aiuta in cucina, cura le pubbliche relazioni, intrattiene le suore nelle serate un pò malinconiche. Insomma una simpatia travolgente e noi ce ne innamoriamo immediatamente.

Le chiediamo delle palme, Lucia le parla delle sue passioni, tra cui il ‘chiacchierino’, lei si entusiasma perchè condivide la stessa passione da quando era ragazza. Insomma dalla sola richiesta di informazioni prende il via una serie di incontri, ‘gli incontri del giovedì’, durante i quali impariamo tantissime cose.

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Scopro che ciascuna di loro, chiusa nel proprio silenzio e nelle preghiere, conserva delle abilità, delle qualità che potrebbero essere ricchezza per tutti noi.

Dapprima un pò titubanti e insicure della loro memoria, appena appena stimolate dalla mia insistenza, aprono la loro mente e cominciano a parlarci, quasi accavallandosi.

E così conosciamo … La suora che crea capolavori al chiacchierino, la suora che intreccia le palme ogni giorno in maniera sempre più ardita, la suora cuoca che prepara cose leggere ma squisite nella sua cucina (quel giorno c’erano melanzane alla pizzaiola, cotolette di pollo al forno con vino bianco), la suora un pò sorda che intreccia centrini all’uncinetto che ama raccontarmi delle barzellette, la suora arrabbiata e infastidita da tutto il caos che abbiamo creato, la suora dagli occhi azzurro ghiaccio che sorride timida alla mia macchina fotografica, che ancora non ci ha raccontato niente di se, la suora che dice di non saper fare niente se non lavare e stirare in maniera impeccabile, la suora dal sorriso allegro, la madre superiora che bada amorevolmente tutte le sue sorelle, cercando di risolvere i mille problemi che ogni giorno si presentano, compreso anche il collegamento telefonico e ad internet.

Lascio che parlino le immagini…

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Durante le nostre visite le suore sono curiose di questo scambio e molto sorprese che noi possiamo essere interessate a loro. Una di loro, molto divertita da quella ventata di novità e anche un pò di invadenza che avevamo portato, mi chiede ‘ma perchè non resti con noi?’. E io ‘non credo che sia possibile… sa, a casa ho un marito e due figli che mi aspettano’. Penso ci sia rimasta un pò male. Ma tornerò e sarà contenta.

E come l’ultima volta continuerò a preparare una torta, semplice e leggera, per suggellare con un piccolo dono i nostri incontri.

E intanto apprendiamo nuove tecniche per rendere speciale il prossimo corso sull’intreccio delle palme che organizzeremo per la Pasqua.

Quindi preparatevi che si parte a breve…

E intanto io vado dalle suore.

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Lamponi di PACE – Il coraggio delle donne – La mia crostata di biscotti e gelatina di lamponi

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Ma ci si stanca mai di parlare tra donne? e ci si stupisce mai abbastanza della loro forza e del loro coraggio? Ovunque, in ogni tempo e in ogni luogo. Anche qui sul web tra i mille incroci di vite, ogni tanto arriva un’onda alta, imponente, che travolge il cuore di tutti e, ancora e ancora, stupisce.

La loro capacità di unirsi per far sentire alta la loro voce, per combattere pro o contro qualcosa o qualcuno, è forte ovunque. Donne che si danno la mano per salvare i loro figli e i loro uomini. Donne che fanno barriera per salvare altre donne da mille tipi di violenza. Donne che danno voce ad altre donne schiacciate da sempre dalle prepotenze.

E donne come noi che si uniscono per dar voce a chi ha voluto tornare a sperare dopo aver vissuto l’orrore di un massacro che le ha lacerate nel cuore.

Leggevo qualche giorno fa un post di una blogger che adoro, AnnaMaria…, e subito una fortissima emozione mi prende. Vi prego di leggerlo perchè io non saprei spiegare meglio di lei con la stessa intensità, il suo messaggio. Ma all’improvviso tante blogger, decidono di unirsi a lei in questa denuncia e organizzano questa bellissima iniziativa a supporto delle donne di Bratunac,  (Bosnia Erzegovina), e della loro attività.

E anch’io oggi vi regalo una ricetta rossa come lamponi profumati di amore, e dolce come il coraggio di noi donne.

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Crostata di biscotti e gelatina di lamponi

- 200 g di biscotti secchi

- 150 g di burro

- 2 cucchiai di zucchero di canna

- mezzo litro di crema pasticcera

- due vaschette di lamponi e fragoline

- 3 fogli di colla di pesce

- 1 cucchiaio di zucchero a velo

 

Tritate in un mixer i biscotti con il burro e lo zucchero di canna

Distribuitelo in uno stampo per crostata con il fondo rimovibile e ponetelo in frigo per un’ora circa.

Nel frattempo preparate la gelatina facendo cuocere i lamponi e le fragoline insieme allo zucchero a velo. Quando si sarà formato tutto lo sciroppo aggiungere i fogli di colla di pesce precedentemente ammollati in acqua fredda. Mescolare velocemente e procedere all’assemblaggio.

Versare sul fondo della crostata la crema pasticcera e poi aggiungere la gelatina rossa.

Far riposare in frigo per almeno 4 ore prima di servire.

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Doppia Sfida a Siena. Venite con me…..

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Vi piacerebbe venire con me in un racconto attraverso la mia ultima settimana, attraverso la Toscana e soprattutto attraverso la storia?

Arrivare a Siena per me è stato un sogno. Tanto tempo fa l’avevo solo sfiorata, di passaggio da un viaggio frettoloso, durante il quale mi ero riproposta di tornarci quanto prima. Sono passati quasi 10 anni da allora e qualche settimana fa la mia amica Patty, del blog Andante con Gusto, me ne ha dato l’occasione, invitandomi ad una simpatica sfida ai fornelli, a suon di cucina pugliese vs cucina toscana. MI spiega che la Confcommercio di Siena, insieme al Corsorzio Agrario hanno deciso di organizzare una bellissima manifestazione chiamata DoppioFuoco, una SFIDA tra chef e blogger dell’Associazione Italiana FoodBlogger, seguita da showcooking con degustazioni e assaggi di quanto preparato, con votazioni per gradimento. ‘Mi piaaaace’ dico e accetto subito.

Doppio Fuoco

Preparo la valigia con i prodotti pugliesi che saranno le mie armi in questa sfida e tutta contenta parto per incontrare Marco Frambati, chef dell’Osteria ‘Le Sorelline’ di Siena. E li inizia la mia avventura.

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Cucinare per la prima volta con uno chef, in perfetta sinergia, in una cucina vera di un ristorante, ed organizzarsi e parlare tanto degli ingredienti che si possono assemblare in mille modi, e scoprire che è vero ed è fantastico…. è solo l’inizio di un’esperienza emozionante. La sera del giovedi la sala era al completo e i nostri ospiti erano impazienti di degustare la mia cucina pugliese e la rivisitazione di uno dei piatti in chiave ‘toscana’. Il menù prevedeva Bruschette con burrata e alici sotto sale, Purè di fave bianche con cicoria lessa, insalata di cipolle rosse in agrodolce, friggitelli fritti, melanzane ripiene con insalatina fresca e, infine, crostata di marmellata di ciliege e ricotta. Marco, partendo dagli stessi ingredienti, mi ha sfidato sul purè di fave bianche e, vi giuro, dopo averla assaggiata la sua versione…. ho votato per lui, perchè il risultato era meraviglioso. C’è stato uno scambio vero di consigli. Lui ha molto apprezzato tutto il menù ed in particolare la mia insalata di cipolle rosse che non finiva mai di mangiare… e io il suo purè. (però qui, con votazione segreta, ho vinto io, eheheheh…).

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Il giorno dopo, venerdi, una bella passeggiata con i miei meravigliosi Luca e Patrizia, per un assaggio di Siena sotto un sole fantastico, compagnia gradevolissima e simpatica, difficile talvolta da seguire nei discorsi se non infilavano le ‘c’ nelle parole, altrimenti piene di aspirazioni e ‘th’ al posto della ‘t’ che, nonostante la mia laurea in lingue, hanno messo a dura prova la mia comprensione. Quindi pranzo veloce sotto il sole di Piazza del Campo (Dio quanto è bellaaa!!!) e via alla seconda sfida.

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Allo showcooking si è parlato del  pane Verna, prodotto con grani antichi, buono come solo le cose di una volta sanno essere. Marco ha preparato e spiegato i suoi goduriosi crostini con i fegatini e la mitica Ribollita (con ricetta segreta che neanche sotto tortura rivelerà mai!) e io ho parlato ancora dei miei crostoni con burrata e alici, dei lampascioni fritti serviti con cotto di fichi e delle mie, buonissimeeeeee, polpette di pane, preparate ovviamente con questo merviglioso pane. Grande successo per la degustazione, il pubblico mi è sembrato davvero entusiasta delle nostre proposte. Ex equo meritato secondo me per il risultato, ma era davvero un gioco tra amici e qualunque risultato sarebbe stato giusto lo stesso.

Marco mi ha insegnato tanto con il suo temperamento preciso e meticoloso, il suo modo di creare dei piatti buonissimi, e la sua dedizione per un lavoro davvero duro anche se bello. Nella sua Osteria le Sorelline c’è sempre il pieno perchè lui è davvero bravo e merita tutto questo successo. La sua dolce Caterina poi è sempre sorridente e ‘fortissimaaaa’ perchè ha una resistenza fisica incredibile a fare su e giù mille volte al giorno, in questa antica osteria collocata al centro di Siena. E poi mi hanno parlato molto, e molto abbiamo anche riso, delle Contrade, e di tutte le leggende e le storie ad esse legate, durante il Palio e nella vita di tutti i giorni. Troppo bello ascoltarli. Spero di tornarci, anzi, ci tornerò di sicuro!!!

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E poi Siena……. Mamma mia che spettacolo!!!! Ho dormito in un albergo carinissimoooo, elegante, con un personale gentile gentile, fatto colazione in una veranda inondata di sole e goduto, con in mano il cappuccino più buono del mondo, di un panorama mozzafiato su una Siena e una campagna dai contorni sfuocati di un alba luminosa…. L’Hotel Santa Caterina, con la sua bravissima direttrice, Lorenza, che da a tutti il suo benvenuto facendo sentire i suoi clienti a proprio agio e coccolati.

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E da qui, vicinissimo alla Porta Romana, si parte a piedi per esplorare la città. E li ti perdi nell’incanto delle mille stradine  intatte, strette e ripide  di un centro storico tenuto benissimo, e rivivi la storia meravigliosa del Medioevo fatta di Contrade e contradaioli agguerriti e fanatici, del famoso Palio, di panorami mozzafiato che si mostrano all’improvviso, come Piazza del Campo, o il suo Duomo maestoso, il Palazzo Salimbeni, la torre del Mangia. Ma Siena bisogna vederla, viverla e mangiarla anche…. E se si entra nel punto vendita del Consorzio Agrario, situato in un bellissimo palazzo antico nel centro della città,  si hanno a disposizione tutte le cose più buone che il territorio offre. Ci si perde, tra le mille bontà, e si gode della Chianina più buona, delle creme al tartufo da spalmare e tanto tanto altro…. e si assaggia subito e caldissima la pizza più buona del mondo fatta con una farina particolare che la rende croccante e digeribile._MG_9090  IMG_2977

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E dopo tutto ciò via verso le colline della campagna Toscana………..

L’ho vissuto davvero tutto questo ma sembra un sogno vero????

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Ringrazio Patrizia del blog Andante con Gusto per alcune delle foto qui pubblicate, gentilmente concessemi, perchè…. o cucinavo o fotografavo….

E poi ne ho approfittato per fare bella figura perchè le sue foto sono sempre fantastiche.


Spaghettoni al berberè e i dubbi della memoria

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spaghettoni con pomodorini e berberè

E’ da un pò di tempo che, parlando con le amiche, noto che abbiamo un problema in comune che, al momento della confessione, è sempre seguito da un ‘nooooooo, anche tuuuuu?’. E questo ‘aver amico al duol’ ci rassicura non poco. Mi spiego meglio.

Vi capita mai di andare in una stanza e aver dimenticato perchè ci siete andate? oppure sapete di avere mille cose da fare e ve le appuntate ‘mentalmente’, ma puntualmente ve le dimenticate e siete disorientate appena uscite di casa? Oppure, peggio, ve le segnate pure sul foglietto degli appunti e poi… dimenticate anche il foglietto a casa? Incontrate mai qualcuno e non  ricordate chi è e li cominciate a temporeggiare, sperando che qualcosa vi faccia tornare in mente qualcosa che vi eviti di fare la figuraccia? Prima potevate andare a Rischiatutto per i nomi di attori e cantanti e ora ce l’avete li li, sulla punta della lingua e proprio non viene fuori, salvo poi a venirvi in mente 6 ore dopo, di notte, e ve lo appuntate anche se non serve più? Insomma allora fate parte del mio club ‘le smemorande’… Non vi agitate, perchè non è possibile che la demenza senile sia su base virale. Dobbiamo solo capire dov’è il problema.

Troppi impegni? volete fare troppe cose e non avete il tempo materiale ne per farle ne per memorizzarle? stanchezza fisica? carenza di magnesio/potassio/fosforo? mangiate poco pesce? o, semplicemente, disabituate il cervello a memorizzare, vivendo un presente fatto solo di computer, facebook, foto e idee che vagano irrealizzate nella vostra mente?

Io ho fatto caso che forse l’ultima spiegazione è la più attendibile. Sono stata infatti via da casa per circa 15 giorni e ho avuto poco tempo da dedicare al computer, anzi mi sono arrangiata con un pochino di fb dal cellulare e basta. E al mio ritorno ho notato che la mente funzionava meglio, ricordavo di più, ed ero più presente. MI sa tanto che dovremo rivedere con timer il nostro rapporto con il virtuale.

IN questo giro bellissimo vissuto negli ultimi giorni, ho incontrato un mare di gente interessante, fatto nuove amicizie, incontrato alcune ‘vecchie’, cucinato ovunque, parlato sempre, progettato tanto, abbracciato tutti, e stretto al cuore mio figlio per tutto il tempo che potevo.

garofani

Sono stata a Bologna ‘di passaggio’ per stare con il mio amore, cuore a cuore, ho cucinato per lui, lavato, parlato e abbracciato di continuo. Poi a Siena, ma questo ve l’ho già raccontato. Poi a Roma dove con Simonetta, siamo andate a ‘sentire’ la musica in un concerto bellissimo da ‘vivere’ al buio, scalze e sdraiate a terra, in mezzo ai cuscini, mentre i musicisti suonavano intorno a noi. Fantastico. E con lei siamo andate al mercato dei fiori, dove abbiamo comprato garofani fucsia di una bellezza che straziava il cuore. Abbiamo parlato tanto (anche della memoria fallace), lavorato, dormito e sognato. E cucinato. Cosa? questi spaghettoni che hanno in se un mix di sapori e posti lontani e diversi. Ma che messi tutti insieme sono fantastici. E poi son tornata a Firenze per imparare a potare gli alberi di ulivo, ma di questo ne parlerò nel prossimo post. E poi di nuovo a Roma dove ci sono stati altri incontri produttivi con altre blogger. E poi a casaaaaa. E ora sono qui che mi godo il mio sole, la mia campagna, la nuova primavera e la mia cucina semplice fatta di tante verdure e poca pasta. E mi è tornata prepotente la voglia di piantare l’orto, e di organizzare i miei corsi di cucina pugliese. Mah vedremo. Intanto la bella stagione mi accarezza e promette …

Al prossimo post allora….

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Spaghettoni pomodori, aglio, alloro e berberè (da mangiare in compagnia)

(dosi per due amiche affamate che se ne fregano almeno per un giorno della dieta)

- 300 g di spaghettoni di quelli davvero buoni

- 16 pomodorini ciliegino

- 4 spicchi d’aglio

- 5 foglie di alloro

- 3 cucchiai di olio extravergine di oliva

- prezzemolo

- un cucchiaino di Berberè (Il Berberéè una miscela di spezie, la cui composizione è tradizionalmente: peperoncino, zenzero, chiodo di garofano, coriandolo, pimento,Ruta graveolens, ajowan, può comparirvi anche il pepe lungo. È un ingrediente chiave delle cucine eritrea ed etiope. cit Wikipedia)

ATTENZIONE: cominciare con mezzo cucchiaino perchè potrebbe essere molto piccante, ma poi regolarsi a seconda del proprio gusto.

                                

Portare ad ebollizione una pentola di acqua. Salarla e versare gli spaghettoni buoni che, sicuramente richiederanno almeno 10 minuti di cottura.

Nel frattempo in una padella larga abbastanza da contenere poi la pasta da saltare, versare l’olio, l’aglio schiacciato e spellato, i pomodorini tagliati a metà e l’alloro. Far cuocere velocemente e quando è fuoriuscita tutta l’acqua di vegetazione dei pomodorini spegnere il gas e aggiungere il berberè. Scolare la pasta molto al dente e versarla nella padella dove la farete saltare fino a farle prendere un bel colore rosso ovunque.

Tritare grossolanamente un bel pò di prezzemolo, aggiungere un filo d’olio ancora e servire.

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(English version)

Spaghetti tomatoes , garlic , laurel and berberè

(for two hungry friends who do not care for at least one day of the diet )

- 300 g of spaghetti really good ones

- 16 cherry tomatoes

- 4 cloves of garlic

- 5 laurel leaves

- 3 tablespoons extra virgin olive oil

- parsley

- A teaspoon of Berberè ( The Berberè is a spice mixture of pepper, ginger, cloves, coriander , allspice, Ruta graveolens , ajowan. 's A key ingredient in the kitchens Eritrean and Ethiopian . cited in Wikipedia)

Boil spaghetti in a salted water. Meanwhile in a pan wide enough, pour the olive oil, crushed and peeled garlic, chopped tomatoes and laurel. Cook quickly , and when all the vegetation water of  tomatoes is out, turn off the fire and add berberè . Drain the pasta and pour into the pan where you will mix all together.

Il tempo regalato (riso, carciofi e piselli alle erbe)

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Oggi sono sola. E lo sarò anche domani. Un sabato e una domenica da inventarsi, di cui approfittare, da riempire di cose o da svuotare di pensieri.

Premesso che io non amo molto la solitudine. Mi intristisce e mi fa sentire abbandonata, come quando hai quella famosa sindrome del ‘nessuno mi vuole bene’. Però ho notato che facendo appello a tutto l’ottimismo di cui sono capace, mi fa sentire a volte come chi ha trovato una borsa piena di tanti soldi e non riesce a decidere come e se spenderli. e comincia a fare mille progetti che affollano la mente.

E così il tempo ‘regalato’ lo si può riempire di tutto o di niente.

I panni da stirare possono aspettare? le ricette da consegnare posso mandarle domani? posso evitare per un giorno di cucinare? posso mangiare quando voglio e cosa voglio io?

Se il tempo è brutto e freddo, la risposta è si. Un bagno caldo e profumato. Poi prendi quella coperta lilla morbida, il libro, thè sul tavolino, sacchetto di riso e lavanda riscaldato. Ti piazzi sul divano e leggi.

Se fuori c’è il sole, la risposta a tutte queste domande è … sempre si. E decidi di andare a camminare al mare, anche se non fa ancora caldo. Porti con te un’amica, una bottiglietta d’acqua fresca, un pezzo di pane alle noci, un maglione. Ti metti abiti leggeri e comodi. E vai. Tanto al ritorno hai ancora un pò di piselli e cipolla pronti. Anzi, hai anche dei carciofi saltati in padella di ieri sera. Poi si pensa.

E cammini, e respiri, e ti riempi d’aria pulita dal profumo di estate e vacanze. E ti senti fortunata che in venti minuti sei già in questo posto di favola con l’acqua limpida e immobile, con il suo rumore che gli altri ci pagano le app zen per sentirle. E poi al mare chi ci va in questi giorni? nessuno. E il mare e la spiaggia son tutti per te. Anche sulla sabbia non ci sono orme. E ti organizzi la camminata di un pò di chilometri, e decidi di farla in silenzio. E decidi di pensare solo al qui e ora. Lasci fuori da questo momento le angosce che ti porti dentro. E se si affacciano i pensieri, non li fai entrare. Ecco.

E tutto questo funziona.

Se non hai a portata di mano il mare anche la campagna va benissimo.

E poi quando torni a casa, in un attimo, decidi che hai fame e vuoi farti le coccole.

Lessi un pò di riso a chicchi grossi. Lo scoli al dente, lasciandogli un pò di acqua. Lo metti in una padella larga dove hai già messo a scaldare i carciofi e i piselli together. Li mescoli insieme, in un abbraccio che sa di buono. Ancora un filo d’olio. Prezzemolo e altre erbe che hai a portata di mano. Tutte rigorosamente fresche. Una nuvola di parmigiano. E quando ti servi da sola, sembra che ti sia regalata una carezza e un abbraccio. Mi voglio bene.

Fatelo anche voi. E poi ditemi se questo non è una forma bellissima di amore.

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E’ tempo di potatura… e io imparo in Toscana nelle terre del Laudemio

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A novembre scorso vi ho portato con me in mezzo alla nebbia e a sterminati campi di ulivi dove, a dispetto di un tempo inclemente, si raccoglievano preziose olive che avrebbero prodotto l’oro del Laudemio. La nebbia, quel giorno, non solo non ci impedi di vivere una giornata meravigliosa, ma, anzi, regalò  fascino e un’aria da favola alla terra che ci stava accogliendo. E così vivemmo il primo dei quattro fantastici incontri a cui i produttori di quest’olio di eccellenza, hanno avuto il piacere di invitarci. Pieni di orgoglio per il loro lavoro e con gli occhi lucidi di entusiasmo, ci hanno donato le loro storie.

Qualche giorno fa siamo tornate, in terra di Toscana, per il secondo appuntamento. Mi hanno detto:’ ti piacerebbe venire a vivere la fase della potatura dei nostri alberi di ulivo?’. A me, dico, a me che da anni parlo e fantastico sui miei 22 alberelli di ulivo e racconto di quando produco il mio olio che mi sembra il migliore  del mondo e credo che me lo dica anche quello del frantoio???? ‘eccerto che vengo’, dico. Sono sempre stata curiosa dalla cura che ci si prende dei propri alberi. E’ un’arte quella di saper potare. E mi dicono ‘bisogna saper ascoltare l’albero, te lo dice lui stesso quali sono i rami da tagliare’. Ma evidentemente io sono sorda o non capisco il loro linguaggio. E quindi ero curiosissima di apprendere, capire e mettere in pratica subito.

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Firenze è Firenze. La Toscana è la Toscana. Ma arrivare al suo cuore, con le persone giuste, prodighe di spiegazioni, con quell’antica sapienza e quell’accento meraviglioso…. bè è un’esperienza indimenticabile. La prima tappa è stata La Fattoria di San Michele a Torri, che dista una decina di km da Firenze, in una zona di dolci colline. ‘200 ettari di terreno, di cui 50 coltivati a vigneto, 30 a oliveto e la parte restante a seminativo e bosco, la Fattoria di San Michele si trova praticamente a cavallo delle zone vinicole del Chianti Colli Fiorentini e del Chianti Classico. Un habitat particolarmente vocato alla viticoltura, dove nascono vini rossi profumati, vellutati e di grande carattere’.

Abbiamo passeggiato attraverso la tenuta, respirando l’aria buona di una terra pulita, dove i maiali di cinta vivono all’aria aperta e mangiano cose buone. Le vigne producono un vino delizioso e gli ulivi vengono potati con una maestria che emoziona. E per questo poi li premiano con frutti che danno un olio che ho già assaggiato e che, vi garantisco, è davvero buono.

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Alla fine della passeggiata abbiamo assistito (e io sotto sotto agli alberi) ad una lezione di potatura, dove ho capito che io ho sempre sbagliato tutto, e ho fatto sempre il contrario di quello che si deve fare. Tagliavo i rami buoni e lasciavo quelli da tagliare. Bè almeno ora l’ho capito. Ho provato anch’io a potare, con i loro attrezzi all’avanguardia. Mica con le cesoie che uso ioooo. Mitici i loro ‘potini’ (potatori), uomini speciali, depositari di un’arte antica interpretata secondo i propri criteri, ‘perchè non ce n’è uno che pota uguale agli altri, ognuno ha la sua tecnica’.

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E dopo una breve visita all’orciaia, dove abbiamo ancora goduto della vista del loro prezioso olio, è arrivata la pausa ristoratrice, durante la quale abbiamo assaggiato, (bè insomma, proprio solo assaggiato no, visto che si è fatto primo, secondo, terzo, quarto giro e abbiamo detto stop, sennò scoppiavamo) prosciutti, filetto, lardo, finocchiona (prodotti da loro) e formaggi freschi e stagionati, accompagnati dal pane integrale caldo (di farina biologica prodotta da loro), bevuto i loro vini, e mangiato con gusto le loro mele biologiche. Giuro che di mele così non ne ho mai assaggiato. Ne ho comprate un pò e ancora le centellino.

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Quindi, andando incontro al tramonto, siamo arrivati negli uliveti del Castello di Nipozzano, dei Marchesi de Frescobaldi. Abbiamo assistito anche li ad una lezione di potatura, diversa dalla precedente, comodamente sedute in un prato pieno di margherite e viole, circondate da un panorama che toglieva il respiro.

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Mondo affascinante quello del Laudemio, bisogna sentir parlare i produttori, o i responsabili di questo incredibile processo di produzione e trasformazione, guardali negli occhi mentre ne parlano, per capire quanto amino il loro lavoro e la loro terra bellissima.

Ancora una sosta nel Castello, nella sala accanto al camino acceso, dove un’amabile cuoca ci ha fatto trovare una crostata fantastica, caffè caldo e thè. E la favola del Laudemio almeno per quel giorno si è conclusa.

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Sembra davvero un’atmosfera di altri tempi, arricchita da sapori buoni come quelli di una volta, che ogni volta vengono offerti con una delicata ospitalità.

Comincio a sentirmi a casa in questo luoghi. Spero di tornarci presto.

E se passate da quelle parti, fateci un salto anche voi. Vi stupirete e potrete fare anche voi la stessa esperienza.

Alla prossima

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Elogio della patata

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Da qualche giorno sul web impazza ‘la patata’, nel senso del tubero. E le strategie di comunicazione preferiscono pubblicità sfacciatamente ammiccanti che suscitano subito scalpore e attirano curiosità e attenzione. E, dietro la maschera, fioriscono sorrisetti e consensi perchè piacciono da morire. Io per esempio rido alla vista della faccia da schiaffi dell’’intenditore’ Rocco Siffredi. Pur non essendo assolutamente un’appassionata del ‘genere’, a me la sua capacità di ironia e autoironia mi porta a considerarlo un mito. Applausi a chi ha avuto il coraggio di scegliere lui e le parole che dice. Bravi.

Poi c’è l’altra patatina, pubblicizzata dal ‘giudice più duro e bruto del web’, fascino del'l’incazzato nero, che tanto piace alle donne (vedi l’altro perenne incazzato Mourinho). Categoria dell’uomo che non ho ancora capito se per piacere ha scelto la strategia del non sorriso o se proprio non gliene frega niente di piacere. Ma non credo, visto che continua a mietere sospiri e consensi. E persevera. La sua apparente rigidità, che si scioglie in un gioco di polso meraviglioso, nella preparazione della sua ‘omelette’, fa di lui un indiscusso sexsimbol della cucina. E li che tutte quelle che dicevano ‘antipatico ma piace’, sono rimaste esterrefatte e imbambolate e da allora in poi hanno rivisto migliaia di volte la ricetta con la scusa di impararla bene, ma in realtà solo per vederlo all’opera, con polso sicuro e volitivo, e hanno solo detto ‘piace’.

Ovviamente lui è bravissimo, strabravo, ed è per questo che lo hanno chiamato per ‘interpretare’ la patatina in cucina. E l’hanno fatto pure santo. Non mi interessa quanto gli hanno dato (e ha fatto bene ad accettare), non mi interessano i soliti giudizi degli invidiosi. Non so se e in quanti useranno il prodotto come consigliato da lui, ma di sicuro se ne parlerà e tanto. Intanto gli ammiratori sospireranno nel vedere ‘ancora e ancora’, il cuoco bistellato dal sorriso non facile.

Ieri quando impazzavano sul web hashtag e patatine, ho sorriso alla coincidenza (scema) del piatto che avevo preparato io. La patata lessa. A dire la verità mi è venuta in mente un’intera enciclopedia di doppi sensi e ridevo da sola come una scema. Erano tutte irripetibili, e della serie delle battute dei ‘fichi secchi’ ma detti nella variante femminile del dialetto locale….. e per questo, per parlarne,  dovrò aprire un blog assolutamente anonimo…. e chissà che già non l’abbia fatto.

Intanto ho preparato la patata come Dio comanda, con mille sapori. Perchè essa, si sa,  è versatile e si presta a tutte le esigenze. E, parafrasando Rocco, semplice, bianca, rossa, viola, come la volti e la giri, da sola o con altri ingredienti è sempre un delirio.

Cracco se ci sei, comincia a prepararmi un’omelette per favore, che arrivo. Ti ho scritto pure un post, dai….

Non sono abbastanza creativa da dare un nome strafigo alla ricetta, ma ci proverò…

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Letto di patata lessa con Tonno del Mediterraneo al pepe nero e altre  erbette.

- Patate farinose

- Tonno sott’olio fatto in casa (vedi qui) oppure uno buono buono

- pomodorini ciliegino

- pepe nero in grani

- una costa di sedano

- battuto di olive leccino

- origano fresco, timo fresco e prezzemolo

- olio extravergine buono buono

- sale

Lessate le patate in abbondante acqua, fino a quando i rebbi della forchetta entreranno con facilità. Nel frattempo preparate i condimenti. Estraete dal barattolo i filetti del tonno e sfaldateli grossolanamente. Lavate la costa di sedano, eliminare i filamenti e tagliarlo julienne. Schiacciare grossolanamente i grani di pepe nero. Sminuzzare il prezzemolo, l’origano e il timo.

Sbucciare velocemente le patate, che devono rimanere calde per essere gustate al meglio (che fredde non le vuole nessuno).  Schiacciarle con i rebbi di una forchetta. Condirle con sale, pepe e olio extravergine (abbondare perchè ne assorbe tanto e ne ha bisogno per insaporirsi e diventare morbida). Assemblare il piatto nel seguente modo: letto di patate, erbette, tonno, julienne di sedano, battuto di olive leccino (preparato con olive leccino, acciughe e capperi) distribuito qua e la. Pomodorino centrale. Ancora un filo d’olio versato anche sul pomodorino e ancora pepe.

Voilà.

Ciao Cracco!

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Quaresima, cenere sul capo e la mia crostata di marmellata e scorza di limone

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(Quando ho scritto questo post avevo uno stato d’animo corrispondente a questa musica… https://www.youtube.com/watch?v=M1fUgpYSdpo)

Vabbè che siamo in Quaresima. Vabbè che siamo tutti peccatori (vedi post precedente). Vabbè che dobbiamo cospargerci il capo di cenere ammettendolo. E vabbè che dobbiamo saper accettare di aver torto ed essere umili. Ma certe volte la rabbia supera anche l’auspicabile umiltà.

Vi racconto.

Ho preso un’altra multa. Mi direte, e vabbè ma allora sei tu… E che ne so? Ma il fatto che la legge non ammette ignoranza è proprio giusto? Se tu, uomo delle forze dell’ordine (scritto minuscolo tiè), mi fermi con la paletta e la faccia di chi dice ‘ti ho beccata’ e io mi fermo buona buona. Già il tono autoritario con cui mi dici ‘spenga il motore!’ lo considero un abuso di potere. Poi mi dici… patente, eccola, libretto, eccolo, assicurazione, ecco il tagliando. Guardi la mia cintura di sicurezza e mi dico brava, auricolare del telefono, e mi sento ligia al dovere io. Poi mi dici ‘certificato di assicurazione’, e io ‘cheeeee????'. ‘Signora, sa quel foglietto da cui stacca il contrassegno dell’assicurazione? bè quello’ E io, ‘ma quello lo consegno al commercialista per scaricare….blablabla’. Tiè allora beccati sta multa. Signora non si innervosisca, stia calma, ma deve accettare la multa.

Vabbè, ho capito che la legge non ammette ignoranza, ma dove li comunicano ‘gli aggiornamenti’ delle leggi stradali? Quando ho preso io la patente non esisteva quest’obbligo. E se non faccio dei corsi di aggiornamento sulla patente, chi me le dice queste cose? Perchè ammettetelo, la maggior parte di voi intanto lo porta con se solo perchè in automatico quando ritira il contrassegno infila nel libretto il certificato. E non perchè sa che è obbligatorio. Sgrunt.

Molti dei suoi nonni, i bistriquadrisnonni, sono stati ricordati con veemenza, in quei cinque minuti. Lui ha conservato una calma divertita che ha avuto l’effetto di potenziare l’evocazione dei suddetti avi, fino ad Adamo. Ma alla fine diciamo che di fronte alla LEGGE, ho dovuto abbassare la testa e accettare la condanna. Ma l’unica cosa che posso ammettere è che IGNORAVO la legge del certificato, ma non posso accettare di essere definita ‘TRASGRESSORE’.

Almeno ho avuto la soddisfazione di veder scritto sul verbale alla voce ‘dichiarazione del trasgressore: è meglio non dichiarare quello che ho in mente in questo momento’- E quella parte me la incornicio.

Come giustificare la ricetta di oggi?

volevo scrivere cose belle, tutte quelle che avevo in mente quando l’ho preparata. E vantarmi di aver intrecciato con precisione le strisce della frolla, che ho creato tute uguali usando addirittura il righello per portare il segno e misurarle precise precise.

Invece guardandola, ora mi viene in mente solo l’intreccio complicato delle strade perverse che percorre la legge, per spillare soldi alla gente. E a me, che devo pure accettare per forza il fatto di NON aver ragione.

Sono arrabbiata, ma mi passerà.

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Crostata con marmellata e scorza di limone (English version below)

- 300 g di farina

- 180 g di burro buono ammorbidito

- 100 g di zucchero

- un uovo

- un pizzico di sale

- mezzo cucchiaino di lievito per dolci

 

- due limoni freschi e biologici

- un barattolo di marmellata possibilimente di ciliege, a pezzettoni

- zucchero a velo per la decorazione finale

 

Impastare velocemente tutti gli ingredienti per la frolla + la scorza di uno dei due limoni

Formare una palla, avvolgerla nella pellicola e metterla in frigo a riposare per almeno un’ora.

Dopodicchè stendere 2/3 della palla e foderare una teglia per crostata.

Bucherellare il fondo. In una ciotola mescolare la marmellata e il succo di mezzo limone.

Distribuire la marmellata sulla frolla nella teglia. Grattugiare la scorza dell’altro limone.

Stendere il resto della frolla, spolverizzare con un pò di farina. Con l’aiuto di un righello tagliare (con la rotella dentellata) tante strisce uguali. Formare una griglia come quella della foto, direttamente nella teglia.

Sistemare sulla placca del forno e cuocere in forno già caldo a 180° fino a doratura.

Far raffreddare e servire spolverizzato di zucchero a velo.

Purtroppo la foto finale l’ho fatta al volo, senza zucchero, perchè non ho fatto in tempo…. è finita in un istante…..

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Tart with jam and lemon zest

- 300 g flour

- 180 g butter, softened and good

- 100 g  sugar

- 1 egg

- A pinch of salt

- Half a teaspoon of baking powder

- Two fresh organic lemons 

- A jar of cherry jam 

- Icing sugar 

Mix quickly  all the ingredients for the pastry and add zest of one lemon

Form a ball, wrap in plastic wrap and put it in the fridge  for at least an hour.

Spread 2/3 of the ball and put it in a tart pan .

In a bowl mix the jam and the juice of half a lemon.

Spread the jam on the pastry into the pan . Grate the zest of the other lemon.

Spread the rest of the pastry , sprinkle with a little flour . With the help of a ruler cut, make many equal strips . Form a grid like the one of the photo, directly into the pan .

Place on a baking tray and bake in a preheated oven at 180 degrees until golden brown.

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